
Cosa è successo a Cutro. I fatti e le conseguenze

Oggi si svolgerà a Cutro il Consiglio dei ministri, come segno di cordoglio e vicinanza alle vittime e ai loro parenti dopo la recente strage di migranti a poche centinaia di metri dalle spiagge calabresi. Sempre oggi è previsto a Bruxelles il consiglio di Affari interni in cui si parlerà di immigrazione, anche se non sono attese decisioni definitive. Il tema rimane sul tavolo, ma siamo alle solite: non esiste un’intesa tra i vari stati dell’Unione su come trattare la materia.
Finora le morti accertate nel naufragio del caicco partito dalla Turchia sono 72, di cui 28 minori, e sono ancora decine i dispersi (tra i 30 e i 50); 80 le persone tratte in salvo.
Sulla vicenda sono state aperte due inchieste: la prima sul naufragio che vede 4 persone indagate. La seconda sui soccorsi, al momento a carico di ignoti.
L’opposizione contro Piantedosi
È sulla seconda che si sono concentrate le polemiche politiche, con l’opposizione che ha attaccato a testa bassa il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, il quale – va ribadito – ha usato nelle sue prime uscite pubbliche dopo la tragedia frasi fuori luogo e inaccettabili (di cui si è scusato).
La sua informativa alla Camera contiene una ricostruzione di ciò che è accaduto e che era in parte già noto a chi avesse seguito la vicenda attraverso le cronache dei quotidiani. La ricostruzione del ministro (qui, per chi volesse leggerla per intero) può essere così riassunta per sommi capi:
22 febbraio
La barca parte dalla Turchia con 180 persone, oltre a quattro scafisti, due turchi e due pachistani. Tre ore dopo la partenza, l’imbarcazione ha problemi, è raggiunta da un caicco su cui vengono trasbordati i migranti. Secondo quanto raccontato da alcuni di loro ai nostri quotidiani, questa seconda barca è in condizioni peggiori rispetto alla prima. Passando davanti alle coste elleniche, gli scafisti sostituiscono la bandiera turca con quella greca.
25 febbraio
ore 18 circa
Gli scafisti si fermano al largo della Calabria e aspettano il momento opportuno per far scendere i migranti senza essere avvistati dalle Forze dell’ordine italiane. La loro idea è compiere l’operazione col favore delle tenebre, sebbene i migranti protestino perché sottocoperta l’aria è irrespirabile a causa di numerose chiazze di carburante maleodorante.
Ore 22.26
Un aereo Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) individua un’imbarcazione a 40 miglia nautiche dall’Italia.
Ore 23.03
L’aereo Frontex segnala l’imbarcazione e la descrive in «buone condizioni di galleggiabilità». Sul ponte è avvistata una persona, anche se i sensori termici suggeriscono la «possibile presenza» di altri uomini sottocoperta. Frontex segnala anche di aver captato una chiamata satellitare diretta in Turchia. L’aereo torna alla base per fare rifornimento di carburante.
Ore 23.37
La Guardia di finanza di Vibo Valentia contatta l’autorità marittima di Reggio Calabria. Al momento non ci sono segnalazioni di pericolo per l’imbarcazione né chiamate di soccorso. Una unità navale della Gdf già in mare, in quel momento tranquillo, stimando che il caicco segnalato dall’aereo Frontex avrebbe impiegato sette ore per raggiungere le nostre acque territoriali, rientra a Crotone, intorno a mezzanotte, per fare rifornimento.
26 febbraio
ore 00.30
La Gdf di Pratica di Mare chiede a Frontex di condividere il numero di telefono da cui è partita la chiamata per la Turchia così da capire dove si trovi l’imbarcazione dei migranti. Ma il dispositivo ricevente non può essere localizzato.
Ore 1.30
Le condizioni del mare peggiorano. Gli scafisti decidono di riprendere la navigazione.
Ore 2.20
Due motovedette della Gdf riprendono il mare in cerca della barca.
Ore 3.30
Le due imbarcazioni della Gdf tornano in porto a causa delle condizioni del mare che non permettono una sicura navigazione.
