
«La Cina non è pronta per invadere Taiwan»

«Le esercitazioni militari cinesi del 2022 erano state peggiori». Non è rimasto impressionato Shen Ming-shih dalla simulazione di attacco a Taiwan da parte di Pechino. Eppure, dalle cinque del mattino del 14 ottobre all’alba del 15 ottobre, la Cina ha dispiegato 153 aerei da guerra e 14 navi, un record per un solo giorno, simulando l’accerchiamento totale dell’isola.
Pechino ha voluto «lanciare un avvertimento ai separatisti di Taiwan che perseguono l’indipendenza». Il riferimento è al discorso tenuto dal presidente William Lai durante il “doppio dieci”, la festa nazionale della Repubblica di Cina del 10 ottobre: «La Repubblica di Cina – ha detto – non è subordinata alla Repubblica popolare, che non ha alcun diritto di rappresentare Taiwan».
«Se volevano intimidirci, hanno fallito: la gente non si è lasciata spaventare», dichiara a Tempi il professor Shen, docente universitario e direttore del dipartimento di ricerca sulla sicurezza nazionale dell’Istituto di ricerca sulla sicurezza e la difesa nazionale di Taiwan, think tank legato al ministero della Difesa.
Professor Shen, gli Stati Uniti hanno condannato le esercitazioni militari dichiarandosi «molto preoccupati» dalle minacce cinesi. Lei sembra più tranquillo.
L’ampiezza e l’area di intervento di queste esercitazioni non sono diverse da quelle del 2022. Si tratta certamente di esercitazioni su larga scala ma sono durate solo un giorno. Nel 2022 furono lanciate prima del XX Congresso del Partito comunista cinese, determinante per la rielezione del presidente Xi Jinping per un terzo mandato. L’attuale vicepresidente della Commissione militare, He Weidong, organizzò le esercitazioni per onorare la promozione e l’estensione del potere di Xi. Forse l’opposizione americana ha spinto i cinesi a far durare queste esercitazioni solo un giorno. Di sicuro, il popolo taiwanese non si è lasciato intimidire.
L’1 ottobre, nel 75mo anniversario della fondazione della Repubblica popolare, Xi Jinping ha nuovamente promesso di raggiungere la «riunificazione» di Taiwan alla Cina. Ritiene che l’invasione sia alle porte?
No, perché il potere militare cinese non può competere con quello degli Stati Uniti. Inoltre, l’economia cinese è in declino mentre Taiwan sta rafforzando il suo esercito. La Cina non è affatto sicura di poter vincere una guerra nello Stretto in poco tempo. In più, un eventuale fallimento rappresenterebbe un enorme rischio per Xi, che potrebbe essere costretto a dimettersi. Ecco perché penso che la Cina non attaccherà Taiwan prima del 2027.
Che cosa succederà nel 2027?
Quell’anno si celebra il centenario della fondazione dell’Esercito popolare di liberazione e Xi spera che entro questa data la forza militare della Cina sia sufficiente per sferrare un attacco. Il problema è che anche gli Stati Uniti continuano a perfezionare il proprio esercito e la Cina, soggetta a sanzioni tecnologiche, sviluppa la propria forza militare più lentamente rispetto agli Stati Uniti. Ecco perché la capacità di deterrenza degli Usa aumenta.
Gli Usa però si sono sempre mantenuti su una posizione di ambiguità in merito alla difesa di Taiwan. Pensa che rischieranno la guerra mondiale per soccorrervi?
Dipende da che cosa si intende per “difesa”. Gli Stati Uniti sono sempre stati flessibili a riguardo. Penso che come minimo ci aiuteranno allo stesso modo in cui hanno soccorso l’Ucraina, fornendo assistenza militare e addestramento, al pari di supporto aereo e marittimo. Credo che la decisione sull’invio di Marines o forze di terra verrà presa sul momento in base alla situazione. Se gli Usa non saranno sicuri di vincere, non invieranno truppe per aiutare Taiwan.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e l’instabilità in Medio Oriente danneggiano Taiwan?
Aumentano certamente il rischio di un attacco, ma nonostante questi conflitti gli Stati Uniti e i loro alleati sono in grado di affrontare una guerra nell’area dell’Indo-Pacifico. Gli Usa non hanno inviato né truppe di terra né l’aviazione a sostegno di Ucraina e Israele. Ma le forze stanziate nell’Indo-Pacifico sono ancora sufficienti per rispondere alle sfide. Anche il Partito comunista cinese se ne rende conto.

Se Pechino decidesse di attaccare in ogni caso, quale strategia utilizzerebbe?
Di sicuro cercherà di distruggere la leadership taiwanese e di scatenare il caos attraverso attacchi a sorpresa. Questa è la priorità. Ma se questa tattica dovesse fallire, allora la Cina potrebbe tentare di occupare le isole periferiche per costringere Taiwan alla resa. Potrebbe anche accerchiare ulteriormente Taiwan e applicare un blocco aeronavale, forzando Taiwan alla resa e solo alla fine lanciare un’invasione anfibia su larga scala. Prima dell’attacco, però, penso che la Cina si muoverà all’interno di una zona grigia per bloccare Taiwan, piegare la volontà dei taiwanesi a resistere al nemico, creare opportunità per i partiti di opposizione di prendere il potere e ottenere Taiwan attraverso mezzi politici.
Taiwan è pronta a resistere?
Taiwan deve prepararsi allo scenario peggiore, cioè l’invasione anfibia, e anche addestrarsi nella guerriglia urbana per distruggere l’Esercito popolare di liberazione. Taiwan deve però dimostrarsi resiliente come società e contrastare le azioni della zona grigia all’interno della quale la Cina si muoverà, stabilizzare l’opinione pubblica e lavorare unita per difendere i valori democratici.
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