Fine vita. Dare a tutti la possibilità di essere curati con dignità

Di Redazione
12 Dicembre 2023
Incontro a Bologna sulla proposta di far passare a livello regionale una legge che regolamenti il suicidio assistito. Ne hanno parlato Valentina Castaldini, Silvio Magliano, Benedetta Vimercati

Il 4 dicembre nell’Aula Magna di Viale Aldo Moro a Bologna si è tenuto il primo di una serie di incontri, organizzati da Valentina Castaldini, consigliere e capogruppo regionale Forza Italia, dal titolo “Proposta di legge d’iniziativa popolare. ‘Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito’. Cosa sta succedendo in Emilia-Romagna e Piemonte”. Un lavoro di approfondimento per tutti, dai politici al personale medico-sanitario, spiegato ai cittadini. Al prossimo incontro, il 5 febbraio, ci sarà il professor Eduardo Bruera, palliativista di fama mondiale, che lo scorso giugno è stato insignito del Sigillum Magnum dall’Alma Mater di Bologna.

Un punto di vista costituzionale e uno scambio di impressioni politiche con un consigliere di un’altra regione e di provenienza politica differente. Così Valentina Castaldini, consigliere regionale e capogruppo Forza Italia Emilia-Romagna, ha organizzato, nell’Aula Magna di Viale Aldo Moro, un primo incontro ufficiale sulla proposta di legge popolare sul suicidio assistito in Emilia-Romagna.

«Ho deciso di organizzarlo – spiega – perché ho sentito tutta la responsabilità di trattare questo tema senza strumentalizzazioni ideologiche, iniziando dall’inizio e non dalla fine, iniziando da qual è il nostro compito come consiglieri regionali».

Assieme al consigliere Valentina Castaldini c’era Benedetta Vimercati, professore associato di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano, e Silvio Magliano, consigliere regionale e capogruppo Moderati Piemonte.

Entriamo nel merito

«Purtroppo, l’assemblea legislativa ultimamente si è trovata a discutere leggi spot, – continua Valentina Castaldini – mi riferisco alla Legge Donini sulla sanità come proposta regionale al Parlamento, tenendo impegnate commissioni e aula invano per mesi. Da quanto emerso dai nostri relatori durante l’incontro siamo di fronte al medesimo rischio, e mi chiedo se invece non possiamo dedicarci ed entrare nel merito di cosa accade nella regione Emilia-Romagna oggi nell’accompagnamento dei malati terminali, per esempio. Il parere negativo dell’avvocatura di Stato, non più tardi di due settimane fa, richiesto da Veneto e Friuli-Venezia Giulia, per cui deve decidere lo Stato e non la Regione sul fine vita ha riportato l’attenzione su un tema di competenze che ho sempre sottolineato. Ci sono chiari profili di incostituzionalità, tanto che dopo il giudizio espresso e giunto nei consigli regionali di Veneto e Friuli-Venezia Giulia, dove l’iter della legge popolare è ben più avanti e già alla discussione delle Commissioni, la norma se fosse approvata sarebbe impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale».

Questioni giuridiche e costituzionali

Nel merito delle questioni giuridiche e costituzionali è intervenuta Benedetta Vimercati, professore associato di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano: «Nell’evento ci siamo soffermati sulle proposte di legge che sono state presentate in diverse Regioni con l’obiettivo di regolamentare alcuni profili del suicidio medicalmente assistito a cui ha aperto la Corte costituzionale con due importanti pronunce del 2018 e del 2019. Si tratta di pronunce fondamentali attraverso le quali la Corte ha escluso la punibilità dell’aiuto al suicidio in presenza di talune condizioni e di taluni requisiti procedimentali enucleati dagli stessi giudici costituzionali, e sui quali le Regioni stanno cercando di articolare una più compiuta disciplina in attesa di un auspicabile intervento del legislatore volto a regolare fattispecie così delicate. Interventi regionali che sollevano, però, una serie di problematiche anche dal punto di vista del rapporto Stato-Regioni proprio con riferimento all’ambito delle competenze legislative regionali, sulle quali è di recente intervenuto il parere dell’avvocatura di Stato».

Liberi Subito. Cosa accade nelle altre Regioni

La proposta di iniziativa popolare che per brevità l’associazione Coscioni chiama “Liberi Subito” ha iniziato il suo iter, a seguito di una raccolta firme o dalla presentazione di consiglieri regionali o comuni, in quasi tutte le regioni italiane, con tempi e modi diversi. Ad oggi solo Trentino-Alto Adige, Umbria, Molise e Valle D’Aosta sono escluse.

