Tentar (un giudizio) non nuoce

Fine vita: quattro punti per capire

Di Raffaele Cattaneo
05 Ottobre 2024
Fine vita: quattro punti per capire. Un interessante convegno in Lombardia per chiarire cosa c'è in ballo quando si parla del tema nei suoi aspetti guridico-costituzionali, etici e politici
Un uomo in Ungheria viene curato con le cure palliative, alternativa all'eutanasia

Il seminario organizzato dal gruppo Noi Moderati che si è tenuto al Pirellone lunedì 30 settembre su “Il fine vita e il fine della vita” è stata un’occasione davvero preziosa per un confronto fra tante posizioni diverse e un approfondimento reale del tema, in tutti i suoi aspetti giuridico-costituzionali, etici e politici.

In particolare, il racconto di tante esperienze personali di chi si trova ad avere a che fare quotidianamente con la sfida e gli interrogativi che pone la morte e la sofferenza ha tolto il dibattito dal rischio dell’astrazione, da posizioni precostituite e ha permesso di cogliere alcuni punti condivisi, che possono rappresentare altrettanti paletti per ancorare il dibattito alla realtà. Quali sono questi punti?

Libertà e diritto

Innanzitutto, come ha ben spiegato la professoressa di Diritto costituzionale Benedetta Vimercati, la Corte Costituzionale nelle sue sentenze non ha creato un diritto al suicidio assistito, ma ha riconosciuto una libertà ad assumere, a determinate condizioni (le quattro previste: persona tenuta in vita da trattamenti vitali, affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli), un comportamento penalmente non punibile per chi aiuta al suicidio.

Qual è la differenza tra un diritto e una libertà? È innanzitutto il fatto che un diritto è esigibile e dunque qualcuno istituzionalmente deve provvedere a garantirlo. Una libertà al contrario consente un comportamento lecito, ma non costituisce un obbligo di erogazione della prestazione; tanto è vero che la Corte non si è posta il problema dell’obiezione di coscienza, proprio perché non esistendo un diritto esigibile, non esiste un dovere di prestazione che potrebbe collidere con la coscienza personale di chi deve fornire quella prestazione, come ad esempio avviene invece nel caso del diritto ad abortire, stabilito dalla legge a certe condizioni. Tantomeno un diritto in questo ambito può essere stabilito da una legge regionale, ma solo eventualmente dal Parlamento.

Leggi anche

Cure palliative

Un secondo punto, emerso con chiarezza in vari interventi, a partire da quello di don Alberto Frigerio, è che chi si sente accolto e ben accompagnato nella sua malattia e sofferenza non chiede di morire. Lo testimonia una citazione di Umberto Veronesi che pure si diceva favorevole alla pratica eutanasica: «Se è curato bene, difficilmente il paziente chiede di morire. Se è curato con affetto, con amore, senza dolore, non chiederà la buona morte». L’ha citata don Alberto ed in effetti sul sito della Fondazione Veronesi si dice che una indagine in 13 paesi «dimostra che spesso la richiesta non è il diritto a morire, ma la fine della sofferenza» e che «dove vengono messe in atto le cure palliative, il ricorso al suicidio assistito o all’eutanasia cala drasticamente».

Dunque, prima che un diritto al suicidio assistito bisognerebbe dare spazio e contenuto al diritto alle cure palliative e al dovere di erogarle nel modo migliore perché queste sono di gran lunga una soluzione più umana e dignitosa al problema della sofferenza e del tratto finale della vita, sia per il paziente che per i suoi cari, in una relazione che se ben gestita può diventare “oro vero”, come ha ben testimoniato l’intervento di Giovanna Filazzola, oppure al contrario un dramma insuperabile.

Pendio scivoloso

Un terzo punto chiaramente emerso è l’esistenza reale del cosiddetto “sliding slope”, il pendio scivoloso, per cui, abbattuta, grazie alla legge che crea sempre una mentalità, una barriera etica e culturale, si apre una voragine. Lo testimonia quanto accaduto in Paesi come il Canada, il Belgio e l’Olanda. È molto interessante a questo proposito, l’esperienza di quest’ultima, primo Paese ad avere legalizzato l’eutanasia a partire dal 2000 (termine che nella legislazione olandese comprende il suicidio assistito).

Tale soluzione, all’inizio considerata ultima spiaggia, è diventata il modo automatico di morire al punto che in alcuni distretti olandesi si registra il 12 per cento di morti per eutanasia, che nei malati terminali sale al 25. E spesso la decisione viene presa perché il malato si sente un peso per la sua famiglia. Così l’esistenza di leggi favorevoli al suicidio assistito e all’eutanasia crea alla fine uno stigma sociale verso la sofferenza, una vera e propria insofferenza verso la sofferenza, attraverso cui in futuro potranno passare decisioni ben più gravi.

Leggi anche

Vita degna di essere vissuta

Infine, un quarto punto che è emerso in tutta la sua complessità e quello che ha a che fare con la libertà e il diritto alla vita. Infatti, se si può discutere dell’esistenza di un diritto alla morte, certamente occorre prendere atto che il diritto alla vita è il fondamento che sostiene l’esistenza di ogni altro diritto, inclusa la libertà. Dunque, come ha raccontato a partire dalla propria esperienza personale Mario Melazzini, chi chiede di porre fine alla propria vita non può essere giudicato, ma bisogna chiedersi perché lo fa. Lui stesso ha raccontato come all’inizio non volesse vivere con la propria malattia, la Sla, la stessa di Luca Coscioni, ma che egli ha saputo affrontare e vivere in modo completamente diverso, concludendo così: «La vita è una questione di sguardi: io non mi attacco ogni notte a un respiratore e a una pompa non perché sono un accanito sostenitore della vita, ma perché penso che la mia vita sia degna di essere vissuta».

In fondo la questione, a mio parere, sta tutta qui: cosa vogliamo davvero? Una legge e uno Stato che aiuta chi soffre a farla finita o che aiuta a creare le condizioni per cui ciascuno possa dire, anche se malato e sofferente, incontrando chi lo accompagna, che la sua vita è degna di essere vissuta fino all’estremo?

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.