
Letizia Moratti lancia la riforma del no profit per invogliare la finanza a investire sulle imprese sociali
«Ci sono prestazioni che lo Stato fa fatica ad erogare e che invece le imprese sociali sanno gestire alla perfezione da un punto di vista organizzativo». Con queste parole molto “sussidiarie” Letizia Moratti – che dopo il mandato di sindaco a Milano ha deciso di dedicarsi interamente alla Comunità di San Patrignano, alla quale con la famiglia è vicina da anni – ha lanciato ieri a Roma una proposta di riforma della normativa italiana sul no profit (legge 155) per «cercare di avvicinare la buona finanza e le imprese sociali». L’occasione è stata il convegno promosso dalla rivista Vita e dall’associazione Make a Change, di cui dà notizia oggi il Corriere della Sera per la penna di Dario Di Vico.
UN VALORE PER TUTTI. «La crisi in cui ci dibattiamo – ha spiegato Letizia Moratti – ha portato a una riflessione profonda sui guasti della finanza speculativa e avviato iniziative che si propongono invece di attivare una finanza che lavora sul medio periodo e mette al centro la socialità». Una finanza, cioè, disposta a investire sul no profit. E non solo per “buonismo”, ma anche, perché no?, per convenienza. La propria e quella di tutti. «Esistono studi persino della McKinsey – ricorda Di Vico a proposito di imprese sociali – che analizzano casi di ottima gestione e di buona capacità di generare valore per l’intera comunità». Un esempio che calza perfettamente è proprio San Patrignano, racconta il giornalista: «È stato calcolato che l’adozione concreta di misure alternative alla detenzione in carcere» presso la comunità romagnola «ha generato risparmi per lo Stato di 15 milioni di euro l’anno e se almeno una parte di queste risorse tornasse indietro quelle esperienze potrebbero essere estese».
I LACCI DA SCIOGLIERE. L’Europa tutte queste cose ha già iniziato a recepirle e a cavalcarle, inaugurando «la Social Business Initiative per facilitare l’afflusso di capitali verso il no profit», racconta il Corriere della Sera. Ora tocca all’Italia. E la proposta lanciata dalla Moratti ha lo scopo di sciogliere un po’ la rigidità normativa che nel nostro paese «confina le imprese sociali in ambiti molto restrittivi». Sono tre in particolare i limiti della legge 155 che secondo l’ex sindaco di Milano vanno modificati: «In primo luogo la governance delle imprese sociali non permette l’ingresso di soci profit nell’amministrazione»; inoltre la norma «non prevede, ad esempio, l’attività di commercio equo e solidale, l’inserimento di lavoratori svantaggiati, l’housing sociale, il microcredito. Infine senza introdurre la possibilità di remunerare il capitale è difficile far affluire risorse finanziarie verso il no profit che pure ne avrebbe un gran bisogno».
300 MILA IMPRESE. Sono circa 300 mila le imprese sociali in Italia – informa il Corriere – e danno lavoro a quasi 700 mila persone. Un ulteriore elemento di «valore per la comunità» che secondo la Moratti deve spingere il legislatore a muoversi: «Bisogna evitare che l’Italia resti indietro nella normativa nonostante l’ampiezza del movimento del volontariato, delle cooperative e le straordinarie performance delle imprese sociali già attive».
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1 commento
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Sarebbe interessante aporofondire. Si dice che all’estero ci siano esperienze come quella prospettata dalla Moratti.
Si potrebbero avere riferimenti o magari un articolo con case history?
Grazie