Libia. Sirte, roccaforte dell’Isis, espugnata con l’aiuto di islamisti, inglesi e americani

Di Redazione
10 Giugno 2016
Solo una settimana fa si parlava di una battaglia lunga e difficile. Invece ieri le truppe di Tripoli e Misurata sono entrate nel centro città, dove l'offensiva prosegue
In this March 7, 2016 file photo, a man loyal to the Libyan armed forces prepares himself for clashes with Islamic State group militants west of Benghazi, Libya. Islamic State militants are fleeing their main bastion in Libya, a day after militiamen loyal to a U.N.-brokered government pushed into the central city of Sirte. Some militants have reportedly shaved off their beards to escape. The capture of Sirte capped an almost month-long effort by the militiamen to take the IS stronghold. The fighters, mostly from the western Libyan city of Misrata, have also dismantled a ìstage of horrorî in the city center that was used by IS for public beheadings. (AP Photo/Mohammed el-Shaiky, File)

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La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno: i combattenti libici (leggi islamisti) di Misurata e Tripoli, alleati con il governo di unità nazionale appoggiato dall’Onu, sono entrati nel centro di Sirte, roccaforte dello Stato islamico in Libia.

INCROCIO DELLE ESECUZIONI. L’offensiva era cominciata solo tre settimane fa e non sono passati neanche sette giorni da quando si parlava di una battaglia lunga e difficile. Invece nelle ultime 24 ore, hanno strappato ai jihadisti aeroporto e quartieri occidentali della città natale dell’ex raìs Muammar Gheddafi, penetrando fino in centro. Qui è stato abbattuto il palco dell’incrocio di Zafarana dove avvenivano le esecuzioni e le punizioni secondo la sharia dopo la preghiera in moschea del venerdì.

«ISIS CIRCONDATO». Si pensava che a Sirte ci fossero tra i 5 mila e gli 8 mila jihadisti, ma forse potrebbero essere di meno. La maggior parte di loro ha battuto in ritirata o si è asserragliata in pochi quartieri, dove forse potrebbe avere luogo un’ultima strenua battaglia di sopravvivenza. Da Misurata, che ha perso già 110 uomini dall’inizio dell’attacco, dicono che l’Isis è «circondato», dal momento che la Marina di Tripoli controllerebbe la costa su cui si affaccia la città.

«COME HANNO FATTO?». La domanda che si pone a ragione il Corriere della Sera è questa: «Cosa ha permesso al fronte pro [Fayez] Serraj», premier del governo appoggiato dall’Onu, «di ottenere tale avanzata? (…) Ancora a metà aprile l’Isis aveva lanciato una forte offensiva catturando oltre 150 chilometri di deserto verso ovest, superando il villaggio di Abu Grein e lambendo persino le periferie orientali di Misurata».

«GRAZIE A INGLESI E AMERICANI». La risposta a questa domanda arriva in coro da Tripoli e Misurata: «Ringraziamo in modo speciale le teste di cuoio anglo-americane, che sono state determinanti». Ora, scrive il New York Times, resta da capire cosa succederà una volta vinta la battaglia con i jihadisti «e piantata la bandiera sul terreno»: le diverse milizie torneranno a combattersi a vicenda «come fatto fino a un anno fa»? Il governo sostenuto dall’Onu troverà un accordo con quello islamista e quello di Tobruk? Che cosa è stato promesso alle milizie in cambio del loro impegno militare a favore dell’unità libica? Domande che ancora non hanno risposta.

Mappa New York Times

Foto Ansa/Ap

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2 commenti

  1. carolus

    Chi saranno i nuovi mercanti di carne umana dopo la cacciata dei criminali islamici dell’ISIS?

  2. recarlos79

    si tolgono dittatori e si portano le proprie truppe. come in iraq così in libia.

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