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Home Esteri

Erdogan ritira 300 mercenari siriani dalla Libia

Per la prima volta dal 2019 la Turchia riporta in Siria i mercenari, temendo che il governo di Assad insieme alla Russia possa sferrare un'offensiva a Idlib

Rodolfo Casadei
09/10/2021 - 6:10
Esteri
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Ribelli appoggiati da Erdogan in Libia festeggiano per la vittoria su Haftar

La notizia è stata confermata anche dal ministro degli Esteri, signora Najla Al-Manqoush: all’inizio di ottobre, per la prima volta dal loro arrivo nel 2019, circa 300 mercenari siriani reclutati dalla Turchia per la difesa del governo di Tripoli hanno lasciato la Libia non per una rotazione degli effettivi, ma per fare rientro definitivamente in patria. La partenza di tutti i combattenti stranieri dal territorio libico è uno dei punti sottoscritti dalle forze rivali di Tripoli e Bengasi quando è stato firmato l’accordo di cessate il fuoco dell’ottobre 2020 ed è stato creato il governo di unità nazionale che dovrebbe portare la Libia alle elezioni il prossimo 24 dicembre. Ma fino ad ora era rimasto completamente inattuato nonostante le richieste e gli sforzi della Commissione militare congiunta 5+5 formata da ufficiali dell’Esercito nazionale arabo libico, comandato da Haftar, e da ufficiali delle milizie di Misurata e delle altre formazioni che hanno combattuto per conto del governo di Al-Serraj a Tripoli.

I mercenari siriani arruolati per la Libia

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del dicembre scorso, alla fine del 2020 sarebbero stati 20 mila i combattenti stranieri schierati con le diverse fazioni libiche, e sarebbero in maggioranza di nazionalità siriana, ciadiana, sudanese e russa. Ma il gruppo più numeroso e importante dal punto di vista militare è senza dubbio quello dei siriani, presenti in entrambi gli schieramenti che si sono combattuti fino a un anno fa, ma soprattutto dalla parte del Governo di accordo nazionale di Tripoli.  Si ricorderà che la Turchia scese in campo per impedire che la capitale libica fosse conquistata dalle forze fedeli al generale Haftar, ma lo fece inviando sul posto non tanto truppe del suo esercito, quanto piuttosto droni da combattimento e mercenari siriani.

Le stime sull’entità di quest’ultimo corpo di spedizione variano. Secondo il Syrian Observatory for Human Rights i combattenti siriani fiancheggiatori della Turchia in Libia sarebbero 7 mila, secondo Syrians for Truth and Justice 5 mila, più altri 800 impiegati con compiti di polizia o come medici. Dalla parte di Haftar si trovano alcune centinaia di siriani reclutati attraverso i canali rappresentati dalle forze russe in Siria, dal Gruppo Wagner, dall’intelligence militare siriana e dalla 25ma Divisione Forze per le missioni speciali dell’esercito siriano. Mentre però questi ultimi sono stati impegnati soprattutto nelle retrovie a guardia di basi militari e di infrastrutture civili, i siriani reclutati dalla Turchia hanno combattuto in prima linea subendo significative perdite: alla fine del 2020 i caduti sarebbero stati circa 400.

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La Turchia paga meglio del governo siriano

Del reclutamento dei mercenari siriani inviati a combattere per il governo di Tripoli si sono occupati soprattutto i comandanti di alcune fazioni del filo-turco Syrian National Army (Sna), in particolare la Divisione Sultan Murad, la Brigata Suleyman-Shah, la Divisione Hamza, la Brigata Samarcanda e la Divisione Mu’tasim. Anche una compagnia privata di security di nome Sadat ha svolto un ruolo. I combattenti in partenza vengono concentrati a Hiwar Kilis, sulla frontiera turco-siriana e da lì trasportati direttamente per via aerea in Libia, alla base militare aerea di Mitiga, oppure attraverso alcune basi militari nella Turchia meridionale.

I loro contratti hanno una durata fra i tre mesi e un anno, con possibilità di rinnovo. I salari oscillano fra i 1.500 e 4.500 dollari a seconda delle capacità, ma la maggioranza riceve fra i 1.500 e i 2.000. Molti combattenti in questi due anni si sono lamentati del fatto che una parte di questi stipendi sono finiti e rimasti nelle tasche dei comandanti dell’Sna (cosa che è successa anche ai siriani pro Haftar, in questo caso riferita ai loro superiori nelle forze armate governative). Va ricordato che il soldo dei militari di leva nelle forze armate governative siriane si aggira mediamente sui 150 dollari (più vitto e alloggio), mentre se ne pagano 8 mila per avere l’esenzione dalla leva militare.

Erdogan teme un attacco in Siria

Mentre i siriani pro Haftar sono rimasti confinati per lo più nelle basi militari, quelli pro Tripoli hanno vissuto a contatto con i combattenti e con la popolazione civile libici. Fra loro si è registrato un alto tasso di tentativi di abbandonare i ranghi e insediarsi in Libia o addirittura di emigrare in Europa. Le ragioni del rimpatrio di mercenari recentemente registrato non sono del tutto chiare. Syrians for Truth and Justice fa notare che ancora nel mese di agosto la Turchia rinnovava i contratti dei combattenti siriani in scadenza.

La minaccia di un’offensiva congiunta dei governativi siriani e delle forze russe per la riconquista dell’Idlib, combinata col fatto che in Libia l’armistizio da un anno regge abbastanza bene, potrebbe spiegare la decisione turca di riposizionare i combattenti. Lo schieramento delle forze turche a protezione dei ribelli nell’Idlib è oggetto di forti discussioni all’interno dell’establishment politico-militare della Turchia, che avrebbero infine causato le dimissioni di cinque generali, convinti che le forze a loro disposizione non siano adeguate in caso di attacco.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

Tags: Bashar Assadidliblibiarecep erdoganRussiaSiriaTurchia
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