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Lui non lo sa, ma i medici hanno deciso che può morire anche se sta bene

Londra. Una donna scopre per caso che i medici avevano deciso di non rianimare in caso di arresto cardiaco il papà di 77 anni. Anche se l'anziano sta bene e vuole vivere. Il dipartimento della salute si scusa e minimizza.

Benedetta Frigerio
10/05/2012 - 14:25
Esteri
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Il papà non sarà rianimato se avrà un arresto cardiaco. Ma la figlia, un’inglese residente negli Stati uniti, l’ha scoperto per caso, quando, in visita al genitore di 77 anni, le è capitata sotto mano la cartella clinica riportante la clausola “do not resuscitate act” (una sorta di testamento biologico che permette al paziente di dichiarare in anticipo la propria volontà di non essere rianimato in caso di arresto cardiaco). A darne notizia è stato il 6 maggio il quotidiano britannico The Guardian. Nella ricostruzione del giornale si riporta tutta la sorpresa della donna nell’apprendere l’inserimento di una clausola mai richiesta dal padre che vive nella periferia di Londra. Perché, ha rivelato, «per mio padre la vita è sempre stata preziosa». Nemmeno l’anziano signore era stato informato della decisione presa unilateralmente dai medici. «Mio padre  – ha detto la figlia – vorrebbe essere rianimato in caso sia necessario. E desidera avere accesso ai trattamenti salva vita».

Il medico di base dell’uomo si è giustificato dicendo che la donna non era reperibile e che la scelta era stata presa in seguito a riunioni e diagnosi accurate fatte in équipe. Il che suona ancora più strano, dato che il paziente «sta bene, non ha malattie degenerative, ha una buona qualità di vita». Perché tanta fretta dunque? La domanda è stata evitata dal Dipartimento della salute inglese che ha cercato di rimediare allo scalpore suscitato dalla vicenda con un generico ammonimento ai medici di base: «Abbiamo capito che è importante cercare di coinvolgere i parenti», scusandosi solo del fatto che non li si è cercati, come si dovrebbe, «anche se sono all’estero, anche se le visite non sono frequenti». E ringraziando la donna «perché la sua denuncia ci sensibilizza sulla necessità di applicare la legge fino in fondo».

Un altro caso, dunque, interroga l’Inghilterra. Recentemente una famiglia ha intrapreso un’azione legale contro l’ospedale Addenbrooke di Cambridge. In quel caso, era stato il marito a decidere per la sorte della moglie, senza averne il consenso. Il cortocircuito sta diventando sempre più evidente per una legge che, regolando anticipatamente le decisioni su vita e la morte, crea non pochi problemi alla libertà dei malati. Molte altre persone avevano denunciato casi simili l’anno passato e, scrive il Guardian, «tante altre famiglie ci hanno contattato recentemente per parlarci della breccia aperta dalla legge». Ma c’è un cortocircuito nel cortocircuito. Anche il dibattito sulla legge continua a vertere solo sull’opportunità o meno di dare l’ultima parola ai medici o ai famigliari. Nessuno si interroga sul senso della vita.

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