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Non esiste alternativa al dialogo per fermare la guerra in Ucraina

Gli Usa ribadiscono che Kiev non può espellere i russi dal proprio territorio «con le armi». E bacchettano Zelensky per aver cercato di trascinare nel conflitto la Nato con troppa leggerezza

Leone Grotti
18/11/2022 - 6:30
Esteri
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Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky

A molti alleati non è piaciuta la foga con cui Varsavia e Kiev hanno cercato di trascinare la Nato in guerra contro la Russia. Nelle ore successive all’esplosione che ha causato martedì due morti in Polonia, vicino al confine con l’Ucraina, i presidenti Andrzej Duda e Volodymyr Zelensky si sono affrettati a puntare il dito contro Mosca chiedendo l’intervento dell’Alleanza, il secondo, e a riunire con eccessivo allarmismo il consiglio di guerra, il primo.

Non è stata la Russia a colpire la Polonia

Gli Usa, Joe Biden su tutti, non hanno apprezzato e come riporta il Corriere l’intelligence americana si è subita messa in moto «per fugare lo scenario più catastrofico», assolvendo i russi. La rapidità con cui è stata esclusa ogni responsabilità del Cremlino non è solo dettata dalla volontà degli Stati Uniti di evitare l’ingresso in guerra della Nato, che potrebbe portare alla catastrofe di uno scontro nucleare.

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Molti elementi fanno propendere per la versione veicolata dagli americani: a cadere in Polonia, come nota la Bbc, è stato quasi certamente un missile S-300 di fabbricazione russa ma in dotazione alla contraerea ucraina. Il missile in questione, infatti, ha una gittata massima di 90 km e le postazioni russe che avrebbero potuto lanciarlo si trovano troppo distanti dal villaggio polacco di Przewodow. La base in Bielorussia più vicina dista 117 km, quella in Russia 580 e quella in territorio ucraino controllato dall’esercito russo 710 km.

«La Nato non farà la guerra per errore»

Se l’incidente è chiuso, e il pericolo dello scoppio della terza guerra mondiale sventato, i nodi politici e militari del conflitto sono ancora spalancati. Più la guerra va avanti, ormai è chiaro a tutti, più aumenta il rischio che degeneri in un confronto diretto tra Nato e Russia. Anche per questo bisogna mantenere la calma, come ha ricordato il generale dell’esercito francese Michel Yakovleff in un’intervista insolitamente dura a France Info:

«Zelensky ha perso un’occasione per stare zitto. Gode di molta simpatia ma precipitandosi in questo modo [a chiedere l’intervento della Nato] si è messo in una posizione imbarazzante davanti agli alleati e ha dato fiato alla propaganda russa. La Nato entrerà in guerra se necessario, ma non farà mai la guerra per errore e ancor meno per un capriccio. Bisogna mantenere i nervi saldi ed essere seri».

«L’Ucraina non può vincere militarmente»

L’opinione del generale francese è condivisa dal ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, che al Corriere ha dichiarato: «Nessuno ha bisogno di una degenerazione del conflitto. Quando si vivono momenti così pericolosi, la cosa importante è mantenere i nervi saldi e non farsi prendere dalla reazione immediata».

Lo stesso ragionamento può essere applicato all’euforia, da evitare, per la recente vittoria dell’esercito ucraino a Kherson. Secondo il generale americano Mark Milley, capo dello Stato maggiore congiunto americano, Kiev non deve pensare di poter vincere militarmente la guerra: «La Russia occupa ancora il 20 per cento dell’Ucraina», ha dichiarato in conferenza stampa, «espellere l’esercito russo dal paese è un compito molto difficile» che non può essere ottenuto con le armi, bensì «politicamente».

Gli Usa dialogano con la Russia

È la direzione in cui Washington si sta muovendo da oltre un mese, seguendo «quattro canali», riassume il Corriere: «il segretario di Stato Anthony Blinken sente Sergej Lavrov; il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan dialoga con la sua controparte, Nikolai Patrushev; il segretario alla Difesa, Lloyd Austin corrisponde con il ministro della difesa russo Sergej Shoigu e, infine, il direttore della Cia, William Burns, lunedì 14 novembre ha avuto un colloquio con il numero uno dei servizi segreti di Mosca, Sergej Naryshkin».

Per quanto ufficialmente i vertici dell’amministrazione Usa abbiano discusso soltanto di armi nucleari e scambio di detenuti, «non si mettono in campo le figure più importanti dell’amministrazione per organizzare uno scambio di prigionieri. È più probabile che Biden voglia capire se i russi stiano cercando l’occasione per una via d’uscita».

«L’Ucraina accetterà una seria proposta di pace»

Al momento non è dato di sapere i termini dei colloqui e il loro stato di avanzamento. Né se Zelensky da una parte e Putin dall’altra siano disposti a fare concessioni per fermare il conflitto.  Come dichiarato ad Avvenire dall’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk,

«per il Cremlino la pace è la pacificazione di una colonia che ha conquistato. Ed è una pace che va imposta. Di fatto, si tratta di una resa. Questo modello è inaccettabile: allora non è “serio”, secondo la concezione del Papa. Invece posso assicurare che tutta l’Ucraina vuole la pace. Ma anzitutto serve riconoscere il diritto all’esistenza dell’Ucraina. Cosa negata anche recentemente da Putin. Poi è necessario assicurarle una sua soggettività: questa è la premessa del dialogo. Se giungerà una seria proposta di pace, il paese la accetterà con grande gioia. Perciò preghiamo affinché tutto ciò avvenga».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: guerra ucrainajoe bidenpoloniaRussiaUcrainaUSAvladimir putinVolodymyr Zelensky
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