«Senza aiuti un asilo nido privato o paritario su tre non riaprirà»

Di Leone Grotti
18 Aprile 2020
Federica Ortalli, presidente di Assonidi, prevede a tempi.it uno «scenario apocalittico»: «Sarà una catastrofe sociale. Regione Lombardia ci sta aiutando, il governo faccia lo stesso»
asilo nido

«Temo che il 40 per cento degli asili nido privati e convenzionati non riaprirà a settembre. Le conseguenze sociali saranno enormi: il governo deve intervenire subito». È un grido di allarme quello lanciato a tempi.it da Federica Ortalli, presidente di Assonidi, che rappresenta circa 5.300 strutture in tutto il paese, soprattutto al Nord, che ospitano ogni anno 100 mila bambini e impiegano 21 mila maestre. «In Lombardia i nostri asili nido rappresentano il 70 per cento dell’offerta, in molti Comuni sono gli unici: se il governo lascia che chiudiamo, dove andranno le famiglie? E come faranno i genitori di bimbi piccoli a tornare al lavoro?».

Presidente, la situazione è così grave?
L’unico introito di un asilo nido è la retta e per legge non possiamo richiederla se non prestiamo un servizio. Non siamo come gli altri ordini di scuola, che possono fare lezioni a distanza. Non per questo però le spese scompaiono.

Quali?
Ci sono dei costi fissi: i canoni di locazione, le utenze, c’era chi aveva fatto il carico di gasolio da 5.000 euro appena prima della chiusura, chi un finanziamento per pagare le ristrutturazioni per adeguarsi ai termini di legge.

Quali saranno le conseguenze?
Se a Milano a settembre un asilo nido privato o paritario su tre riaprirà saremo già fortunati. A partire dalla seconda settimana di quarantena non ha idea di quante email abbiamo ricevuto di asili medio-grandi già pronti ad andare con i libri in tribunale. In Lombardia temo che il 40 per cento degli asili non riaprirà e potrebbe essere così anche nel resto d’Italia.

Quante maestre rischiano il posto?
In media un asilo ha 18 bambini e almeno tre maestre, ma alcuni anche quattro o cinque. Faccia lei il conto. Ma il disastro sociale andrà molto oltre la disoccupazione di queste professioniste.

Cioè?
Molti comuni si basano interamente su asili privati o convenzionati. Dopo che avranno chiuso le famiglie che avranno bisogno del nido dovranno spostarsi. Altre, poi, a causa della perdita del lavoro o della cassa integrazione non potranno più mandare i figli al nido che, non dimentichiamolo, è il primo ingresso nella comunità per un bambino e a volte anche per le famiglie. L’educazione comincia da noi, anche noi siamo scuola e gettiamo il seme per gli uomini che saranno, anche se qualcuno sembra dimenticarlo.

Chi riuscirà a riaprire in che condizioni lo farà?
Non lo sappiamo, abbiamo tante domande. Potremo ancora fare l’ambientamento, che in Italia è fondamentale? La chiusura è arrivata proprio nel momento in cui le famiglie scelgono i nidi. Ma dovranno avere molta fiducia, perché ora i tour non si possono più fare. E poi dovremo fare credito assumendoci il rischio, nella speranza che chi vuole iscriversi, ma non ha i soldi, prima o poi pagherà. Serviranno poi mascherine, copriscarpe, guanti. Sono tutti costi in più: prevedo scenari apocalittici.

C’è però chi dice che a settembre gli asili nido non riapriranno proprio. I giornali parlano di gennaio.
Non voglio neanche pensarlo. Se non riapriamo la gente dove li mette i bambini? Come fa ad andare a lavorare se i nonni dovranno stare in quarantena? E poi perché l’Italia deve essere l’unico paese in Europa a tenerli chiusi? In altri paesi sono rimasti aperti anche nelle fasi più critiche per tenere i figli dei lavoratori indispensabili. Cerchiamo piuttosto le migliori soluzioni.

Ad esempio?
Magari ogni educatore potrà occuparsi solo di tre o cinque bambini e sempre quelli. I bambini dovranno stare all’aperto il più possibile, come si fa all’estero, e per quegli asili che non hanno spazi esterni i comuni potrebbero mettere a disposizione aree delimitate nei parchi pubblici. Se invece ci diranno che nello stesso spazio possono starci la metà dei bambini, temo che in pochissimi riapriranno perché il gioco non vale più la candela.

Non sarà semplice organizzarsi.
No, è per questo che vogliamo fare le prove generali ad agosto. Ci saranno tante famiglie che lavoreranno e non avranno ferie. Dovranno rimanere in città e magari potremmo tenere noi i campi estivi, spostandoli ad agosto. Avremo il tempo di capire come lavorare in questo modo e formare le maestre.

Che cosa chiedete al governo?
Abbiamo bisogno di liquidità e abbiamo fatto una proposta, che è stata accolta da Regione Lombardia, che l’ha girata al governo. Chiediamo cioè un contributo straordinario una tantum pari a 100 euro al mese per bambino, a decorrere dal 5 marzo scorso e per il perdurare di tutto il periodo dell’emergenza sanitaria, da erogarsi a tutte le strutture della rete della prima infanzia. Oltre alla garanzia della detraibilità delle rette pagate dalle famiglie ai servizi per la prima infanzia maturate a decorrere dal 5 marzo scorso.

Le avete affidate alla Regione, nonostante tutte le critiche che sta ricevendo?
La Regione ha accolto le nostre richieste e se n’è fatta portavoce, ci ha ascoltato subito. Ora vediamo se anche il governo centrale le accoglie, ma voglio dire che questa guerra politica mi sembra davvero assurda. Non vorrei che per fare guerra alla Regione il governo perdesse di vista le cose importanti e che servono davvero. Noi non abbiamo tempo per screditare o litigare: parliamo di educazione e futuro dei cittadini. Qui si rischia di creare un danno sociale mostruoso.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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