Alla fine è arrivato l’accordo. Dopo una trattativa durata 20 mesi, l’Iran e il gruppo del 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) hanno concluso un’intesa che andrà ratificata da Nazioni Unite, Congresso americano e ayatollah iraniani. Se ci sarà il triplice via libera, il rischio che Teheran si doti della bomba atomica sarà scongiurato per almeno 10 anni.
ACCORDO. L’accordo prevede che l’Iran possa continuare ad arricchire l’uranio, ma non in quantità sufficiente per la costruzione di una bomba atomica per almeno 10 anni. I controlli necessari verranno fatti dall’Aiea (agenzia dell’Onu), che potrà visitare anche i siti militari, «ma l’accesso non sarà necessariamente garantito e potrà essere negato». In cambio, a partire dall’inizio del 2016, le sanzioni economiche verranno cancellate, così che il paese potrà accedere a più di 100 miliardi di dollari in beni ora congelati. Se l’Aiea non certificherà la riduzione dell’attività nucleare, però, le sanzioni potranno essere reintrodotte entro 65 giorni.
ESULTA OBAMA. Sia Washington, con Barack Obama, che Teheran, con Hassan Rohani, hanno esultato parlando di «accordo storico», mentre Israele ha denunciato un «errore di proporzioni storiche». Il presidente della Casa Bianca ha potuto vantare il suo «maggior successo diplomatico», sperando che possa aiutare a pacificare un Medio Oriente investito da una delle sue peggiori crisi. «Un accordo» però, ricorda oggi un editoriale del Daily Telegraph, «non può sostituire una linea politica».
LE SPERANZE DEGLI OTTIMISTI. «Obama si è concentrato soprattutto su un progetto internazionale trascurando il resto: l’accordo nucleare con l’Iran, da lasciare come eredità al mondo intero», scrive Richard Spencer per il Telegraph. «Gli ottimisti sperano che una volta che l’Iran sia stato accettato di nuovo nel consesso internazionale possa essere persuaso ad agire in modo costruttivo su altri temi caldi del Medio Oriente. L’Arabia Saudita, insistono, è stata amica dell’America per anni ma non è stata in grado di fermare la crescita dell’islam militante. Forse un nuovo equilibrio può essere trovato».
«LA CRISI PEGGIORERÀ». Per l’analista, però, è molto più probabile che «l’Iran prenda la vincita e la metta in cassaforte: la nuova legittimità e i miliardi a cui avrà di nuovo accesso serviranno per sponsorizzare gli interessi dei suoi alleati regionali, Assad, Hezbollah e i ribelli Houthi in Yemen». Di conseguenza, «Arabia Saudita e i suoi vicini sosterranno a loro volta i propri alleati, peggiorando ancora di più la crisi».
«SERVE UNA LINEA POLITICA». Questo non significa «mettere in dubbio che l’accordo nucleare sia una manna», il problema però «è che cosa succederà poi. E lo stesso Dipartimento di Stato americano è ben cosciente dei rischi». Su questo «Obama resta in silenzio. Anche per quanto riguarda l’Iraq, dove la credibilità e il senso di responsabilità morale dell’America sono maggiormente in gioco, Obama ha detto recentemente di non avere ancora una “completa strategia”». Alla scadenza del suo secondo e ultimo mandato mancano 18 mesi, «forse è tempo di costruirne una, anche parziale. Ma un accordo non può sostituire una linea politica».
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