In Ucraina la fretta di Trump è la forza di Putin

Di Leone Grotti
30 Aprile 2025
Se il presidente Usa non otterrà risultati entro poco tempo potrebbe abbandonare gli sforzi diplomatici. La Russia non aspetta altro e gioca sul bisogno di risultati del presidente e sulla debolezza dell'Ue
Donald Trump e Volodymyr Zelensky a colloquio nella Basilica di San Pietro prima dell'inizio delle esequie di papa Francesco
Donald Trump e Volodymyr Zelensky a colloquio sull'Ucraina nella Basilica di San Pietro prima dell'inizio delle esequie di papa Francesco a Roma (foto Ansa)

Donald Trump non ha dubbi: «Sto salvando l’Ucraina». Lo ha dichiarato in un’intervista esclusiva all’Atlantic per i suoi primi 100 giorni di mandato. Ma l’impegno del presidente americano sembra avere una data di scadenza. Le 24 ore della campagna elettorale per porre fine al conflitto sono diventate tre mesi e ora che anche questi sono passati, senza che di pace ci sia neanche l’ombra, nonostante i tentativi dell’amministrazione americana di far ragionare Mosca, il tycoon morde il freno e minaccia di lavarsene le mani: «Vedremo cosa succederà in una settimana. Ma questa è la guerra di Biden, non è la mia».

Se Trump rinuncia alla pace in Ucraina

I sondaggi dicono che dopo appena 100 giorni già il 55% degli americani non approva l’operato di Trump. Un dato fortemente negativo che il presidente definisce «FALSO», accusando i media di essere i «VERI NEMICI DEL POPOLO». Ma il tycoon sente realmente la pressione ed è per questo che, se davvero capisse che Vladimir Putin non ha nessuna intenzione di accettare compromessi, potrebbe abbandonare i negoziati di pace tra Kiev e Mosca. Lasciando che la guerra faccia il suo corso.

Questa, secondo Kiev e i leader europei contattati dal Financial Times, è un’ipotesi credibile. Un incubo che potrebbe materializzarsi al termine di questa settimana, che anche il segretario di Stato Marco Rubio ha definito «cruciale».

Leggi anche

Le richieste massimaliste di Putin

Avendo percepito la fretta del presidente degli Stati Uniti, il Cremlino non ha alcun interesse a mostrarsi accomodante e continua a fare richieste massimaliste: divieto di ingresso dell’Ucraina nella Nato, riconoscimento internazionale della Crimea come parte della Russia, giurisdizione de facto sui territori conquistati e anche su quelli non ancora occupati nelle quattro regioni annesse illegalmente, smilitarizzazione di Kiev e “niet” allo schieramento di truppe europee come peacekeepers.

Proprio come quando l’Ucraina chiedeva il ritiro delle truppe russe dal suo territorio per firmare la pace con Mosca, ora è Putin a fuggire il compromesso e a pretendere il riconoscimento di una vittoria che sul campo non ha ancora ottenuto.

Leggi anche

La tregua inutile in Ucraina

Contrariamente all’omologo americano, non ha fretta il presidente russo. E ha buon gioco a proporre soluzioni tampone e senza valore come la tregua di tre giorni dall’8 al 10 maggio, utile soltanto a fargli svolgere in pace la consueta parata della vittoria nella Seconda guerra mondiale del 9 maggio a Mosca.

Trump non ha ancora detto che cosa farà nel caso in cui le trattative naufragassero, ma a domanda diretta del direttore dell’Atlantic, Jeffrey Goldberg, ha risposto: «Non dobbiamo per forza inviare armi a Kiev. Ci sono anche altre armi, come le sanzioni economiche o bancarie».

Senza il sostegno Usa, Kiev soccombe

La risposta, ancora una volta, non è rassicurante né per Kiev né per l’Unione Europea. Pur avendo aumentato la produzione di armi e pur potendo contare sul sostegno dei paesi europei, l’Ucraina sarebbe destinata a soccombere senza il sostegno degli Stati Uniti.

Non è di buon auspicio il fatto che Washington non abbia dato il permesso all’Australia di inviare in Ucraina 49 carri armati Abrams M1A1, promessi nell’ottobre 2024. Lo stop potrebbe essere dovuto al tentativo di raggiungere un accordo diplomatico o al fatto che i tank si sono rivelati poco efficaci sotto il fuoco dei droni, ma non si tratta in ogni caso di un buon segnale.

Leggi anche

La debolezza dell’Ue

Anche l’Europa, dichiarazioni a parte, è preoccupata. Senza il sostegno americano i soldati dei «volenterosi» non sembrano intenzionati a partire per Kiev. E rispetto alle ipotesi delle prime ore, anche l’obiettivo della missione è stato ridimensionato.

Secondo il ministro della Difesa, John Healey, i “boots” europei non andrebbero più schierati lungo la linea di contatto, ma nelle retrovie: «Ci aspettiamo che gli obiettivi si concentrino sulla costruzione di forze armate ucraine moderne e capaci, piuttosto che sulla conduzione di operazioni belliche».

Anche il prossimo ministro degli Esteri tedesco, appena indicato dalla Cdu, Johan Wadephul, a Repubblica ha preso tempo sulla spinosa questione della fornitura di missili Taurus a Kiev: «È presto per parlarne: il lavoro del governo comincerà la prossima settimana».

La fretta di Trump e la debolezza dell’Ue costituiscono in questo momento la forza di Putin.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.