Ma come si fa a votare Calenda “il poltronaro”?

Di Emanuele Boffi
30 Agosto 2022
Ancora sul Terzo Polo. Perché sostenere uno che punta apertamente all'ingovernabilità per poi, con manovre di palazzo, avere qualche posto?
Carlo Calenda, leader di Azione
Carlo Calenda, leader di Azione

Gentile direttore, mi permetto di proporle alcune riflessioni sul voto del 25 settembre, stuzzicato anche dalle lettere e dalle sue risposte pubblicate il 26/08. Alla fine, ci ho preso gusto e mi sono dilungato. Spero così di non abusare della vostra pazienza. In tal caso mi scusi: voleva essere un tentativo di mettere ordine su alcune idee e confrontarmi sulla complessità della situazione, in particolare per un cattolico che voglia esprimere un voto consapevole.

Parto dalle sue risposte. Mi pare che tre siano le ragioni del suo convinto “no” al Terzo Polo:

1. Effetto nuovismo: siccome gli altri li abbiamo già votati e non ci sono piaciuti, votiamo questi che magari va meglio. Eppure, votando Renzi e Calenda (ma anche Meloni!) non si può certo dire che si voti il nuovo, anzi: si votano persone che hanno governato, e su tanti temi hanno governato bene!

2. Sono di sinistra. Ma se non si può negare che entrambi vengono dal Pd, allo stesso modo mi sembrerebbe azzardato dire che siano mai stati di sinistra (cosa che dai suoi stessi compagni di partito è sempre stata rinfacciata a Renzi). Senza dimenticare il fatto che a rimpinguare le file di questa coalizione mi pare esserci ormai un cospicuo numero di persone provenienti dal centrodestra (Gelmini e Carfagna, piuttosto che lo stesso Toccafondi).

3. Il nome Azione si rifà a una storia che non ha niente a che vedere con ciò in cui ci riconosciamo. Vero, ma altrettanto dovremmo dire di Lega e Fratelli d’Italia, allora. Che fare quindi? Con quale criterio scegliere? Bene comune e libertas ecclesiae mi hanno insegnato essere i criteri con cui, da cattolico, scegliere. Ma proprio a partire da questi due criteri, da nessuna parte vedo coalizioni incontrovertibilmente a favore dell’uno e dell’altra. Partiamo dal bene comune. È al suo interno che vanno posti i cosiddetti “valori non negoziabili”, cioè difesa della vita dal suo concepimento alla sua fine naturale e difesa della famiglia formata dall’unione di un uomo e una donna. È vero, purtroppo, che questi “valori” faticano sempre più a entrare nelle discussioni elettorali; tuttavia, il bene comune non si esaurisce in essi e un voto che “solo” ad essi guardasse mi sembrerebbe non adeguato ai criteri sopracitati (per quanto, naturalmente, legittimo). Bene comune vuol dire anche cercare di far vivere meglio le persone, a partire dagli aspetti più concreti, come le bollette da pagare, per fare l’esempio dell’ultima ora. È doloroso constatare quanto rischiamo di essere appiattiti sugli aspetti economici, eppure sono drammaticamente presenti e urgenti nella vita di tutti noi e avere persone in grado di dare risposte concrete a tali problemi non è questione secondaria.

Se allora, rispetto al tema bene comune, confronto la coalizione di centrodestra con quella del Terzo Polo l’ago della bilancia non mi pare spostarsi significativamente dall’una o dall’altra parte: rispetto ai valori non negoziabili il centrodestra appare più affidabile, anche se abbiamo già visto come nel corso degli anni all’interno di Forza Italia non si sia esitato a vendersi a cause animaliste e a posizioni progressiste in ambito etico; anche nella Lega si intravedono aperture di questo all’orizzonte. Rimane Fratelli d’Italia? Può darsi, ma per quanto? Al di là della candidatura di Marcello Pera ed Eugenia Roccella (una sicurezza, da questo punto di vista), alla base del partito non mi pare ci sia un terreno culturalmente fertile perché queste tematiche possano attecchire ed essere sostenute con convinzione di fronte alle tempeste che sempre più forti si abbatteranno. E nel Terzo Polo? Questi temi sembrano perlopiù inesistenti e, visti i personaggi, è pensabile che nessuno si sacrificherà al riguardo. È vero il contrario, se pensiamo che fino all’altro ieri Calenda era alleato della Bonino. E, tuttavia, non è da dimenticare che anche dalle manovre parlamentari di Renzi è stato fermato il ddl Zan.