Ore 3.50
La Gdf di Vibo Valentia, grazie ad un radar, riesce a individuare quella che pare essere l’imbarcazione segnalata da Frontex.
Ore 3.55
La Gdf di Vibo Valentia contatta le sale operative del Corpo dei Comandi provinciali di Catanzaro e di Crotone, la Polizia e i Carabinieri per inviare delle pattuglie. Qualche minuto dopo arriva al 112 una telefonata con richiesta di soccorso. Finalmente la Capitaneria di porto di Crotone riesce a individuare le coordinate geografiche dell’imbarcazione dei migranti.
Ore 4.30
La Capitaneria di porto riceve due segnalazioni sull’imbarcazione dei migranti e che su di essa vi sono delle persone. Ci si attiva per i soccorsi a terra.
Ore 5.30
La barca dei migranti è a 200 metri dalla costa. Gli scafisti, temendo di essere individuati dalle forze dell’ordine italiane, cambiano direzione alla barca con una «brusca virata», ma, a causa del basso fondale, rompono la parte inferiore dello scafo. Il caicco inizia ad affondare. Due scafisti si gettano in acqua. I migranti salgono sul ponte. Un’onda capovolge la barca e tutti i migranti cadono in mare.
Sottovalutazione o fatalità
Questa, secondo Piantedosi, la dinamica dei fatti, che ora la magistratura dovrà appurare. Quel che ancora non è ben chiaro è perché, se il mare grosso convinse le due motovedette della Gdf a rientrare in porto, poi non siano state inviate subito le imbarcazioni della Guardia costiera, più attrezzate ad affrontare le onde più alte. C’è stata una sottovalutazione del pericolo? Oppure, più semplicemente, non essendo nota l’esatta posizione dell’imbarcazione dei migranti, era impossibile intervenire?
Quel che è certo, tuttavia, è che ritenere – come sta cercando di far passare l’opposizione – che ci sia stata una precisa volontà da parte delle nostre autorità di “non” salvare i migranti, è lunare. Lo ha detto anche Piantedosi: pensare che qualcuno abbia voluto impedire i soccorsi «offende soprattutto l’onore e la professionalità dei nostri operatori».
In un’intervista al Corriere di qualche giorno fa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha fornito questi numeri sugli interventi della Guardia di finanza e la Guardia costiera italiane: «Nel 2022 hanno fatto 1.170 interventi di law enforcement, in cui hanno recuperato 38.507 migranti, e 917 interventi di search and rescue, con 57.028 migranti soccorsi. Abbiamo salvato migliaia e migliaia di vite, e tutti gli italiani lo sanno, ma purtroppo non sempre ci si riesce. Tra le migliaia di disperati che si affidano a scafisti criminali qualcuno, purtroppo, non ce la fa. Come nel naufragio di Steccato di Cutro».
Scafisti e Europa
Al di là delle polemiche politiche e delle responsabilità che – se ci sono – andranno accertate, affinché «le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti», come ha detto papa Francesco, è necessario combattere senza tentennamenti la mafia degli scafisti. «I trafficanti di esseri umani – sempre per usare le parole del Pontefice – vanno fermati. Non continuino a disporre della vita di tanti innocenti».
La seconda questione è che l’Italia, da sola, non potrà mai rispondere a un fenomeno epocale come quello delle migrazioni. Questo dovrebbero capirlo tutti, a destra come a sinistra. Quando governa la sinistra, e succedono queste tragedie, la destra grida alla “strage di Stato”, e viceversa. Non serve a niente, se non a cercare di lucrare qualche consenso spicciolo.
La verità è che il nostro Paese – pur tra molti errori – fa molto per i migranti e lo stesso non si può dire di tanti altri (dalla Turchia alla Spagna, dal Regno Unito alla Francia… ognuno ha da farsi perdonare qualcosa). È banale ridirlo, ma si torna sempre lì: o si trova una soluzione a livello globale europeo o quella di Cutro sarà solo l’ennesima strage in attesa della prossima.
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