La preghiera del mattino

Nuovo record nella gara per l’encomio più servile a Mattarella. Ma la sfida continua

Di Lodovico Festa
03 Febbraio 2022
Rassegna ragionata dal web su: le conseguenze su Parlamento, governo e politica dell'ultima (ri)elezione per il Quirinale, i pasticci di Macron in Africa e molo altro ancora
Sergio Mattarella

Sergio Mattarella

Su First online Nunzio Ingiusto scrive: «Sergio Mattarella è un pilastro del Green New deal europeo». Nella dura competizione per chi dedica al rieletto presidente della Repubblica l’encomio più servile, Ingiusto fa un balzo in avanti. Ci si chiede: ci sarà qualcuno che lo saprà superare? Non disperate.

Sul Post si scrive: «La scorsa settimana tre partiti spagnoli hanno presentato al Parlamento la richiesta di creare una commissione di inchiesta per indagare sui casi di pedofilia e gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica del paese: l’obiettivo, si legge nell’iniziativa, è indagare l’esistenza “di reti all’interno della Chiesa cattolica che perpetuano, facilitano e insabbiano le aggressioni sessuali”, e ottenere “informazioni necessarie per poter programmare politiche pubbliche di prevenzione e cura delle vittime”». Sì, avete letto bene: la Chiesa spagnola viene di fatto considerata un’associazione a delinquere. In un’Italia dove la lingua democristiana (dei Renzi, dei Lettini, dei Rotondi, dei Guerini, dei Cirini Pomicini) ha fatto rieleggere Sergio Mattarella, si riuscirà a non nascondere ai cristiani e a chi ha comunque a cuore la libertà, le mostruosità cultural-politiche che si stanno coltivando qui e là nel nostro Continente?

Su Affari italiani Andrea Duegeni scrive: «Philippe Donnet lo sa bene. La battaglia di Trieste di aprile è di quelle decisive. E opinione e voti del mercato (retail più investitori istituzionali) saranno decisivi in assemblea. E, visto che l’assicuratore francese appoggiato da Mediobanca e dal gruppo De Agostini si gioca la riconferma, ha pensato bene, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, di ricorrere ai professionisti della comunicazione di Ad Hoc Communication per puntellare la propria reputation e per battere tutti i fronti». Due precisazioni e una considerazione. La prima considerazione. Non capisco bene la notizia: l’amministratore delegato si sta facendo una sua campagna elettorale in una gara nella quale lui dovrebbe essere il “giudicato” e non il “giudice”? Spero che non sia questo il senso di quel che riporta Affari italiani. La seconda: quelli di Ad Hoc Communication sono comunque degli eccezionali professionisti. Per quel che riguarda la “considerazione”: pensavo che non eleggendo Mario Draghi al Quirinale, il caos sarebbe cresciuto nel paese. Spero che questa mia previsione non sia “troppo” e così rapidamente confermata.

Su Linkiesta Francesco Cundari scrive: «Se il collegamento tra populismo e maggioritario non vi fosse chiaro, basta che prendiate uno qualsiasi dei cento editoriali, corsivi, interviste o commenti pubblicati in questi giorni in difesa del bipolarismo, questa mostruosità sconosciuta a qualsiasi altra democrazia occidentale che per qualche strana ragione le nostre classi dirigenti considerano lume e specchio della modernità. Vi troverete facilmente tutti i luoghi comuni trumpiani o para-trumpiani contro i professionisti della politica, la palude del Parlamento, la casta chiusa nel Palazzo e sorda alle richieste dei cittadini». Il bipolarismo è largamente la prassi prevalente tra le democrazie europee (a partire dal perfetto sistema politico britannico): funziona ottimamente in Grecia grazie a un premio in seggi alla prima lista, funziona politicamente in Portogallo. Ha funzionato a lungo in Francia e Spagna, e la sua crisi sta producendo gravi anomalie politiche in quegli Stati. Nelle democrazie nordiche, ha funzionato a lungo e adesso deve assestarsi. Solo in Olanda e in Svizzera le radici religiose delle divisioni nella società tendono funzionalmente a creare sistemi politici consociativi, efficienti però espressione di realtà non replicabili. Poi c’è la Germania, dove il sistema politico è figlio di una storia che aveva portato a escludere dalle elezioni non solo l’estrema destra ma anche (in Germania occidentale) i comunisti. È evidente come questa storia si sia esaurita e un nuovo sistema si stia conformando, spostando a destra la Cdu e creando un asse di governo (e nei tempi anche di opposizione) rosso-verde. Giorgio Galli ha a lungo spiegato i difetti di un sistema italiano senza alternative che pure resta il sogno di un’ampia fetta di un nostro establishment ostile alla contendibilità del potere politico. A chi non comprende questa storia e continua a parlare di bipopulismo, non si può non continuare a ricordare la massima del mio caro amico Giuseppe Sottile: è peggio la fissazione, della malattia.

Su Strisciarossa Marcella Ciarnelli scrive: «Tutti i partiti sono già proiettati alla scadenza elettorale del prossimo anno. Con situazioni interne più o meno facili ma tutti con davanti la questione della riforma della legge elettorale. È un obbligo per procedere. Al momento il proporzionale sembra riprendere quota anche se una vera discussione non è stata avviata. Ma bisognerà farla in tempi brevi». È utile leggere questo sito perché espressione di persone ancora legate sentimentalmente più che razionalmente a una tradizione del comunismo italiano, non priva di un forte senso di realismo politico. Peccato che l’ispirazione di questa tradizione appaia un po’ debole nell’affermazione qui riportata dalla Ciarnelli. L’Italia, per contrastare l’evidente caos crescente, dovrebbe affrontare subito le questioni centrali dell’emergenza pandemica ed economica in corso, studiare qualche accordo (con magari annesse istituzioni) bipartisan per gestire queste “emergenze” nel futuro, e poi – per ridare legittimità alla politica – andare a votare, non a riformare l’ennesima legge elettorale.

