Il pensiero del Papa su Vincent Lambert è stato censurato
Nel tweet di @Pontifex_it del 10 luglio scorso, papa Francesco – in indiretto ma evidente riferimento a quanto è accaduto a Vincent Lambert – ha fatto tre lucide e puntuali affermazioni. (1) È stato “abbandonato” dai medici di Reims e dal governo del sistema sanitario francese che, con l’avallo di alcuni giudici, lo hanno privato dell’essenziale per vivere e, dunque, “lasciato morire” per omissione colposa di cura; (2) non solo la sua vita non è stata “tutelata” fino al “suo termine naturale”, come si poteva e si doveva, ma qualcuno si è arrogato il diritto (inconcepibile, inesistente) di decidere che Vincent non era “degno di vivere”. (3) I medici del policlinico universitario dove era ricoverato non hanno “servito la vita”, come ogni operatore sanitario è chiamato a fare per professione e vocazione, ma hanno “tolto la vita” a Vincent, cioè lo hanno ucciso (le due locuzioni sono sovrapponibili).
IL PAPA CENSURATO
Nel clima culturale, dominante nella società francese e ormai anche in Europa, non sorprende che questo messaggio del Santo Padre sia stato sotterrato o parzialmente censurato con nonchalance dai mass media e dalle voci del potere politico. Sin dalla sua elezione al soglio di Pietro, è attivo un filtro molto stretto e pervasivo sulle affermazioni di Francesco, che lascia passare alla pubblica opinione solo quelle gradite alla tendenza di maggioranza, che producono audience e sono mainstream, e nasconde le espressioni non “politicamente corrette”. È accaduto anche in altre occasioni, quando il Papa ha parlato dell’aborto, dell’ideologia gender e delle odierne persecuzioni dei cristiani.
Ciò che sorprende (e sconcerta) è che la terza affermazione di Francesco – la più dura e provocatoria, quella sulla “vita tolta” a Vincent mediante l’eutanasia omissiva – non sia stata ripresa ad litteram (come sono soliti fare per altre espressioni incisive del Papa) da una parte della stampa cattolica, dei comunicati di associazioni e movimenti, e perfino da alcuni tra coloro che svolgono un compito istituzionale di alto profilo all’interno della Chiesa sui temi della vita umana, della salute, della malattia e delle politiche sociali in favore di pazienti e disabili. Avrebbero dovuto aiutare i fedeli non addentro alle questioni della bioetica a leggere – nel contesto in cui è stata pronunciata da Francesco, quello della vicenda umana di Vincent – la prima affermazione, quella sull’“abbandonare” e il “lasciare morire”, e la terza, il “togliere la vita” ad un ammalato non ancora in fin di vita. E invece hanno messo in ombra, celato – per falso pudore morale – la causa prossima e diretta della morte del tetraplegico francese in stato paucirelazionale: qualcuno gli ha “tolto la vita”, arrogandosi un diritto che non ha e nessuno può dargli (nemmeno i giudici) perché appartiene a Dio solo, quello di porre fine ai giorni dell’esistenza terrena di un uomo.
L’EUTANASIA È SEMPRE INACCETTABILE
Questa è la realtà e la ragione del giudizio espresso autorevolmente dal Papa, che ancora una volta ha richiamato l’inaccettabilità di ogni forma di eutanasia, anche quella criptica, nascosta dietro il paravento della sospensione di determinate cure, di taluni supporti fisiologici (come l’idratazione e la nutrizione) che sono appropriati alle condizioni cliniche in cui versa il paziente.
Ponendo l’accento tutto sui termini della prima affermazione – l’“abbandono” e il “lasciare morire”, in sé considerati, astratti dal testo e dal contesto in cui si è espresso papa Francesco – numerosi ascoltatori e lettori, non familiari con i termini della questione e tutti i fattori della realtà in gioco, sono stati indotti a pensare che quanto accaduto nella camera dell’ospedale di Reims ravvisi gli estremi di una rinuncia ad un “accanimento terapeutico”, ossia all’abbandono da parte dei medici di terapie pesanti, invasive o futili (che non erano in corso sul paziente Lambert), o al distacco di macchine per la terapia intensiva (cui non era affatto collegato Vincent) per abbracciare la prospettiva di consentire al malato in fin di vita (non era questo il suo stato clinico) di tirare l’ultimo respiro in pace, appunto “lasciandolo morire” di morte naturale, secondo il decorso della sua patologia (mentre invece esso era, fino a inizio del protocollo eutanasico, stabile e ancora lontano dall’exitus).
Un inganno in cui sono caduti – in buona fede, per non conoscenza della materia medica e morale – persone semplici e buone che lodevolmente manifestano ogni giorno la loro stima e l’amore filiale verso il Santo Padre e si attendono che coloro che affermano di seguirlo in tutto e per tutto li aiutino a comprendere secondo verità le sue parole e ad applicare, nei casi concreti della vita personale e sociale, il discernimento tra il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il doveroso e l’indecente.
BISOGNA PRENDERE POSIZIONE
Una responsabilità, questa, che portano i pastori incaricati o assistenti di strutture scientifiche e culturali al servizio della Chiesa e i responsabili di associazioni e movimenti ecclesiali di educazione alla fede e alla vita sociale o di riviste e siti web cattolici dove sono ripresi gli interventi del Papa: trasmettere con fedeltà – anche sulle delicate ma decisive questioni che riguardano la vita umana, la salute e la malattia – il pensiero integrale del Santo Padre, favorendone l’intelligenza da parte di quanti seguono i pastori o fanno riferimento ad associazioni e movimenti e hanno il diritto di essere introdotti ad una più profonda conoscenza del suo Magistero anzitutto attraverso una lettura organica, referenziata e contestualizzata dei testi e dei messaggi.
Questo anche quando le circostanze sociali e politiche, le alleanze strategiche o gli avvicinamenti tra schieramenti partitici, e l’avvicinarsi di scadenze normative parlamentari o di iniziative governative espongono al rischio (inevitabile per chi è davvero realista, ragionevole e morale) di dover prendere posizione ferma e netta su una questione decisiva come quella del bene fondamentale – personale e sociale – che è la vita umana, di fronte al quale ogni altro bene terreno passa in secondo piano. Non sta forse scritto nel Vangelo che «il vostro parlare sia sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5, 37)?
Foto Ansa
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