Ma perché, quando si parla di vita, le domande scomode finiscono sempre nel cestino?

Di Ferdinando Cancelli
26 Giugno 2014
L'eutanasia in Québec, la petizione "Uno di noi", l'obiezione di coscienza. Tutto viene superato nel nome dell'autonomia e della volontà del paziente. E gli interrogativi fondamentali finiscono in spazzatura

Articolo tratto dall’Osservatore Romano – In Québec sarà possibile per i curanti fornire un «aiuto medico a morire» in casi selezionati di pazienti in fase avanzata di malattia con «sofferenze eccezionali»: l’Assemblea nazionale lo scorso 5 giugno ha definitivamente adottato la legge con 94 voti a favore e 22 contrari. Questo nonostante il Governo canadese avesse già espresso la propria disapprovazione nei confronti del progetto legislativo in questione e nonostante i vescovi dello Stato francofono avessero — come ha sintetizzato il quotidiano «la Croix» — «manifestato le loro inquietudini».

Benché il testo approvato possa essere oggetto di una contestazione giudiziaria da parte del Governo federale canadese, il Québec ha scelto dunque di ignorare le voci dissonanti. Il fatto è sintomatico di un certo modus operandi che sempre più spesso politica e società paiono adottare quando sul piatto vi sono questioni bioetiche importanti.

Gli esempi potrebbero essere moltissimi. Ascoltando conferenze o dibattiti in tema di fine vita sempre più spesso capita di sentire parlare di autonomia. In genere di autonomia del paziente, molto raramente di autonomia del curante: la prima giustamente ricordata, la seconda a torto dimenticata. Facendo il parallelo con la fase iniziale della vita si potrebbe dire che si parla molto in bioetica di autonomia della madre, molto raramente di autonomia dell’embrione o del feto: la prima anche in questo caso evidenziata a ragione, la seconda spesso volutamente taciuta.

Non è difficile quindi accorgersi che oggi le riflessioni sulla vita, sia essa all’inizio o al termine, a fronte di uno sbandierato pluralismo di idee e di vedute tendono sempre più a essere a senso unico. In altre parole, la discussione — specie se pubblica — tende a essere monodirezionale e a escludere qualsiasi voce che tenda ad andare in direzione opposta. E occorre ribadire: a escludere piuttosto che a confutare.

Un altro esempio evidente è stata in questi giorni la mancata presa in considerazione da parte della Commissione europea di due milioni di cittadini che con l’iniziativa «l’embrione uno di noi» chiedeva di porre un argine alle ricerche scientifiche che implicano l’utilizzo di cellule embrionali umane e di non finanziare programmi di cooperazione che prevedano l’aborto. Non trasmettendo agli organi legislativi comunitari le bozze di normativa proposte dai promotori dell’iniziativa la Commissione europea ha perciò deciso non solo di bocciare ma anche di ignorare del tutto quanto proponevano due milioni di cittadini.

Lo stesso atteggiamento, in scala ridotta, si può vivere oggi in molte aule universitarie o durante incontri rivolti alla popolazione che vertano su temi bioetici sensibili, quali ad esempio la sospensione o la non messa in atto di mezzi di sostegno vitale. La discussione tende invariabilmente a mettere in evidenza l’autonomia del paziente, o meglio la sua autodeterminazione. Attraverso l’esercizio di quest’ultima, il paziente ha il diritto di chiedere, se in grado di esprimersi, la sospensione ad esempio dell’alimentazione clinicamente assistita — detta “artificiale” spesso con il non dichiarato intento di presentarla in modo già negativo a partire dall’aggettivazione — o dell’idratazione, e ciò magari anche se informato delle conseguenze potenzialmente letali di una tale scelta. Sempre più spesso si sente dire che il medico “deve” rispettare tale scelta.

