Come Hezbollah è stato «colpito sotto la cintura»

Di Giancarlo Giojelli
19 Settembre 2024
Israele non lo ammetterà mai, ma ha capito come trasformare la difesa del nemico nello strumento per attaccarlo. Dettagli di un'operazione segreta per mandare un messaggio all'Iran, ma anche agli Stati Uniti
Un frame di una delle esplosioni, avvenute contemporaneamente a Beirut, nel sud del Libano e a Damasco, in Siria, dei cercapersone di miliziani Hezbollah (Ansa)
Un frame di una delle esplosioni, avvenute contemporaneamente a Beirut, nel sud del Libano e a Damasco, in Siria, dei cercapersone di miliziani Hezbollah (Ansa)

«Un colpo sotto la cintura». È questa la definizione che fonti interne dei servizi israeliani – che ufficialmente negano un loro coinvolgimento – danno delle migliaia di micro attentati che hanno colpito in Libano i membri di Hezbollah. Un colpo che nessuno si era immaginato. L’attacco è figlio dell’intuizione di qualcuno che sa navigare nel mondo digitale e conosce bene il punto debole dell’obiettivo. È frutto della cooperazione tra esperti elettronici, abili artificieri e agenti capaci di infiltrarsi nei depositi dove sono stati posizionati gli ordigni. È successo qualcosa di inedito in una guerra in cui sembrava si fosse già visto tutto, qualcosa che forse aprirà nuovi scenari con una risposta da parte di Hezbollah.

Fino a ieri cyber attacco era sinonimo di sabotaggio, messa fuori uso di uno o più sistemi informatici, con conseguenze più o meno gravi. L’hacker mina il cuore del computer, rende stupida l‘intelligenza artificiale, colpisce e indebolisce la capacità operativa di un aeroporto, di una base militare, di una rete di comunicazioni. Mai, fino ad ora, un cyber attacco si era tradotto in un cyber attentato su vasta scala: cinquemila sistemi cercapersone che sono esplosi contemporaneamente causando, è il bilancio provvisorio, 12 morti a Beirut, tra cui due bambini, 19 guardie della rivoluzione in Siria, quattromila feriti, oltre cinquecento gravi. E altre esplosioni, ieri, a Beirut, nel Sud, nella valle della Bekaa. Ovunque ci siano basi Hezbollah esplodono walkie-talkie e cercapersone trasformati in ordigni telecomandati.

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Un walkie talkie esploso nella roccaforte di Hezbollah a Beirut, 18 settembre 2024 (Ansa)
Un walkie talkie esploso nella roccaforte di Hezbollah a Beirut, 18 settembre 2024 (Ansa)

Sono bastati dieci grammi

Tutto è iniziato alcuni mesi fa, quando Hezbollah ha capito che la rete di comunicazione via smartphone era troppo facilmente intercettabile. Gli attacchi mirati che hanno ucciso i capi di Hamas e di Hezbollah a Teheran, Beirut e Gaza sono stati chiaramente scoperti non solo grazie a talpe infiltrate tra le fila dei terroristi, ma anche grazie a intercettazioni tra gli agenti addetti alla sicurezza. Così Israele ha potuto sistemare ordigni, preparare armi comandate a distanza, lanciare missili nel punto esatto dove si trovavano gli obiettivi. Hezbollah, che può contare sulla collaborazione dei migliori hacker al mondo (gli iraniani, che in più occasioni hanno saputo mettere in difficoltà Israele), ha deciso di difendersi ricorrendo ad un sistema di comunicazione molto più obsoleto, pensando così di sfuggire all’orecchio israeliano. Nulla di più sbagliato. L’intelligence israeliana, saputa la notizia, è ricorsa alla più antica delle tecniche di lotta. Non un colpo di forza, ma il suo esatto contrario: rendere la difesa del nemico lo strumento per attaccarlo.

Tutto questo non verrà mai confermato da Israele. Ma, stando a quanto abbiamo potuto ricostruire, chiunque sia stato ha saputo per tempo della decisione di Hezbollah, ha avuto acceso all’ordine di acquisto indirizzato tramite intermediario alla società Apollo Gold di Taiwan – una delle poche che ancora costruisce cercapersone con frequenze criptate -, ha saputo che l’ordine era stato affidato ad una società ungherese, ha avuto accesso all’intera partita in un luogo dove ha trovato il tempo e il modo di piazzare la giusta dose di esplosivo. Stiamo parlando di una quantità minima, dieci grammi, quel tanto che basta per provocare gravi danni a distanza ravvicinata, ma non abbastanza da insospettire le vittime che, per molte settimane, hanno portato addosso l’arma che li avrebbe colpiti.

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Questione di nanosecondi

Chi ha piazzato l’esplosivo sapeva cosa stava facendo. L’ha sistemato nel posto giusto, vicino alla batteria al litio, sapendo che questo avrebbe innescato l’esplosione. Ha trovato la frequenza segreta su cui comunicavano i militanti di Hezbollah e infine ha agito nelle stesso momento e con lo stesso metodo. Sono partite cinquemila chiamate, pochi squilli, quel tanto che basta da indurre il portatore del cercapersone a guardare lo schermo per vedere il messaggio di chiamata. Pochissimi hanno notato che il meccanismo si stava surriscaldando e, come sia stato preparato quest’ultimo passaggio non è chiaro, probabilmente un chip inserito vicino all’esplosivo ha innescato un processo che ha portato in un nanosecondo all’esplosione simultanea.

Tutto calcolato alla perfezione. Gli Hezbollah non hanno avuto il tempo di lanciare l’allarme. L’intera rete di cercapersone è deflagrata coinvolgendo anche i civili che erano nelle vicinanze. Qualcuno lo aveva in mano, altri in tasca, altri nel taschino della giacca. A Beirut e Damasco i militanti del partito di Dio sono stati travolti dalla stessa onda micidiale.

Donne partecipano al corteo funebre di quattro persone morte il giorno prima a causa dell'esplosione dei cercapersone, nel sobborgo meridionale di Beirut, Libano, 18 settembre 2024 (Ansa)
Donne partecipano al corteo funebre di quattro persone morte a causa dell’esplosione dei cercapersone, Beirut, Libano, 18 settembre 2024 (Ansa)

Un messaggio agli Stati Uniti

Da alcuni giorni il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha intensificato le dichiarazioni su una prossima e rapida battaglia che permetterà ai centomila israeliani sfollati dal Nord di rientrare nell’Alta Galilea. La situazione sul fronte settentrionale, infatti, continua ad essere incandescente. Il mese scorso Israele ha attaccato un centinaio di basi di Hezbollah nel Sud del Libano e in Siria. La milizia sciita, dal canto suo, continua a mostrare video con nuovi missili a lunga gittata facendo intendere di essere in grado di raggiungere l’interno dello Stato ebraico. Il livello di guardia continua ad innalzarsi e si è rafforzata la convinzione che ormai, nonostante l’opposizione americana e le perplessità dei militari, sia inevitabile un attacco al Libano.

Il cyber attentato su vasta scala potrebbe quindi essere un’ulteriore mossa per indebolire la capacità operativa di Hezbollah e, contemporaneamente, lanciare un messaggio a nemici e alleati: Israele non rallenta la sua offensiva, anzi. E, non a caso, ancora una volta, gli alleati statunitensi sono stati informati solo a cose avvenute, messi di fronte al fatto compiuto. Con un colpo a sorpresa, sotto la cintura.

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