
Ha senso andare avanti con questo governo “populista” contro il popolo? No

Pubblichiamo di seguito l’editoriale del numero di luglio 2019 di Tempi. Si tratta della risposta del direttore a una lettera giunta in redazione a inizio mese e già pubblicata (senza replica) sul sito di Tempi.
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Caro direttore, con il Dl Crescita il governo ha approvato una norma che potrà certamente compiacere i consumatori, ma che ha una ricaduta pesantissima su alcuni settori.
In pratica hanno trasformato il credito d’imposta grazie al quale da molti anni chi fa interventi di ristrutturazione o di efficienza energetica può vedersi restituito in dieci anni rispettivamente il 50 per cento e il 65 per cento della spesa.
Cosa stabilisce ora il DL Crescita? Che al posto del credito d’imposta recuperabile in dieci anni, il cliente finale può cedere questo credito al suo installatore. Se io cambio la caldaia e spendo 5 mila euro, ne pago solo 2.500: il mio idraulico si farà rimborsare dallo Stato i restanti 2.500 euro come credito d’imposta (oppure lo può girare a sua volta al proprio fornitore, ma non alle banche).
Risultato? I consumatori finali fanno festa perché si vedono improvvisamente dimezzati i costi delle spese da fare… Invece gli installatori o i fornitori devono fare da banca in attesa che lo Stato restituisca a loro la parte che i consumatori non hanno pagato.
Siamo alla follia.
Oggi ho parlato con l’impiantista che lavora per l’istituto che dirigo, ci ha detto che non ci pensa nemmeno a prendersi sul groppone il 50 per cento della spesa che servirà per rinnovare gli impianti. Piuttosto non ci fa il lavoro. Mi sono allora rivolto ad un gruppo molto importante della zona e mi hanno detto che, piuttosto che farsi carico degli oneri finanziari derivanti da questa normativa, lascia alcuni segmenti di mercato. Gli operatori più piccoli sono nel panico, i distributori più grossi si vedono aumentare a dismisura le voci di costo.
Chi gode di questa situazione? I grandissimi gruppi che hanno i polmoni finanziari per reggere l’urto e che potranno così conquistare fette di mercato lasciate libere da altri. Della serie: ma quale sussidiarietà, ammazza le piccole imprese, portagli via il lavoro e regalalo ai grandi gruppi.
Lettera firmata
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Che il governo in carica non sia “amico della sussidiarietà” è ormai chiaro. Tutte le volte che ne ha avuto occasione (il caso dell’Ires, poi rientrato, rimane il più significativo) ha mostrato di andare nella direzione diametralmente opposta: bastonate stataliste.
Dicono di essere il “popolo” che combatte le “élite”, di essere i “Davide” che tirano pietre ai “Golia”, ai potenti, ai “poteri forti”, ma è un artificio retorico, come anche questa lettera dimostra.
Il paradosso è questo: approvano norme in nome della cura dei più deboli e sfortunati (reddito di cittadinanza, quota 100, il Dl Crescita) che hanno l’effetto boomerang di aiutare (forse) i singoli, ma di scassare i conti dello Stato, di distruggere le comunità, le Pmi, i corpi intermedi.
Che “populismo” è questo? È un populismo contro il popolo e a favore delle multinazionali? Ditemi una norma – una! – che questo governo ha approvato per favorire le associazioni, le aggregazioni, le comunità piccole e grandi che sono la fortuna e la ricchezza del nostro paese. Il discorso vale, soprattutto, per quegli sciagurati dei grillini che ci propongono una visione del mondo alla Wall-e, il cartone animato della Pixar in cui gli uomini se ne stanno in panciolle a ciucciare bibite gasate e a guardare schermi di computer, mentre i robot fanno tutto, cioè lavorano. Perché è questa la loro visione del mondo: l’individuo (con i suoi diritti, da quelli lgbt in su) e lo Stato; l’individuo e la multinazionale. In mezzo, niente. Infatti, tutto ciò che nasce dal basso non è da loro contemplato: niente per le scuole paritarie, niente per le imprese, niente per le comunità.
Dai grillini non ci aspettiamo nulla, se non disastri (l’emblema è la spazzacorrotti), ma dalla Lega che, almeno per tradizione, qualcosa in questa direzione ha fatto e fa, come in Lombardia e Veneto, qualche pretesa ci permettiamo di avanzarla. Aver appaltato ai pentastellati tutte le riforme economiche ci ha portato a questo punto. Un tragico errore, figlio di un baratto (ai verdi la gestione dell’immigrazione, ai gialli il resto) che ha generato consensi, ma ha bloccato il paese. Annacquare l’autonomia, rinviare la flat tax, boicottare il Tav. Ha ancora senso andare avanti così? La risposta alla nostra domanda retorica l’avete già capita: no.
[liga]
Foto Ansa
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