Da tutto questo e da casi come quello del Québec derivano alcune riflessioni. In primo luogo se è senza dubbio lecito che il paziente possa esercitare la propria autonomia chiedendo la sospensione di mezzi di sostegno vitale, possiamo affermare con altrettanta sicurezza che il medico debba accettare di mettere in pratica una tale richiesta? I soggetti morali in gioco sono due: possiamo accettare che l’autonomia di uno prevalga su quella dell’altro? Possiamo tranquillamente dire che la coscienza del medico deve essere forzata a fare ciò che non ritiene giusto? Secondariamente sorge un altro dubbio: se l’autonomia deve valere in modo assoluto, e se quindi un atto diventa lecito per il solo fatto di essere l’espressione della volontà di un paziente che lo chiede, con quale argomento potremo opporci alla richiesta di qualcuno che chiede gli vengano somministrati trattamenti evidentemente inutili dal punto di vista medico? In altre parole si ha l’impressione che l’accento venga messo su un’autonomia a senso unico: va bene concedere tutto a patto che ciò vada nel senso dell’abbreviare la vita, quanto al resto la discussione è semplicemente abolita.

Nella calura quasi estiva di un’aula durante un master universitario circolava un cestino nel quale i partecipanti potevano mettere un foglietto con le loro domande o osservazioni che poi sarebbero state lette alla fine della lezione. Una di queste domande era: «Perché al posto di offrirci delle caramelle per l’intervallo non leggete pubblicamente tutte le domande fatte, anche le più scomode?». La risposta non si ebbe mai, il foglietto venne semplicemente ignorato, anche lui inghiottito dalla logica del senso unico. Come le domande scomode.

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21 commenti

  1. filomena

    L’unica vera soluzione all’aborto come accennava Nino è far si che i figli siano desiderati dai genitori e in particolare dalla donna che li mette al mondo. Sembra l’uovo di Colombo ma purtroppo spesso si da per scontato che un figlio è sempre ben accetto, per alcuni è addirittura un dono di Dio e quindi anche se non programmato bisogna fare in modo che sia voluto
    Non è sempre così e soprattutto mettere al mondo un figlio è una scelta non una cosa imposta. Mi piacerebbe che lancia anatemi contro le donne che abortiscono proponessero delle soluzioni concrete perché se una donna incinta non vuole portare avanti la gravidanza cosa si fa?
    La si incatena per 9 mesi?

  2. Giovanni Cattivo

    Che il singolo medico possa rifiutarsi di fare qualcosa che non condivide posso ammetterlo, ma il sistema sanitario in generale deve rispettare, sempre ed in ogni caso la volontà del paziente. E’ della sua vita che si tratta.

    1. Pina

      Inizialmente non avevo letto l’articolo ma solo le risposte e dall’immagine iniziale credevo si parlasse di aborto. Leggendo le risposte in chiave aborto mi ha percorso un brivido: tutte queste cose che scrivete sul diritto del paziente, del fatto che non è giusto che altri decidano della sua vite etc.. perché questi diritti non valgono anche per un bambino in grembo a sua madre? Perché il suo parere non interessa mai a nessuno?

      1. filomena

        Perché è difficile che un ovulo fecondato abbia una volontà.

        1. Giovanna

          Bè, dato che l’ovulo fecondato è una vita umana al suo primo stadio ( pensa, anche Gianni-Filomena è stato un ovulo fecondato, sempre quello stesso ovulo fecondato è stato poi un bambino/a,ora è un omone-donnone , dico in riferimento alle dimensioni iniziali ! ), cosa assodata persino da Ale con il suo chiarissimo testo postato di embriologia, sembra dura sostenere che non voglia vivere ! Se è nato, è nato per vivere ! Se noi lo buttiamo nel cestino e/o ci facciamo degli esperimenti , non può protestare, ma di sicuro è nato per vivere !
          D’altra parte, è anche difficile sostenere che un neonato abbia tale volontà, che abbia tale volontà un ragazzo gravemente disabile, che possa manifestare la volontà di vivere un malato grave di mente o un paziente in coma o uno che si vuole buttare dal quinto piano…(tò, anche un cane non si può uccidere a piacimento e mai sentito che un cane abbia manifestato la volontà di vivere )….non per questo li accoppiamo ! o no ?
          Se si cominciano a mettere limiti alla vita,da parte del più forte sul più debole, si finisce ad Auschwitz: non erano i nazisti a decidere quale vita fosse degna ? Che gli ebrei non erano esseri umani ? Se la scienza dice che l’ovulo fecondato dell’uomo è un essere umano al primo stadio, e non potrebbe essere altrimenti, chi decide al posto della scienza ? Hitler ?
          Mi colpisce tantissimo che chi è a favore del matrimonio gay, sia perlopiù a favore di aborto ed eutanasia : evidentemente sono temi che prevedono la sopraffazione del più forte sul più debole, la mancanza di accettazione della vita come ci è data, una vita che non ci diamo noi.