Durante l’incontro c’è stata la testimonianza di Silvio Magliano, consigliere regionale e capogruppo Moderati Piemonte, dove «con 34 sì, 2 no e 3 astenuti il Consiglio regionale ha valutato ammissibile la proposta di legge di iniziativa popolare, dopo che la Commissione di garanzia si era espressa a favore della ricevibilità e dell’ammissibilità», che corrisponde alla Consulta dell’Emilia-Romagna.

In Basilicata e Lazio è stata depositata attraverso l’iniziativa di un numero minimo di comuni, in Lazio, Marche Sardegna e Calabria è stata presentata dai consiglieri; in Liguria, Sicilia, Lombardia e Toscana è in corso o in avvio la raccolta firme.

In Puglia c’è stato un approccio diverso tramite una delibera di Giunta che non ha avuto seguito.

L’Abruzzo è stata la prima regione a terminare la raccolta firme e ricevere il parere di ammissibilità. I prossimi passaggi prevedono che entro il 13 marzo 2023, il Presidente del Consiglio regionale assegni il progetto di legge alla Commissione consiliare competente.

Il Veneto è la seconda regione dopo l’Abruzzo a ricevere il deposito delle firme. Dopo il deposito avvenuto il 30 giugno 2023, la proposta di legge è in esame della V Commissione consiliare, dove è stato richiesto il parere dell’avvocatura di stato, prima di passare all’Aula.

Con oltre 7.200 firme sulle 5.000 necessarie, l’Emilia-Romagna è stata la terza regione italiana a vedere il deposito della proposta di legge regionale di iniziativa popolare. Dopo il deposito avvenuto il 7 luglio 2023, è stata dichiarata ammissibile dalla Consulta di Garanzia Statutaria, che pure ha espresso dei dubbi, e sarà esaminata entro 6 mesi dall’Assemblea legislativa, che dovrà effettuare un’istruttoria in Commissione competente.

Il Friuli-Venezia Giulia è stata la quarta regione italiana a vedere il deposito della proposta di legge regionale di iniziativa popolare. Entro l’11 ottobre 2023, attraverso la Commissione di Garanzia Statutaria, doveva esprimersi sulla ammissibilità della proposta di legge regionale ed entro 10 giorni il Presidente del Consiglio avviare la discussione. È stato richiesto il parere dell’Avvocatura di Stato.

Cosa accade in Emilia-Romagna nell’accompagnamento dei malati terminali

Nel 2022 sono deceduti 17.570 pazienti oncologici, di questi il 22% sono stati assistiti in un Hospice negli ultimi 30 giorni di vita, solo il 26% è stato assistito in ADI (assistenza domiciliare integrata) con cure palliative negli ultimi 30 giorni di vita. Solo 1.294, pari al 7,4% hanno potuto ricevere cure palliative sia in ADI che in hospice.
I posti letto attivi in hospice sul totale dei deceduti per tumore sono nel 2022 il 2% ed erano il 2% anche nel 2015, cioè non c’è stato un investimento nel tempo.

In Emilia-Romagna la rete delle cure palliative è presente in ogni Ausl ma non sempre è presente una équipe o un servizio medico infermieristico ad hoc nelle strutture. Non è presente nelle strutture delle Ausl di Parma, Ferrara e Imola. Una sola équipe è a Piacenza, Reggio Emilia e Modena. Da 2 a 5 équipe sono disponibili nelle Ausl Bologna e Romagna. Rispetto alle équipe di cure palliative domiciliari, Parma è sprovvista anche di queste. Piacenza e Imola ne hanno meno di 5, Bologna e Ferrara da 6 a 10.

Il numero annuo di giornate di Cure Palliative erogate a domicilio per i deceduti per tumore è stato meno di 5 nel 2022. Da un minimo di 1,96 nell’Ausl di Piacenza al massimo di 7,6 nell’Ausl di Reggio Emilia.

«Di fronte a questi dati penso che siamo chiamati a un altro tipo di battaglia – continua Valentina Castaldini – quella di garantire a tutti, di fronte a un dolore fisico enorme, di fronte all’ulteriore dolore di non essere più performante, o all’altezza di quello che la società ti chiede, di poter essere accompagnato avendo fiducia nelle potenzialità che la medicina è in grado di offrire. La letteratura ci dice che il 95% dei dolori può essere controllato ma facendo un giro nei nostri reparti ci troviamo di fronte a pazienti “addolorati”. Il principio di autodeterminazione non è un inciampo, si esplica dando la possibilità di esercitarla di fronte a una possibilità reale di non essere soli e di essere guardati con dignità in ogni situazione perché la dignità si costruisce in una relazione».

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