
Il reginetto degli scacchi

Mentre ancora tutto si muove nella pazza crisi governativa, occorrerà mettere un punto fermo per cercare di capire chi, al di là di come andrà a finire (voto, Conte ter, larghe intese), ha vinto. E per ora ha vinto Matteo Renzi, il reginetto degli scacchi, il più bravo a muoversi sulla tavola quadrata, il più spregiudicato, il più rapido ad anticipare le mosse avversarie. Il più svelto a usare anche il ricatto, certo, che se non è virtù, perlomeno è mossa politica necessaria per ottenere quel che si vuole.
Un politologo spesso non banale come Alessandro Campi ha scritto che il problema di Renzi è il suo «fiorentinismo», cioè quel tratto culturale, guascone e spregiudicato, che lo rende sempre irrequieto, sempre alla ricerca della ribalta e dell’azione che lo metta al centro del contendere. Psicopolitica, si dirà, chissà, noi non sapremmo giudicare. Quel che osserviamo, e talvolta ammiriamo, è l’incredibile facilità e abilità con cui riesce a posizionarsi nel punto migliore per cannoneggiare i suoi avversari. E mentre quelli sono ancora lì a chiedersi dove sia e perché l’abbia fatto, lui li ha già fregati e, il più delle volte, ha già avanzato una proposta per infinocchiarli-ricattarli-sostituirli. C’è poco da fare, è il Michelangelo del raggiro.
Quelli che rimangono imbambolati e beffati lo accusano di avere provocato una crisi pur avendo solo il due per cento dei consensi nel paese. Critica risibile e che andrebbe ribaltata: come avete fatto voi che avete regine, torri, cavalli e alfieri in abbondanza a farvi mettere sotto scacco da uno che ha solo due pedoni? Appunto, Matteo è il reginetto degli scacchi e gli altri dei principianti alle prime armi. A volte sembra di vedere Anton Chigurh aggirarsi con la sua bombola di aria compressa tra i personaggi di Winnie the Pooh.
Tuonava contro i manovratori di palazzo ed è diventato il più abile dei manovratori. Contro i partitini, ed è a capo di un partitino. Andava al Family Day, poi ha fatto le unioni civili. Rassicura Letta, e poi lo frega. Insulta Grillo, e poi ci fa il governo assieme. Insulta Zingaretti, lo rassicura, lo ri-insulta e ri-assicura, e lo frega e lo ri-frega appena quello fa una giravolta. È un genio del male.
Ha fatto fortuna perché bravissimo a usare i social network, ma dileggia Casalino «perché la politica non è un post su Facebook». Cosparge i suoi interventi di citazioni chestertoniane, insiste in ogni intervista a parlare di “contenuti” e non di poltrone, vola altissimo per giustificare ogni sua mossa e poi vola anche a Riad per presentarsi davanti al principe Mohammad Bin Salman e fargli un’intervista che definire “in ginocchio” è un eufemismo.
Impreziosisce ogni suo discorso con riferimenti a La Pira e don Milani e, con la stessa faccia, si dice ammirato del neo- rinascimento saudita (andatelo a raccontare in Yemen) e del costo del lavoro nel regno dove vige la sharia e gli immigrati sono trattati alla stregua di schiavi della gleba. Ha una faccia tosta galattica, è uno di cui non ci si può mai fidare. C’è solo da sperare che questa crisi sia la sua ultima vittoria. Ma non contateci troppo; lui ci direbbe #Tempistaisereno.
Foto Ansa
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