        2. Pina

          Ma come puoi saperlo tu? Lo stesso si può dire di un adulto sdraiato in un letto che non può parlare o comunque comunicare. Avrebbe dovuto forse esprimersi prima dell’evento che l’ha portato a vivere in quello stato? Okay allora aspettiamo 8 mesi e diamo la possibilità anche al bambino di dire la sua. Comunque ti assicuro che c’è molta più vita e voglia di vivere in un feto che a 10 settimane già è formato e si muove che in molti 30enni che vedo in giro adesso..

        3. Pina

          Ma come puoi saperlo tu? Lo stesso si può dire di un adulto sdraiato in un letto che non può parlare o comunque comunicare. Avrebbe dovuto forse esprimersi prima dell’evento che l’ha portato a vivere in quello stato? Okay allora aspettiamo 8 mesi e diamo la possibilità anche al bambino di dire la sua. Comunque ti assicuro che c’è molta più vita e voglia di vivere in un feto che a 10 settimane già è formato e si muove che in molti 30 enni che vedo in giro adesso..

          1. Nino

            @Pina: nel caso in questione, se non mi sbaglio, l’adulto sdraiato può comunicare. Infat la domanda è se in questo terribile gioco a due debba avere più voce in capitolo il medico o l’ammalato. Secondo me, in un contesto che è comunque terribile, è giusto che tra le due voci prevalga quello dell’ammalato se ritiene che la sua vita residua (perchè stiamo parlando purtroppo di malati terminali) è per lui una non vita.

            Nel caso dell’aborto la faccenda è ancor più delicata. Stiamo parlando di una donna che è incinta e che (per motivazioni sulle quali non entro) non vuole portare a termine la gravidanza. Qui, hai ragione il feto non può parlare, in realtà non è in grado di parlare, è una vita potenziale ma non è ancora un essere autonomo, ha bisogno della donna per almeno latri 6 mesi, c’è solo una voce, quella della donna che dice “io non lo voglio”. L’alternativa all’aborto in ospedale sarebbe obbligare la donna a portare a termine la gravidanza (ma si può fare?) o, molto più probabilmente, se la donna “non lo vuole” obbligarla ad andare all’estero (se se lo può permettere … negli anni 70 la svizzera era piena di cliniche con clientela italiana) e) o rivolgersi ad un medico compiacente, o peggio a qualche praticone, con il rischio di mettere a serio rischio anche la vita della donna o quantomeno la sua capacità di procreare in futuro. La donna può decidere autonomamente di abortire, il feto non può decidere autonomamente di vivere. L’aborto non si può cambattere a mio avviso proibendolo, si combatte in un unico modo, facendo in modo che ogni gravidanza sia una gravidanza desiderata. Questo implica educazione sessuale (vera), implica formazione, implica spiegazioni sul corretto uso di contraccettivi, ecc. niente di questo viene oggi fatto in italia .

            Ah, implica anche sostegno reale alla dona durante e dopo la gravidanza da parte dello stato

          2. Edo

            Ma basta col dire che l’aborto è una faccenda delicata, cavolo. Qui c’è in ballo la vita di un innocente e stiamo parlando di donne che, se non vogliono rimanere incinte, basta che non aprano le gambe. Se le aprano e rimangono incinte, perché diamine deve pagarne le conseguenze uno che non ne può nulla? Nino, scusa, non ce l’ho con te, ma ne ho piene le scatole di sentire dire che è una situazione delicata, non entro nella questione…: se una donna non vuole portare a termine la gravidanza, non la inizi neanche, dai, non mi sembra così difficile da capire e da fare, tanto più sapendo che cosa c’è in gioco: un bambino, mio figlio, una nuova persona!
            Lo dicano chiaramente: vogliamo fare (anzi avere) il caz*o che vogliamo, vogliamo solo godere, ce ne vogliamo strabattere delle conseguenze.
            La prima vera educazione sessuale è dire: “Donne e uomini, con questo atto voi potete dare la vita. Rifletteteci prima di farlo e assumetevi le conseguenze delle vostre azioni: donne, se rimanete incinte, non uccidete vostro figlio; uomini, se mettete incinta una donna, state vicino a lei e a vostro figlio”. Non ho mai sentito un abortista pronunciare queste parole, mai: chiamasi banalmente “responsabilità”. Tutti la invocano in ogni campo (giustizia, politica, tasse, alla guida), ma mai mai uno che la pretenda anche a letto.
            Basta fare gli abortisti con la vita degli altri!

