La Corte suprema gli dà ragione, ma sui migranti Biden non ha risolto nulla
La Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito giovedì scorso per 5-4 che Joe Biden può cancellare il “Remain in Messico” introdotto da Trump. Il massimo organo giuridico degli Usa ritiene dunque che l’amministrazione del presidente democratico abbia agito nel rispetto della sua discrezionalità lo scorso anno, quando ribaltò le sentenze dei tribunali di grado inferiore che imponevano al Dipartimento di Sicurezza nazionale (Dhs) di applicare la legge di The Donald che Biden si era impegnato a cancellare in campagna elettorale.
La Corte suprema rimanda alle corti inferiori
Che la Corte suprema abbia stabilito che il Dhs non è tenuto a continuare ad applicare la politica “Remain in Mexico” e che i tribunali di grado inferiore non possono costringere il governo a rimandare i migranti illegali oltre confine, in attesa che siano fissate le udienze per decidere sulle loro richieste di asilo, è un duro colpo per Texas e Missouri, i due Stati dell’Unione che avevano fatto causa all’amministrazione Biden.
Un duro colpo ma anche un parere pilatesco, visto che sono state rimandate alle corti inferiori le due questioni più importanti. E cioè, in primis, se l’amministrazione Biden, dopo averli “arrestati”, possa continuare a rilasciare in libertà condizionata le migliaia di migranti che ogni giorno entrano negli Stati Uniti. Poi, in second’ordine, quali siano gli obblighi di Biden di far rispettare le leggi scritte dal Congresso.
Il problema principale, tuttavia, è un altro ancora: a differenza di tutti i suoi predecessori, infatti, Biden non ha messo in campo nessuna politica per scoraggiare gli ingressi illegali. Al contrario, l’inquilino della Casa Bianca ritiene che la sua responsabilità sia garantire «percorsi sicuri, ordinati e legali» per ogni straniero che entra negli Stati Uniti – legalmente o meno – con l’obiettivo di richiedere l’asilo.
L’aumento record degli ingressi illegali
Come ovvio, l’assenza di una qualsiasi politica di deterrenza alle frontiere con Biden ha fatto aumentare a livelli record gli ingressi illegali. Gli agenti della Border Patrol al confine sud-occidentale hanno infatti arrestato oltre 1,7 milioni di clandestini lo scorso anno, e in quest’anno fiscale, che si chiude a fine settembre, sarà stabilito un nuovo record annuale di arresti, con oltre due milioni di fermi.
Da quando Biden si è insediato un anno e mezzo fa, la polizia di frontiera statunitense ha fermato oltre 2,7 milioni di immigrati clandestini al confine tra Stati Uniti e Messico e il Dhs ne ha espulsi circa il 53 per cento in base al Titolo 42. Una misura sanitaria, quest’ultima, introdotta da Trump all’inizio della pandemia di Covid-19 per consentire l’immediata espulsione per motivi di salute pubblica di chi entra senza i documenti in regola. I clandestini espulsi sono stati 1,3 milioni, ma l’amministrazione Biden ne ha lasciati in libertà condizionata ben 1,1 milioni negli Stati Uniti.
Migranti e «beneficio pubblico»
«Non è così che dovrebbe funzionare», ha scritto sul New York Post Andrew Arthur, ex consigliere generale associato dell’Ins, l’agenzia Usa per l’immigrazione e la naturalizzazione, spiegando chiaramente che le attuali leggi sull’immigrazione impongono al Dhs di trattenere i migranti illegali, con un’eccezione. Spiegando che il Congresso ha dato al Dipartimento di Sicurezza nazionale un’autorità molto limitata per «liberare sulla parola» le persone che entrano negli Stati Uniti, ma solo «per ragioni umanitarie urgenti o per un significativo beneficio pubblico».
Il Dhs sostiene che l’ondata di migranti al confine ha sovraccaricato la sua capacità di detenzione, anche se l’Immigration and Customs Enforcement (Ice) non usa tutti i suoi letti nei centri di detenzione e Biden vuole addirittura che il Congresso li riduca di un quarto entro settembre 2023. Il paradosso è che solo per questa carenza l’amministrazione Biden sostiene che rilasciare oggi i migranti illegali negli Stati Uniti comporta un «significativo beneficio pubblico».
Il peso delle elezioni di mid-term
La Corte suprema si è invece pronunciata lasciando ai tribunali di primo grado il compito di stabilire se la legge richieda o meno la detenzione degli immigrati illegali e se il Congresso abbia posto delle restrizioni all’autorità dell’amministrazione di rilasciare gli immigrati illegali in libertà vigilata. La questione, dunque, è tutt’altro che chiusa, anche perché i repubblicani avranno voce in capitolo su questi temi se otterranno il controllo del Parlamento con le elezioni di mid-term di novembre. Per questo il parere della Corte suprema è sì un duro colpo per Texas e Missouri, ma non è di certo l’ultima parola sulle discutibili politiche migratorie di Biden.
Del resto, dopo il caro benzina, l’immigrazione illegale è la seconda problematica in ordine di importanza per gli americani che tra qualche mese andranno alle urne. Il 60 per cento di loro è infatti molto preoccupato, il 78 per cento vede un afflusso massiccio di immigrati illegali come una minaccia importante, il 58 per cento dice di essere molto insoddisfatto dell’attuale livello di immigrazione e il 49 desidera che il flusso diminuisca. I numeri dei sondaggi della Gallup sono solitamente precisi e, se confermati a novembre, porteranno sia il Senato sia la House of Representatives sotto il controllo dei repubblicani, che in materia di immigrazione hanno idee esattamente opposte a quelle di Biden e dei democratici.
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