Nelle ultime settimane Willer è tornato su tutti i giornali a rivendicare giustizia. Non si tratta però del noto personaggio creato della fantasia di Galep e Bonelli, ma del (meno noto, almeno fino ad oggi) ministro per l’Ambiente Willer Bordon, impegnato in una guerra senza esclusione di colpi alle antenne di Radio Vaticana. Secondo uno studio della Regione Lazio, nella zona in cui si trova l’impianto di trasmissione della Santa Sede, i bambini si ammalerebbero di più di tumore. La colpa? Secondo Ds e gruppi ambientalisti è tutta dell’elettrosmog, su cui il governo ha da poco approvato la legge quadro con grande enfasi mediatica. La verità è che non è possibile dimostrare scientificamente la nocività dei campi elettromagnetici per la salute dell’uomo (come hanno recentemente denunciato in una lettera inviata a Carlo Azeglio Ciampi personalità della scienza come il fisico Tullio Regge, il professor Franco Battaglia, docente di chimica fisica all’Università di Roma Tre, e Giancarlo Corazza, presidente onorario della Fondazione Marconi). “Il rispetto di una legge che tutela la salute dei bambini non è oggetto di negoziazioni”, ha replicato Bordon. Giustissimo, ma allora cosa dire dei piccoli che vivono in quei 2.000 siti a rischio onde (tra cui 153 scuole) segnalati proprio della stessa Agenzia nazionale di protezione ambientale? E di un governo che, anche dopo il Decreto del 1998 assai restrittivo per le emissioni elettromagnetiche, non ha fatto nulla per impedire l’urbanizzazione di un’area che 44 anni fa, quando iniziarono le trasmissioni di Radio Vaticana, era aperta campagna? Ascoltiamo su questi problemi Guglielmo D’Inzeo, professore alla Sapienza di Roma e direttore del Centro per lo studio dell’interazione tra campi elettromagnetici e biosistemi, ritenuto il maggior esperto italiano in materia.
Professor D’Inzeo, le onde elettromagnetiche di Radio Vaticana rappresentano un rischio reale per la salute?
Il problema dell’interazione tra campi elettromagnetici e sistemi biologici (uomini e organismi viventi) è conosciuto da circa 50 anni e studiato a livello internazionale in maniera sistematica da più di 30. Sulla base di questa notevole mole di studi (e non selezionando singoli articoli pubblicati da qualche rivista scientifica), esaminati da numerose commissioni di esperti e su incarico di diverse autorevoli istituzioni, la Comunità scientifica internazionale ha approvato alcune norme cautelative di protezione riconosciute valide dal punto di vista sanitario dall’Organizzazione mondiale della Sanità e, successivamente, dal Parlamento europeo, con una raccomandazione a tutti gli stati membri approvata nel luglio 1999. Rispettando queste norme, nei limiti delle attuali conoscenze, la salute è al sicuro. Il problema italiano nasce dal fatto che la normativa Ue (in sintonia con quella internazionale) sull’“elettrosmog” è stata approvata con un solo voto contrario, quello appunto del nostro paese. L’Italia mantiene una posizione “di precauzione” imponendo livelli d’esposizione da 20 a 100 volte inferiori a quelli stabiliti nella raccomandazione europea (20 volt/metro, laddove le norme internazionali parlano di 40/60 volt). Inoltre ha adottato un “parametro di qualità” corrispondente a 6 volt/metro, un valore “ideale” cui tendere con l’evolversi della tecnologia trasformato in un vero e proprio “limite sanitario” (cioè un valore a rischio salute). Radio Vaticana, che appartiene a uno stato estero (Città del Vaticano), ha sempre rispettato abbondantemente le norme internazionali, ma si scontra con il tetto dei 6 volt/metro che è una prerogativa italiana.
E le morti sospette per leucemia infantile di cui tanto si parla?
Il primo studio epidemiologico (un tipo d’analisi capace di stabilire un legame di tipo statistico, non un rapporto scientifico di causa-effetto) ad affrontare il problema è datato 1979: in sintesi, un campione di persone esposte a onde elettromagnetiche è stato confrontato con un gruppo di analoghe caratteristiche, ma non esposto. Le conclusioni identificano una possibile correlazione tra alcune forme di leucemia e la vicinanza a sorgenti di campi elettromagnetici, ma del tipo in bassa frequenza (per intenderci le linee elettriche aeree, fonti di campi elettromagnetici diverse dai trasmettitori radio e tv). Da allora sono stati realizzati 24 studi specifici dello stesso tipo, con analoghe conclusioni. Ma il grosso piano di ricerca con esperimenti su animali e colture cellulari finanziato dagli Usa tra il 1993 e il 1998 non ha identificato alcun legame di causa effetto tra azione del campo e possibili danni alla salute. Nel caso poi dei trasmettitori radio e tv, non esiste alcuna indicazione significativa né di tipo epidemiologico, né dall’insieme dei dati di laboratorio. Su Radio Vaticana c’è anche dell’altro. Gli studi epidemiologici hanno senso se vengono realizzati sui grandi numeri (più il numero è grande, più il dato è significativo). Qui ci troviamo davanti a uno studio che ha registrato un caso di leucemia in una zona dove secondo le statistiche avrebbero dovuto essercene 0,16. Naturalmente, in termini reali, un’analisi come questa, basata su 20 casi, non poteva che registrare uno 0 o un 1… Qualcuno ha esteso questo dato in termini statistici e lo ha generalizzato a tutta la popolazione, concludendo che nella zona si muore 6 volte di più rispetto alla norma cioè effettuando una estrapolazione rispetto al reale dato epidemiologico. Il problema è che non ha senso costruire – come è stato fatto – uno studio statistico su un campione così ristretto. Con tutto il rispetto, direi che ci troviamo di fronte ad un classico “caso giornalistico”.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi