Lo stop di 10 giorni (se va bene) delle forniture di gas russo attraverso il Nord Stream 1 ha fatto scattare l’allarme in Germania. Se il Cremlino, come molti temono, interromperà del tutto i rifornimenti Berlino rischia di dover tagliare i consumi energetici del 20 per cento in inverno e per prevenire «forti tensioni sociali» ha presentato un piano che prevede un aumento «temporaneo» della produzione di energia elettrica attraverso le centrali a carbone.
Meglio il carbone del nucleare
La mossa è di quelle che non ci si attenderebbe da un ministro dell’Economia come Robert Habeck. Per il leader dei Verdi, infatti, la transizione energetica a fonti rinnovabili e green è un’assoluta priorità. Ma la decisione risulta ancora più strana se si considera che la Germania una soluzione migliore, e di molto, dal punto di vista ambientale ce l’avrebbe: il nucleare.
La settimana scorsa il Partito cristiano-democratico ha proposto, davanti all’emergenza energetica, di rinviare lo spegnimento degli ultimi tre reattori nucleari ancora attivi nel paese. L’addio all’atomo era stato deciso proprio dal partito di Angela Merkel nel 2011 e verrà completato alla fine di quest’anno.
I Verdi in Germania preferiscono inquinare
Ma il 6% del fabbisogno nazionale di energia elettrica che ancora coprono i tre reattori potrebbe tornare utile a Berlino di fronte al taglio delle forniture di gas imposto da Mosca, nota il Wall Street Journal, e così la Cdu ha presentato una mozione al Bundestag per rinviare lo spegnimento. I socialdemocratici, insieme ai Verdi, l’hanno però bocciata categoricamente.
Gli ambientalisti tedeschi (e non solo) vedono l’energia nucleare come il fumo negli occhi ma non c’è dubbio che sia un fumo di gran lunga più ecologico di quello emesso dalle centrali a carbone. Eppure i Verdi, pur di ribadire il no ideologico all’atomo, hanno scelto la fonte più inquinante che c’è: nel 2023 e nel 2024, dunque, 7-8 gigawatt di energia elettrica saranno prodotti con l’odiato combustibile fossile. Il ritorno al carbone della Germania, tra l’altro, farà aumentare le emissioni di Co2 dell’Unione Europea del 4-5% nel 2023 e nel 2024, secondo uno studio realizzato dell’Icis.
«Berlino non doveva cedere al ricatto di Putin»
La scelta della Germania è a tratti incomprensibile, così come la decisione di aggirare le sanzioni comminate dall’Occidente alla Russia e inviare a Mosca la turbina, ferma in Canada, per risolvere i problemi tecnici del Nord Stream 1. «Mi aspettavo un ricatto da parte russa, ma non mi aspettavo che i tedeschi cedessero così facilmente», ha commentato Yuriy Vitrenko, ad della società ucraina del gas Naftogaz.
L’amministratore delegato, in un’intervista al Corriere, ha criticato con forza Berlino: «Putin ora sa che ricattare funziona. Quindi aspettiamoci da lui altri ricatti». Infatti, ragiona Vitrenko, il guasto al Nord Stream 1 è palesemente una scusa per mettere sotto pressione i tedeschi: «La turbina non è fondamentale per far funzionare Nord Stream 1. Inoltre, attraverso il gasdotto che passa dalla Polonia si poteva comunque portare gas in Germania in quantità stabili».
«La Germania si è stancata della guerra»
Il Cremlino però «ha provato a vedere se la Germania era pronta a violare le regole per il suo bisogno di gas. L’ha messa alla prova e ha capito che poteva ricattarla». La verità è che «Putin contava sul fatto che l’Occidente e soprattutto la Germania si sarebbero stancati della guerra».
Eppure Berlino avrebbe potuto ridurre parzialmente la propria dipendenza da Mosca rinviando lo spegnimento degli ultimi tre reattori nucleari. Un palliativo, certo, ma che in un momento di emergenza come questo avrebbe rappresentato un viatico per guadagnare tempo e cercare fonti alternative di approvvigionamento energetico. Il voto al Bundestag di settimana scorsa non fa che confermare lo stato confusionale in cui versa la locomotiva d’Europa.
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