
Louis Sako: Te Deum laudamus perché possiamo sperare contro ogni speranza
Come da tradizione, anche nel 2014 l’ultimo numero del settimanale Tempi è interamente dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso firmati da diverse personalità del panorama sociale, culturale e civile italiano e non solo. Nella rivista che resterà in edicola per due settimane a partire dal 31 dicembre, troverete, tra gli altri, i contributi di Angelo Scola, Asia Bibi, Louis Raphaël I Sako, Fausto Bertinotti, Luigi Amicone, Renato Farina, Mattia Feltri, Fred Perri, Aldo Trento, Pippo Corigliano, Annalisa Teggi, Alessandra Kustermann, Mario Tuti.
Pubblichiamo qui il “Te Deum” di Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei caldei. Dall’estate scorsa, quando lo Stato islamico ha occupato parte dell’Iraq instaurandovi un califfato, Sako fa avanti e indietro fra Baghdad e il Kurdistan, dove si reca in visita alle migliaia di profughi, soprattutto cristiani e yazidi, costretti dall’armata terrorista a lasciare le proprie case.
Nonostante le sofferenze, le difficoltà e tanta amarezza per le ingiustizie compiute contro di noi, viviamo nella vera pace e ringraziamo Dio, che ci ha salvati da tutto questo male che ci ha investito. I cristiani hanno perso tutto, ma hanno salvato la cosa più importante: la fede. Insieme alla vita, perché le perdite umane sono state pochissime.
Ringraziamo Dio per i tanti segni di speranza che ci ha mandato in questo tempo. Anzitutto tutta questa solidarietà internazionale verso i cristiani. Non solo la solidarietà e la carità delle Chiese, ma anche quella delle persone, dei singoli individui. Sono cose che ci aiutano a perseverare e a sperare. Ma ci sono anche tanti altri segni. Quest’anno abbiamo avuto dieci nuovi seminaristi, che sono tanti per una Chiesa come la nostra che ha visto tante emigrazioni negli ultimi anni; sono nati gruppi di preghiera e gruppi di lavoro nelle parrocchie sorte per rispondere ai bisogni di questa emergenza nella quale continuiamo a vivere.
Ringraziamo Dio anche per i tanti musulmani che sono venuti a scusarsi per quello che è stato fatto dai fondamentalisti, che hanno chiesto perdono e hanno portato aiuti ai cristiani in difficoltà.
Non tutto è nero nelle circostanze che stiamo vivendo, ci sono segni luminosi che bisogna saper vedere. Noi speriamo e preghiamo che l’anno nuovo porterà pace e stabilità per noi, ma non solo per noi: per tutti gli uomini del mondo, a cominciare da questa regione del Medio Oriente.
Natale in mezzo ai rifugiati
Io penso alla Siria, allo Yemen, al Libano, alla Libia: noi cristiani non pensiamo solo ai cristiani, ma ad ogni persona umana, che ha il diritto di vivere nella libertà e nella dignità.
Perciò ho chiesto a tutti i sacerdoti caldei di concludere l’anno con una Messa per ringraziare Dio per tutte le grazie e per tutte le sofferenze che ci ha dato. Perché non tutti, ma tanti fra di noi hanno saputo trasformare le sofferenze in grazie. E ho chiesto anche di iniziare l’anno nuovo con una Messa, per pregare che l’anno nuovo porti più pace e stabilità.
Nel mio viaggio nel nord del paese a metà di dicembre ho percepito quanto grande sia la sofferenza della gente, quanto pesante la loro croce. Ho anche incontrato il primo ministro curdo Nechirvan Barzani, che è molto vicino ai profughi e che mi ha promesso di fare tutto quello che gli è possibile per questa gente, di aiutarli a trovare lavoro e alloggi per le famiglie. Ha chiesto alle scuole e alle università della regione di accogliere gli studenti che arrivano da Mosul e dalle cittadine della Piana di Ninive. Ho trovato tutte le chiese molto dinamiche nell’aiutare gli sfollati e nell’incoraggiarli a rimanere e a sperare.
Ho visto quello che facevano per alleviare la sofferenza che vivono, anche con attività come riunire e visitare le famiglie, mandare Babbo Natale a visitare i bambini. Tutti lavorano intensamente. Perciò ho deciso che avrei celebrato la Messa di Natale non a Baghdad, sede del patriarcato, ma in mezzo ai profughi cristiani nel nord. Così ci siamo trovati in una grande tenda-chiesa nei pressi di Ankawa, il quartiere a maggioranza cristiana della città di Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, dove si trova la maggioranza dei rifugiati. Abbiamo celebrato la Messa di Natale sotto a una tenda nel più grande campo di rifugiati cristiani, insieme ai vescovi della regione e alla presenza delle autorità.
Quello che stiamo vivendo noi è l’equivalente della fuga in Egitto della Sacra Famiglia. Noi viviamo queste figure bibliche nella nostra carne. E come la Sacra Famiglia è tornata in Palestina, anche noi torneremo nella nostra terra.
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4 commenti
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Che il Signore la benedica, santo Patriarca! Lei ed i nostri fratelli che sono nella sofferenza della prova.
Gesu’ e’ con voi, nelle vostre tende, fra quei banchi delle chiese distrutte, nel cuore di martiri come Asia Bibi.
Se solo in Vaticano ci fosse la luce che ha lei…….
Grazie per cio’ che fa, per la lampada della fede che tiene accesa anche per noi, cristiani nelle tenebre del “progressismo” politicamente corretto.
Grazie di cuore.
Lorella Ciroli
La luce in Vaticano c’è. Sei tu che non hai abbastanza fede per vederla.
Prego il Signore che conceda la Sua Vera luce per mostrare a quelli come te, affascinati da Bergoglio, piu’ che da Gesu’ Cristo, di vedere gli effetti di questo papato disastroso.
L’albero si vede dai frutti.
E quelli di chi dovrebbe guidare la Chiesa e difendere i suoi figli perseguitati, sono irrimediabilmente marci!
Mi chiedo se ci sara’ mai una doverosa veglia di preghiera in Vaticano per i. Cristiani che vengono massacrati ovunque.
Ma forse e’ piu’ importante telefonare…….che vuoi, ognuno ha le sue priorita’!
Prego tutti i gg per lui, perche’ “guai a quei pastoriche disperdono le pecore”!