Rispetto, poi, ai temi economici la vicenda si fa più intricata. Non sono affatto incline ai discorsi catastrofisti della sinistra e lo stesso Mario Draghi lo ha detto: qualunque governo saprà far fronte alle sfide che si troverà ad affrontare. Tuttavia, un confronto rispetto a questi temi può venire dalla storia recente, avendo governato sia Tremonti che Calenda, principali “esponenti economici” delle coalizioni. Tremonti rimane persona competente, eppure doveva essere lui l’artefice della rivoluzione liberale di Berlusconi, rivoluzione che, invece, non c’è stata. Ha fatto analisi ed espresso opinioni molto interessanti in questi ultimi anni, ma cosa riuscirà a fare all’atto pratico rimane un’incognita. Più solido, ai miei occhi, appare il Terzo Polo. Da imprenditori affermati e storicamente di centrodestra ho sentito dire che la politica economica del governo Renzi (ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda) è stata la miglior politica economica degli ultimi trent’anni. E anche rispetto a scuola e famiglia gli interventi che attuarono furono, per quanto perfettibili e su alcuni aspetti discutibili, efficaci. Quantomeno dei tentativi seri di cambiare. Ci sarebbe anche da fare un accenno alle ultime vicende parlamentari che hanno portato alla caduta di Draghi, rispetto alle quali il centrodestra, se non ne è stato la causa, non ha fatto una grande figura.

Ma mi sto già dilungando troppo. Veniamo alla libertas ecclesiae: in che modo le coalizioni e i partiti danno spazio e salvaguardano la libertà per i cattolici di esprimersi e offrire il loro contributo positivo nella società? Anche da questo punto di vista, lo scenario non mi sembra avere differenze così nette. Se parliamo delle forze politiche, nel Terzo Polo lo spazio per i cattolici sembra esserci: con quanta possibilità di azione, anche sui temi più delicati? È pur vero che sempre il governo Renzi varò la riforma del Terzo settore, importante anche per tante realtà cattoliche. Pugnalò alle spalle Maurizio Lupi, confermandosi spietato quando si parla di potere. Sicuri lo sia solo lui? Dall’altra parte, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia non sembrano navigare in acque migliori. Nei miei anni di rappresentanza studentesca, sia al Liceo che in Università, mi sono sempre trovato avversato tanto dalle sezioni giovanili del Pd che da quelle di Fratelli d’Italia, anzi, alle volte proprio queste ultime erano le più pervicaci.

Dopo dieci anni da quei contatti, non so se sia cambiata radicalmente la situazione. Al di là dei proclami dei leader, appaiono candidature significative, come quelle già citate di Pera e Roccella o di Lorenzo Malagola (anche lui non in ottima posizione di lista, se non sbaglio), ma avranno davvero spazio di manovra? Se ancora è difficile dirlo a livello nazionale, cosa possiamo vedere a livello locale? Sarebbe bello fare un test chiedendo: chi sarebbe disposto a fare una riforma per una vera libertà di educazione, cioè per garantire la parità anche economica alle scuole non statali?

Giunto a questo punto mi trovo in seria difficoltà a esprimere una preferenza sulla base dei criteri di bene comune e libertas ecclesiae, perché in entrambi gli schieramenti vedo luci e ombre.

Con un nota bene doveroso. Nel mio discorso sul centrodestra manca il riferimento al partito di Lupi, Toti e Brugnaro. Si tratta, da questo punto di vista, della “forza” che certamente più rispecchia quanto detto finora. Ma una domanda è d’obbligo: che forza avrà tale partito all’interno della coalizione? Che fine farà il mio eventuale voto a loro? Perché anche loro non fanno parte del Terzo Polo, con cui con tutta evidenza hanno più cose in comune rispetto a tutti gli altri partiti della coalizione? Nel 2018 votai Lupi, convinto potesse bilanciare in senso moderato la coalizione a spinta leghista. Prese poco più dell’1% e il mio voto servì, di fatto, a rafforzare la Lega che non ebbe problemi a fare un governo con i 5 Stelle. Adesso ha possibilità di fare qualcosa di più, così da poter essere davvero l’area moderata del centrodestra? Perché, malignamente, viene da pensare che questo partito per qualcuno sia più il modo di rimanere in parlamento, che la possibilità di costruire qualcosa di nuovo. Tanto vale, a questo punto, votare Fratelli d’Italia: in questo modo, magari, si dà un po’ di forza a quei candidati competenti e affidabili e si dà la forza a una coalizione di proporre un governo. Eppure, è abbastanza difficile che una coalizione riesca a prendere i voti necessari a fare un governo. Pertanto, bisognerà trovare un accordo in parlamento e questa volta anche Fratelli d’Italia dovrà scendere al compromesso. Con chi? Su cosa? Il Terzo Polo potrà essere una spalla del centrodestra, offrendo così rinforzo all’ala moderata? Nessuno lo sa. E tuttavia bisognerà esprimere una preferenza. Forse l’unica cosa certa è che, da una parte o dall’altra, bisognerà prendere dei forti digestivi.