            Nino, di nuovo, scusa lo sfogo, non ce l’ho con te; l’ultima tua frase è sacrosanta: “Implica anche sostegno reale alla dona durante e dopo la gravidanza da parte dello stato”.
            Ti faccio, però, notare che il bambino avrà bisogno della madre anche dopo il parto e anche dopo il parto non parlerà subito: che facciamo? Dato che non è ancora autonomo e non può ancora difendersi, lo uccidiamo? C’è gente che ha avuto il coraggio (e l’onesta) di ammetterlo proprio partendo da quello che dici tu.

          3. Nino

            Edo, tranquillo, capisco il tuo punto di vista. Tu dici (se interpreto bene, semplificando, il tuo pensiero): tu donna sai che attraverso un atto sessuale puoi rimanere incinta, se non vuoi rimanerci non lo fai e se invece lo fai e rimani incinta, allora la tua “punizione” è quella di accettare di portare avanti la gravidanza. Ma è questa punizione che nessuno può imporre, senza entrare nel merito etico, quantomeno per un mero problema pratico: non è possibile. Se una donna non vuole il bambino troverà il modo (legale o illegale) per interrompere la gravidanza.

            Non ho capito però la tua ultima frase. Un bambino quando nasce è autonomo (in realtà può sopravvivere fuori dall’utero materno già molto prima dei 9 mesi, ed è per questo che è stato fissato un termine di tempo per l’interruzione di gravidanza. A quel punto la madre, sia pure utilissima, non è indispensabile, e lo stato può prendersene cura (non è la soluzione ottimale, ma è una soluzione non radicare per nessuno)

          4. giovanna

            A proposito di contraccettivi, come ti spieghi, caro Nino, che in una nazione come l’ Inghilterra in cui non si parla d’altro dalla culla , in cui ci sono distributori di preservativi ovunque, compreso a scuola, invece il numero degli aborti è più elevato di paesi come l’Italia ? E come mai in Inghilterra è parimenti elevato il numero di gravidanze di ragazzine ? Non sarà magari questione di una educazione nonossessivamente centrata sui preservativi, ma sul significato dell’atto sessuale ?
            Almeno siamo onesti nel riconoscere i frutti scadentissimi delle campagna massicce coi preservativi. Hanno le stesse fondamenta che portano all’aborto: l’egoismo, l’irresponsabilità, la solitudine, la povertà umana, l’abbandono dei giovani ai loro istinti, se non all’istigazione, come nelle squallide campagne gay che tentano di insinuarsi nelle scuole.

          5. Nino

            Non sono un sociologo nè uno statistico, non ho risposte, però noto dai dati che ho trovato che per esempio il numero di aborti è percentualmente minore in Olanda e Germania rispetto all’Italia, ed Olanda e Germania sono senz’altro molto avanti nella educazione sessuale anche nelle scuole e in quelle che tu chiami (senza probabilmente mai averle veramente studiate o viste in essere) “squallide campagne gay” .

            Di contro temo che i dati dell’Italia siano in parte falsati dal fatto che, grazie a molti medici e cliniche compiacenti, ed alle difficoltà ad accedere a quanto garantito dalla legge 194, non tutte le IGV vengono effettuate attraverso i canali ufficiali

