Al grido di «Morte all’America», il Parlamento iraniano ha votato ieri per proibire l’accesso agli inviati dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) ai siti militari e per impedire le interviste con gli scienziati. Se verrà ratificata, la legge complicherà molto i dialoghi sul nucleare tra l’Iran e il gruppo del 5+1 (Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Russia, Cina e Germania), che dopo un primo accordo di massima raggiunto ad aprile, dovranno concludersi entro il 30 giugno.
CANCELLARE LE SANZIONI. La legge votata da 199 parlamentari su 213 chiede anche che un eventuale accordo preveda, il giorno dopo la stipula, la cancellazione di tutte le sanzioni contro Teheran. Ora tocca al Consiglio dei guardiani decidere se ratificarla o meno e ostacolare così i negoziati promossi dal presidente della Repubblica islamica Hassan Rohani.
MARCIA INDIETRO. Ad aprile, i negoziatori iraniani avevano garantito che gli ispettori internazionali avrebbero potuto avere accesso ai siti militari sotto stretta sorveglianza iraniana a particolari condizioni. L’obiettivo è verificare che Teheran mantenga davvero i patti e non arricchisca ulteriormente l’uranio per dotarsi di una bomba atomica. I negoziatori avevano anche acconsentito alle interviste degli scienziati nucleari iraniani, punto sul quale anche il leader supremo Ali Khamenei si era detto contrario.
LA RISPOSTA USA. Su questo punto, però, gli Stati Uniti non sembrano transigere. Il Dipartimento di Stato ha infatti rilasciato questo comunicato: «Tutte le parti sono consapevoli di ciò che è necessario per raggiungere un accordo finale, compresi accesso e trasparenza che rispettino la nostra linea di fondo. Altrimenti, non accetteremo alcun patto». Il limite per firmare l’accordo è il 30 giugno e nei prossimi giorni si capirà se l’Iran fa sul serio, cercando di mandare tutto all’aria, o se sta solo cercando di strappare condizioni più vantaggiose.
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