Papa Francesco, nell’omelia di questa mattina alla Messa in Santa Marta, ha parlato della “sindrome di Giona”, l’illusione che ci fa credere che bastino le nostre opere per salvare la nostra anima. Dio aveva chiesto a Giona di andare a Ninive, mentre lui decise di fuggire. Egli, ha spiegato, «aveva le cose chiare» in materia di dottrina, ma poca misericordia verso le persone. Chi vive in questo modo, ha aggiunto papa Francesco, è un ipocrita. «La “sindrome di Giona” non ha lo zelo per la conversione della gente, cerca una santità da “tintoria”, bella, benfatta, ma senza quello zelo di andare a predicare il Signore».
IL PUBBLICANO E IL FARISEO. Il Pontefice ha poi citato la parabola del Vangelo in cui si descrive l’atteggiamento del fariseo e del pubblicano che pregano nel tempio. Il fariseo, «tanto sicuro di se stesso», si posiziona «davanti all’altare, ringraziando Dio di non essere come il pubblicano che invece solo chiedeva la pietà del Signore, riconoscendosi peccatore». Il modo di fare del pubblicano è quello che Dio vuole da noi. «Il segno che Gesù promette per il suo perdono, tramite la sua morte e la sua Risurrezione – ha spiegato papa Francesco – è la sua misericordia: “Misericordia voglio e non sacrifici”».
«PERFETTI E PULITI». «Quanti cristiani pensano che saranno salvati soltanto per le loro opere. Le opere sono necessarie, ma sono una conseguenza, una risposta a quell’amore misericordioso che ci salva. Ma le opere sole, senza questo amore misericordioso, non servono». Chi pensa di ottenere la salvezza grazie alle sue capacità, ma prescindendo da Cristo, sarà forse un cristiano «perfetto e pulito», ma, in realtà, è vittima di «una malattia». La salvezza giungerà solo grazie alla «misericordia di Dio in Gesù Cristo, morto e risorto per noi».