          6. giovanna

            Scusa Nino, ma che risposta è?? Parli di dati fantomatici e misteriosi, sorvoli sui dati certi dell’Inghilterra, mi critichi per aver dato delle squallide alle campagne “educative ” gay ( di certo non le ho studiate, ma ho visto i libercoli simil-porno , come non definirli squallidi ? e i commenti a sostegno a segure, come definirli ? potrei mai augurare ai miei figli di vivere così il sesso ?).
            Se poi dobbiamo menare il can per l’aia con delle fantasie sul fatto che gli aborti in italia sono clandestini….
            Che superficialità, non si possono affrontare argomenti simili con queste chiacchiere vacue.
            E poi con questa storia della vita “potenziale ” ! Un ovulo fecondato è una potenziale vita, quanto tu sei una potenziale vita ! Se ti casca un vaso in testa tu muori e se un ovulo fecondato non vive abbastanza per nascere, muore. Muore qualcuno che c’è. Ma ti rendi lontanamente conto che il decidere quanto sia o meno “potenziale” quella vita, per quanto piccola e debole, predispone ad abusi a non finire, come infatti accade ? Tanto è vero che ti nascondi davanti ad una legge che può cambiare ogni giorno perché non è possibile stabilire a quale punto preciso quella nuova vita umana, unica ed irripetibile, non debba essere più in balia del più forte. Epuure quel momento è evidente: dal momento che c’è, dal primo istante fino all’ultimo.

          7. Nino

            I dati sono quelli dell’ufficio di statistica della CE, non metto il link perchè in passato miei commenti sono stati censurati per questo, ma a me risulta che il numero di aborti annui per 1000 donne tra i 15 ed i 44 anni sia stato di 7,2 in Germania (dati 2012), 8,5 in Olanda e 9.6 in Italia, del 15.9 in Inghilterra (dato che non ho mai negato e che infatti ti ho detto non so spiegare).

            Per quanto riguarda le campagne educative ti prego di essere meno generica ed indicarmi esattamente a quali “libercoli simil-porno” ti riferisci ?

            Sulla IGV ti invito a fare una ipotesi su come impedire che una donna rinunci a portare avanti una gravidanza, e nel frattempo ti invito a fare qualcosa per salvare quelle migliaia di vite umane attualmente congelate e senza futuro che esistono in Italia

          8. Edo

            Parto dal fondo: allora ho capito male io, me ne scuso e hai ragione.

            Tornando all’inizio, sì, il mio pensiero è quello che hai semplificato bene tu, ma innanzitutto, anche se hai messo le virgolette, non lo chiamo punizione: chiamare un bambino, voluto o meno, una punizione mi fa rabbrividire e spero faccia rabbrividire anche te. Io la chiamo responsabilità. Sei d’accordo? Si tratta pur sempre, mi permetto di ripetermi, di un bambino, del figlio della donna e di un uomo. Sorridiamo e ci rallegriamo tutti quando vediamo un bambino piccolo o appena nato, salvo poi permettere che si uccidano legalmente.

            In secondo luogo, hai perfettamente ragione quando dici: “Se una donna non vuole il bambino, troverà il modo (legale o illegale) per interrompere la gravidanza”. Ne sono purtroppo consapevolissimo; a questo punto, però, se giustifichiamo, per di più legalizziamo e facciamo pagare dal servizio sanitario nazionale l’omicidio di un innocente che tanto verrebbe ucciso comunque (come se non bastasse, con la giustificazione della salute della donna, con il risultato che si considera la gravidanza come una malattia e ci si dimentica non solo della salute, ma addirittura della vita del bambino), se, dicevo, legalizziamo l’omicidio di un innocente perché tanto verrebbe ucciso comunque, perché non legalizzare, che so, anche il femminicidio? Anche in questo caso c’è in ballo un innocente, la donna, che tanto sarebbe uccisa comunque, in un modo o nell’altro. Parafrasando le tue parole, se qualcuno non vuole qualcun altro, troverà il modo (legale o meno) di farlo fuori. Tanto vale allora smettere di difendere i più deboli e gli innocenti in generale, tanto sarebbero fatti fuori comunque, smettere di prevenire gli omicidi e di perseguire gli assassini: che vinca il più forte.
            Oppure, se tanto la donna troverà sempre il modo di interrompere la gravidanza, perché non consentirle di abortire legalmente fino al minuto prima del parto? È vero che anche prima dei nove mesi il bambino può respirare autonomamente, ma non si può mica obbligarla a partorire o a subire un cesareo, no? Fino al momento del parto, allora, dato che il bambino si trova sempre nel corpo della donna, ella non dovrebbe poter disporre del nascituro a proprio piacimento? Dove e perché fisseresti il momento dopo il quale la donna non può più abortire legalmente? Anche se lo fissassi, non sarebbe comunque impossibile impedire a tutte le donne incinte di rispettarlo?
            Scusa la quantità di domande finali.
            Buonanotte

          9. Nino

            @Edo. Premessa: quando pur avendo posizioni diverse, si riesce a dialogare e a confrontarsi è sempre un piacere.

