Con la “crescita zero” il Centro Italia se la scorda una rinascita come quella del Friuli
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Pubblichiamo la rubrica di Pier Giacomo Ghirardini contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
La cronaca minuto per minuto a reti unificate sul terremoto del 24 agosto ha improvvisamente sgomberato la piazza mediatica dal resto dei problemi nazionali. Pochi giorni prima, alla Versiliana, il premier aveva in pratica dato per perso il referendum e di lì a poco, a Ventotene, la Merkel lo aveva lasciato di ghiaccio mentre chiedeva nuovi margini di flessibilità. Di cui, badate bene, abbiamo bisogno tutti come dell’aria che respiriamo – non ultime quelle povere persone che hanno perso i propri cari e la casa ad Amatrice, Accumoli e Arquata.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”] Perché la notizia su cui la stampa ha rapidamente glissato, prima che la tragedia del terremoto si abbattesse sul paese, è che siamo di nuovo in “crescita zero”, dopo solo cinque trimestri di “crescita zero virgola”. Secondo le stime preliminari diffuse dall’Istat il 12 agosto, nel secondo trimestre del 2016 il Pil è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente (ossia la crescita congiunturale è stata pari allo 0,0 per cento) ed è aumentato dello 0,7 per cento nei confronti del secondo trimestre del 2015 (una crescita tendenziale, in altre parole, che non promette certo miglioramenti rispetto allo 0,8 per cento contabilizzato nel 2015).
Mi fa schifo parlare di Pil e percentuali mentre si consuma una tragedia che, esattamente quarant’anni fa, ho vissuto di persona in Friuli. Sono rimasto sinceramente sbalordito dai progressi della Protezione civile nel soccorrere la popolazione. Se faccio i confronti con la assoluta povertà di mezzi e con il caos di proporzioni dantesche che si registrava ancora dopo mesi dal sisma in Friuli, mi viene da dire che il progresso umano, tecnologico e organizzativo, è una gran buona cosa. Subito tendopoli attrezzate di tutto, personale competente, attenzione alle persone. Bene, molto bene, anche se fosse vero solo un decimo di quello che ci propinano alla tv.
Ma quello che mi fa venire un groppo in gola è che, passata l’emergenza, questa povera gente del Lazio, dell’Umbria e delle Marche, nella ricostruzione avrà la vita assai più dura che in Friuli, quarant’anni fa. Perché quelle maledette percentuali di crescita che non ci sono, fanno tutta la differenza di questo mondo. Perché la ricostruzione di una regione distrutta in un paese comunque in crescita e padrone del proprio destino può trasformarsi in una straordinaria rinascita – come è stato in Friuli. La ricostruzione nell’era del suicida egoismo dell’austerity imposta dalle oligarchie finanziarie di un continente alla deriva in un paese dove non si ha più sovranità nazionale sarà un incubo – come è stato in Emilia. E di ricostruzione e non di ulteriore disumana decostruzione neoliberista o monetarista ha bisogno tutta Italia.
Foto Ansa
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8 commenti
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Ma non è che ci sia molto da ricostruire. sono 3 paesi per un totale di 3000 abitanti su una superfice di oltre 250 Km quadrati.
Sgomberate le strade, costruita una scuola nuova, un poliambulatorio (prima avevano l’ospedale, ma per 3000 abitanti mi sembra troppo) un edificio che fa da municipio, biblioteca, sala multifunzione, qualche condominio per chi non ha più la casa; non mi sembra che ci voglia chissà che cosa. Si da un rimborso a chi gli è crollata la stalla o il negozio. A me sembra che la vogliano far passare la tragedia più pesante di quello che è.
Però, non sono stato nella zona quindi potrei sbagliarmi.
Per fare un confronto,
questi sono i dati che riporta Wikipedia sul Terremoto del Friuli del 1976
Aree colpita: 5.500 chilometri quadrati
Popolazione colpita: 600mila abitanti
Morti: 990
Sfollati: più di 100.000
Case distrutte: 18.000
Case danneggiate: 75.000
Danni al territorio: 4.500 miliardi di lire (oltre 18,5 miliardi di euro del 2010)
Comuni coinvolti: 45 comuni “rasi al suolo” come Gemona, Venzone, Buia, Pinzano al Tagliamento, Monteaperta (frazione di Taipana) e Osoppo, 40 “gravemente danneggiati” e 52 “danneggiati”: tutti fra Udine e Pordenone, più tre soli comuni della provincia di Gorizia[5][9]
Eh, soldo, se vivessi nella vita reale e non solo di internet, non scriveresti queste cosette. ..vivi la vita vera, che non è copia e incolla da wikipedia
Spiegati, grazie.
Soldo, fossi di Amatrice, ti rincorrerei per km. E sto minimizzando.
Per fortuna non sei di Amatrice così puoi confrontare le differenze:
2.100 sfollati contro i 100.000 del Friuli,
poche centinaia di case distrutte contro 18.000 del Friuli,
forse qualche migliaio di case danneggiate contro 75.000 del friuli.
ecc. ecc.
Poi si sta parlando di difficoltà nella ricostruzione, e, in questo caso, chi vuol far passare l’idea che ci voglia chissà che cosa per ricostruire dice una gran cavolata.
Mettere in sicurezza gli edifici situati in tutte le aree a rischio sismico poi è un altro argomento e e non riguarda la ricostruzione.
L’area appenninica è meno densamente popolata rispetto al Friuli, questo è innegabile, ma non ci sono solo quei tre paesi.
Quella notte l’ho sentito anch’io molto nitidamente il terremoto, mi sono svegliato di soprassalto alle 3.40, mi pare, e sentivo le travi ondeggiare.
Mi sono vestito rimanendo in casa, sono tornato a letto vestito anche con le scarpe, pronto per fuggire.
Ho sentito anche la seconda scossa, minore della prima.
Ma io sto a 3/4 d’ora dal Tirreno, dunque dalla parte opposta del Centro.
Da me non ha fatto danni, ma quanti ne ha fatti in altri centri più vicini alla catena appenninica, e non fanno notizia perché le case sono solo lesionate ma sono ancora in piedi, anche se a rischio?
Quella è tutta roba che ha da essere consolidata, e questi interventi costano.
Da noi c’è stato un terremoto grosso il 31 maggio.
Non ha buttato giù niente, ma le due chiese sono oggigiorno inagibili perché dalla volta piovono calcinacci. Utilizziamo una saletta parrocchiale per la messa.
Una chiesa sarà restaurata e resa agibile entro novembre (facciamo Natale per stare larghi), ma per l’altra i tempi saranno lunghi, costo stimato è alcune centinaia di migliaia (abbiamo fatto la riunione stasera, sono appena tornato), e si cerca di farceli dare almeno in parte dalla Regione, in caso si attingerà all’8×1000.
Ma lì gli interventi sono molto grossi, c’è una ragnatela di crepe impressionante sopra, anche se è ancora in piedi.
Se il terremoto del 31 maggio anziché durare secondi fosse durato un minuto, questo ed un altro paese vicino sarebbero ridotti in macerie.
L’epicentro è stato 4-5 km da qui, in mezzo ad un bosco.
Dunque un conto sono i danni registrati, cioè le macerie, altro sono i danni effettivi, cioè le abitazioni a rischio. Queste sono molte di più, e anche queste richiedono interventi altrimenti un altro colpetto e il tetto ti casca in testa.