La transizione energetica e la tragedia del “come”

Di Piergiacomo Sibiano
24 Ottobre 2023
Se continuerà a dettare legge il fideismo green di Onu e Ue, presto solo le mega imprese potranno permettersi di operare (ricordate lo spot di Apple con “Madre Natura”?). E i costi li pagheranno i clienti
Protesta contro la Conferenza europea sul gas a Vienna, 28 marzo 2023
Protesta contro la Conferenza europea sul gas a Vienna, 28 marzo 2023 (foto Ansa)

Forse non si può dire si tratti di fideismo green, ma tre indizi fanno una prova. Unione Europea, Onu e Apple non hanno dubbi: essere “net zero” entro il 2050, a qualsiasi costo.

Lo scorso 12 settembre il Parlamento europeo ha innalzato dal 32 al 42,5 per cento la quota minima di consumi di energia rinnovabile nell’Ue. Si continua ad alzare gli obiettivi senza mettere a terra la strategia, senza verificarne quindi la fattibilità. Ricorda molto l’esperienza dello studente universitario (in cui io stesso mi ritrovo) che trovandosi indietro rispetto alla tabella di marcia della preparazione dell’esame, si affretta a incrementare la quota di lavoro quotidiano nei giorni seguenti, fino trovarsi (inutilmente!) a passare sui libri tutta la notte prima della prova. Era anche un modo per mettersi a posto la coscienza e poter dire a se stessi: “Non mi sono risparmiato, ce l’ho messa tutta”.

Ma in quel caso almeno era solo il ragazzo a rimetterci, mentre qui, oltre a non risparmiarsi l’Unione Europea in termini di ambizione, non risparmieranno neppure i cittadini. Eh sì, perché tutta questa energia rinnovabile non ha superato i problemi che tutto il settore conosce:

i) i ritorni sono bassi, e senza incentivi (cioè, senza “Pantalone”) i business plan non si chiudono;

ii) rimane, anzi si acuisce lo sbilanciamento della rete, che chiede centrali di energia programmabili, che in Italia sono per la gran parte a gas (gas che l’Europa continua a ritenere inutile, se non dannoso).

Ricette per pochi, anzi pochissimi

Secondo indizio. In un’intervista del 20 settembre al Corriere della Sera, l’ex ad di Enel Francesco Starace, nella sua nuova veste di presidente del Board of Trustees della Science Based Targets Initiative (un’iniziativa in collaborazione anche con l’Onu) esprime con grande convinzione che decarbonizzare è conveniente per le aziende. Ammesso che sia vero, il solito problema non affrontato è il come. Sull’auto elettrica afferma sia solo questione di tempo, mentre su come le aziende dovrebbero convertirsi così velocemente confessa: «Non so la ricetta ma devono farlo se vogliono vedere assicurato il loro futuro».

Il rischio è che solo aziende del calibro di Apple abbiano le forze per una conversione green in poco tempo, e siamo al terzo indizio. Nello spot lanciato su YouTube lo scorso 12 settembre (guarda caso lo stesso giorno dell’approvazione dei nuovi obiettivi europei), Apple si immagina una sorta di Stato avanzamento lavori convocato da niente po’ po’ di meno che Madre Natura, che incalza Tim Cook e il suo top management sugli obiettivi, anzi sul tasso di carbon foot print, parole magiche che cominciano ad aleggiare minacciosamente nel settore economico, in particolare in tutto il mondo cosiddetto hard to abate (acciaio, ceramica, carta, eccetera). Nonostante Madre Natura non intenda mollare di un centimetro – Madre Natura che, tra l’altro, a giudicare dallo spot pare godere di ottima forma, diversamente da quanto si sente dire in giro – il board di Apple non si fa trovare impreparato: sarà eliminata tutta la plastica dai dispositivi entro un anno; viene utilizzato il 100 per cento di alluminio riciclato; eliminata la pelle dalle cover dei telefoni; tutti gli uffici, i negozi e i data center sono alimentati da energia rinnovabile e più di 300 loro fornitori si sono impegnati a fare lo stesso (chissà quanti fornitori taglierà Apple perché non hanno le carte in regola). Per non parlare delle intere foreste che sono state piantate. Una chicca poi, di cui forse non tutti si sono accorti, è che l’assistente di Madre Natura ha annotato le domande proprio sul suo… iPhone! Dev’essere il dispositivo più sostenibile…

Tutti più green, tutti più poveri

Insomma, ormai la strada è segnata: non importa quanto costa, non importa chi riuscirà o meno in questa impresa, occorre arrivare al net zero quanto prima, il 2050 è già troppo lontano. Resta da chiedersi se tutte le aziende, in particolare le Pmi italiane o il manifatturiero, saranno in grado di convertire tutta la loro produzione o se riusciranno a piantare abbastanza alberi, anzi foreste, da guadagnarsi l’idoneità a esercitare la loro attività. A naso, di questo passo, solo poche grandi imprese reggeranno l’urto, ribaltando sul cliente tutti i costi che si saranno caricate sulle spalle. O ci aspettiamo che Tim Cook pianti le foreste vendendo le sue stock option?

Dalla transizione energetica al fideismo green è un attimo. La transizione richiede fasi, tempi, passaggi. Il fideismo, invece, vuole tutto e subito. Forse lo ha capito Rishi Sunak, il premier britannico, che ha appena deciso di ritardare il divieto di nuove auto termiche e di nuove caldaie a combustibili fossili. Si sta mettendo in campo una vera e propria rivoluzione, ma occorre farlo in modo che tutti ne escano meglio di prima, non solo i “migliori”; se necessario, anche aspettando chi è più indietro, agevolando una sua accelerazione, non penalizzandolo; premiando le innovazioni che permettono un passo avanti verso gli obiettivi di riduzione delle emissioni, non vietando la vendita di tecnologie ritenute dannose ope legis. Il rischio è un mondo tanto green quanto povero, o con enormi divari sociali.

* * *

Piergiacomo Sibiano, autore di questo articolo, è vicepresidente dell’Associazione LabOra.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.