Dagospia scrive: «E tra i Palazzi non si escludono le dimissioni entro questo fine settimana quando è in agenda una riunione Draghi-Gabrielli». Elisabetta Belloni: chissà che il centrodestra finalmente non possa arruolare una leader con esperienza e cultura internazionale superiore a quella di tutti coloro che sono passati nelle sue file (da Forza Italia al Popolo delle Libertà, dalla Lega ad Alleanza nazionale/Fratelli d’Italia). Chissà se la “parola più veloce del West” cioè Matteo Salvini non riesca anche ad avere un pensiero rapido quasi come la sua capacità di dichiarare?

Su Dagospia si riporta un’intervista sul Giornale nella quale Luca Ricolfi dice: «Alla fine si è tornati al principio, ossia al duopolio Draghi-Mattarella… Sì, è andata così. Il Parlamento si è auto-esautorato per salvare stipendi, pensioni, piccoli privilegi e narcisismi. Il duopolio Draghi-Mattarella non è frutto di un colpo di Stato ma del suicidio della politica. Una sorta di moderna e spensierata “allegria di naufragi”, per dirla con la poesia di Ungaretti». Tra Le Radeau de la Méduse di Théodore Géricault, e la Ship of Fools di Stanley Kramer.

Su Dagospia si riporta un’intervista dal sito di Libero nella quale Carlo Calenda dice: «Io gli ho voluto bene, è nato come rottamatore ed è diventato una versione moderna di Mastella». A parte le considerazioni sulla simpatia e l’umanità di Clemente Mastella, qualità che hanno poco da fare con l’arrogante di Rignano, Calenda non dovrebbe per ragioni di eleganza attaccare così i suoi competitori. Pensi come ci rimarrebbe male se gli dicessero che pur usando lo stesso shampoo Libera e Bella, Luca Cordero di Montezemolo ha un ciuffo non comparabile per lunghezza e fluidità con il suo.

Sul Blog di Beppe Grillo si scrive: «Una volta un padre venerabile (Bapu Mahatma Ghandi) disse ai suoi: “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Così egli (l’Elevato) non volle essere un padre padrone, ma un padre che dà ai figli il dono più grande». Mah. Di questi tempi uno quando sente Grillo parlare di doni, più che a Ghandi pensa a Vincenzo Onorato della Moby.

Il Post scrive: «Martedì, a Bissau, la capitale dello stato africano della Guinea-Bissau, c’è stata una sparatoria vicino al palazzo del governo, che il presidente Umaro Sissoko Embaló ha definito un tentativo di colpo di Stato». Quel che Emmanuel Macron sta riuscendo a provocare nell’Africa occidentale subsahariana è addirittura peggio di quel che ha combinato a Parigi.

Su Fanpage Annalisa Cangemi scrive: «Prime turbolenze per il governo Draghi dopo il Quirinale. Dopo le tensioni causate dalla scelta del nuovo presidente della Repubblica, il governo si divide ancora, e questa volta sulle nuove misure anti Covid varate dal governo. Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha disertato la cabina di regia prima e il Consiglio dei ministri poi. Mentre i ministri leghisti Garavaglia e Stefani non hanno votato il nuovo provvedimento». Altri problemi emergono sul fronte Monte dei Paschi, mentre il povero Mario Draghi deve correre ai ripari sul fronte energetico cercando un complesso dialogo con Vladimir Putin. Draghi al Quirinale o il caos? Mi chiedo che cosa provo a esibirmi nel ruolo di Cassandra.

Su Tgcom si scrive: «Tessuti preziosi e ricami ricercati per abiti da favola. L’eccellenza di una sartorialità tutta italiana è tornata anche quest’anno sul palco più famoso del momento, quello del teatro Ariston. Sono capi unici, vere e proprie opere d’arte le quattro creazioni della collezione sposa di Atelier Emé indossate dalle musiciste e dalle coriste del Festival di Sanremo». Un’Italia esausta sembra quasi cercare nella tradizionale sagra della canzone non solo un’oasi di serenità, ma quasi un sostegno per il futuro. C’è di tutto: per settimane è stata volutamente mantenuta una forte ambiguità sulla presenza di Rosario Tindaro Fiorello, una sorta di bis dell’esibizione di Sergio Mattarella. Alla fine si è puntato sulla riconferma di un insostituibile Amedeo Umberto Rita Sebastiani detto anche Amadeus, una sorta di Mario Draghi della musica nazionale. Standing ovation come se piovesse. C’era persino una nave da crociera (Moby?) di Orietta Berti. Insomma quasi una riproposizione cantata di quel che era avvenuto una settimana prima per il Quirinale. A parte il dibattito politico: quello messo in scena sulla riviera ligure di Ponente è apparso molto più serio di quello romano.

Su Huffington Post Italia si raccoglie questa dichiarazione di Silvio Berlusconi: «Forza Italia – ha dichiarato il Cavaliere – è “il partito che, con la sua fondazione, ha consentito la nascita del centrodestra». Tra fondare e affondare c’è un’enorme differenza, più o meno, calcisticamente parlando, come quella tra essere presidente del Milan e presidente del Monza.

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.