Mattia Fasana

Mattia, grazie, bella lettera, ma la tua analisi – che per alcuni aspetti sottoscrivo – non mi convince del tutto. Non posso abusare della pazienza del lettore e non posso rispondere puntualmente a tutto quello che dici (qualcosa d’altro dirò nell’editoriale del mensile di settembre). Mi soffermo solo su alcuni questioni.

Parto dalla fine: sì, bisognerà prendere dei forti digestivi, concordo. Ci troviamo di fronte a un’offerta politica non del tutto aderente a quel che vorremmo e a una legge elettorale che mortifica la libertà dell’elettore. Ma non bisogna farne una tragedia: la politica non è tutto nella vita e il voto è anche un po’ un rischio. Si dà fiducia a qualcuno sperando che ce la faccia e che possa, all’interno del suo partito o coalizione, portare avanti ciò che ci interessa. L’unico limite a questo criterio è che il partito non stia facendo una pura battaglia di testimonianza. Non sono ancora venuti quei tempi, quindi che un voto sia “utile” è importante (apertis verbis: il voto a “Noi moderati” lo è, la possibilità che superi il 3 per cento, esiste; quello ai micropartitini identitari no).

Che Renzi e Calenda siano di sinistra non v’è dubbio. Sono sempre stati votati da quella parte, in quel Pd di cui il primo è stato persino segretario e che il secondo, da europarlamentare, ha usato come un taxi. Renzi è un cattolico democratico, versione scout. Calenda è un liberal, di “destra” in economia, di “sinistra” sui diritti. Sebbene io ammiri molto l’abilità strategica di Renzi (il reginetto degli scacchi) e sebbene Calenda dica cose giuste in materia economica (pare uno di Forza Italia!), non ho dubbi su cosa farebbero entrambi in merito ad alcune materie cui teniamo molto (Calenda, lo sai, fino a ieri stava con la Bonino, aveva già un accordo con Letta che poi ha mollato; Renzi è quello delle unioni civili e del ddl Scalfarotto).

Quindi una differenza tra loro e il centrodestra (ammaccato, imperfetto, tutto quel che vuoi) esiste. Ma poi, scusa, come si fa a votare Calenda, uno che punta apertamente all’ingovernabilità per poi, con manovre di palazzo, avere qualche posto? È un discorso da “poltronaro”. E poi, ma l’hai sentito Mario Draghi al Meeting? Quando ha detto che nessuno deve agitare la fantomatica “agenda Draghi” per accaparrarsi voti, seconde te, a chi si riferiva? Siamo di fronte a un paradosso: Calenda è draghiano, ma Draghi non è calendiano.

Io non voterei mai né Renzi né Calenda, gente che per le cose che ci stanno a cuore, per le opere che ne sono nate, per la visione che abbiamo del mondo, non hanno mai fatto nulla. E non sto parlando delle bollette (argomento pure fondamentale, come vedi dal numero di articoli che dedichiamo su tempi.it alla questione energetica), ma della possibilità che ciò in cui crediamo abbia espressione libera nella società.

Sul Terzo Polo, farei un’unica eccezione per Gabriele Toccafondi, che corre in un collegio impegnativo, perché è persona competente, leale e di gran valore. Per me Toccafondi è per me l’eccezione che conferma la regola.

E la regola è che il nostro fine è favorire (cioè mandare in parlamento) persone che sostengono la sussidiarietà e la libertas ecclesiae. Io ne vedo nel centrodestra, quindi dico di votare quelle. Sono i nomi che hai fatto tu, più qualcun altro, di cui parleremo su Tempi. Vi sono luci e ombre di qua e di là? Vero, ma più luci nel centrodestra e più ombre nel centrosinistra (è un discorso che riguarda tutto, anche l’economia, il lavoro e – sottolineo – la giustizia).

Cosa chiediamo a queste persone? Di lavorare insieme, anche se operano in partiti diversi. È anche dalla testimonianza della loro unità che potranno essere riconosciuti e incidere soprattutto su tre ambiti: la libertà educativa, il lavoro, il sostegno alla famiglia e alla vita (dall’inizio alla fine).

PS. Renzi ha fermato il ddl Zan per puro tatticismo politico.

PS2. Sbagli, Malagola è in buona posizione per essere eletto.

PS3. Scusami anche tu per la lunghezza, un caro saluto.

Foto Ansa

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1 commento

  1. STEFANO FERRARI

    Non rinnovero’, a malincuore, l’ abbonamento a Tracce. La sua presa di posizione sulle prossime elezioni politiche e in particolare il suo accanimento contro Calenda e Renzi ( l’ appellativo poltronaro la dice lunga) ono per me motivo sufficienti per chiudere con un giornale a cui sono abbonato da tempo. Spero in una prossima, piu’ equilibrata direzione del giornale

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