            E si, la parola “punizione” era ovviamente volutamente scritta tra virgolette perchè era intesa nel senso: compi una azione e te ne assumi la responsabilità anche se questa responsabilità non vorresti prendertela

            Rispondendo alle tue considerazioni: io non sono medico e non so dare una risposta alla tua domanda “dove fisseresti il momento limite per un aborto”. C’è chi, nell’ambito della legge italiana, l’ha fissata ad un tempo ben inferiore a quello in cui un feto potrebbe avere una sia pur minima possibilità di sopravvivere al di fuori dell’utero femminile. Giusto? sbagliato? non lo so dire.

            Per quanto riguarda la tua “provocazione” sul legalizzare femminicidio o altri reati contro la persona, ancora una volta io cerco di essere pragmatico: quelli di cui parli tu sono azioni palesi, che si possono individuare, contro persone che esistono, la IVG effettuata nei primi mesi di gravidanza è qualcosa che riguarda una vita “potenziale” e che non è possibile individuare, non c’è modo (se non sottoponendo periodicamente tutte le donne ad una visita ginecologica, cosa ovviamente impossibile) di verificare che una donna si è sottoposta ad IVG nè di impedirlo. A quel punto, dato per scontato che la donna abortirà e che non c’è un modo legale per impedirglielo, consentirle di farlo in maniera più sicura a prescindere dalle sue capacità economiche è, a mio avviso, il male minore.

            Ovviamente sto ancora una volta portando il discorso su un terreno puramente legale non affrontando problematiche legate alla autodeterminazione, su cui credo mi perderei io per primo.

            Per concludere, tanto per essere chiaro, io sono contrario all’aborto, lo considero una decisione estrema che per fortuna non sarò mai chiamato a valutare essendo uomo e che cercherei di non far valutare ad una moglie/compagna che fosse incinta, ma credo che la legge 194 sia una buona legge, purtroppo poco applicata nella parte relativa alla prevenzione, educazione e tutto quanto possa essere utile a ridurre il fenomeno.

            L’ho già scritto, io sogno (e so che è un sogno che mai si realizzerà) un mondo in cui la legge 194 esista ma resti inutilizzata perchè ogni gravidanza è una gravidanza voluta e consapevole

    2. Cisco

      @Giovanni Cattivo
      La vita non è del paziente, non se l’e’ data da solo e quindi è un diritto-dovere indisponibile. In caso contrario sarebbe una mercificazione di se stesso e – più in generale – della vita umana.

      1. Giovanni Cattivo

        Lo dici tu. Io penso che la mia vita sia mia e che sono l’unico titolato a decidere su di essa. E non è mercificazione, ma autodeterminazione

  3. Nino

    Su una cosa scritta nell’articolo sono d’accordo, i soggetti morali in gioco sono due, e può darsi abbiano idee diverse. Il punto è che una decisione va comunque presa: fare o non fare una certa cosa? Sospendere la alimentazione clinicamente assistita (per esempio) o continuarla? Andare contro il volere dell’uno o dell’altro? Io credo se una scelta deve essere fatta (e deve essere fatta) tra i due si debba privilegiare chi più dell’altro è interessato dalla decisione. In questo caso si tratta di scegliere tra due mali, e quello è il “male” minore. A meno che non si consideri male minore l’obbligare una persona ad accettare delle sofferenze (fisiche ma anche psichiche) che non è più disposto a sopportare

  4. filomena

    Qualsiasi trattamento sanitario prevede il consenso informato da parte del paziente e solo questo rende lecito l’operato del sanitario. Il medico decide autonomamente solo per la sua vita non per quella degli altri.

  5. leo aletti

    Sono talmente induriti e pietrificati che non sanno più cosa è vita. C’è solo da pregare e combattere.

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