
Viaggio nel nord di Israele, tra i razzi di Hezbollah e Google Maps hackerata

Il missile esplode sulla collina che dal confine con il Libano degrada verso Shlomi, il villaggio israeliano più vicino alla linea di demarcazione che segna la zona controllata dalle forze Onu. Villette ordinate, giardini curati, molto verde, accanto coltivazioni e fattorie ad alta tecnologia e fabbriche di lenti di precisione avanzate, esportate in tutto il mondo. Davanti alle case il razzo accende un fungo rosso fuoco, come un sole al tramonto, illumina la zona, incendia gli alberi già anneriti dalle esplosioni, non ci sono feriti, è caduto su una zona deserta.
I razzi colpiscono, le sirene non suonano

Ma sentiamo altri boati: razzi colpiscono un’area vicina, Arab al Aramshe, un drone cade sull’abitato: 18 i feriti, 14 soldati, uno è molto grave, quattro sono civili. Hezbollah rivendica l’azione. Eravamo a poca distanza e possiamo testimoniare che le sirene di allerta non hanno suonato. Le autorità confermano, non c’è stato l’allarme e hanno aperto un’inchiesta.
Il fatto preoccupa la difesa israeliana: è accaduto per il secondo giorno di fila. Hezbollah, la milizia-partito libanese sciita alleata fedelissima dell’Iran, sembra aver trovato almeno per ora il modo di colpire le postazioni di rilevazione di Iron Dome prima di lanciare i suoi razzi e i droni dal Libano, mettendo fuori uso i sistemi d’allerta delle batterie antimissilistiche. Il confine Nord di Israele si infiamma ogni giorno di più.
«Abbiamo allestito una situation room nel municipio di Shlomi», ci dice Assef Geva, responsabile della sicurezza della cittadina. Ci mostra sulle schermo la zona illuminata dalle web cam e la rilevazione dei radar che segnalano l’approssimarsi di razzi: «Molto è basato sulle rilevazioni dei radar: quando scatta l’allarme abbiamo pochi secondi per correre nei rifugi. Secondi che possono salvare la vita. Gli abitanti sono stati fatti evacuare verso sud, ma prima o poi dovranno tornare. Siamo abituati alla guerra e alla tensione con i nostri “vicini” ma da sei mesi dobbiamo dormire negli shelter».
«Siamo rimasti in pochi», continua, «per garantire la sicurezza delle abitazioni e alcuni agricoltori che si occupano degli allevamenti. Ci sono molte fattorie. I campi vanno coltivati, gli animali nutriti. Non si possono abbandonare. Hezbollah lo sa e ogni tanto riesce a inquadrare i contadini che escono dai rifugi. È il momento in cui sono più vulnerabili al lancio di razzi Rpg7, razzi anticarro a lunga gittata. Sparando da case private sul confine con il Libano, anche queste abbandonate dagli abitanti. Difficili da identificare anche per i soldati dell’Onu. A volte, dopo aver lanciato un primo razzo, se gli Hezbollah vedono che ci sono dei feriti restano in postazione per colpire i soccorsi».
I droni intelligenti di Israele colpiscono Hezbollah
Israele risponde colpendo i miliziani con droni intelligenti che marcano il bersaglio e lo inseguono fin quando lo hanno raggiunto. Nell’ultimo scambio di artiglierie e missili sono stati uccisi due comandanti Hezbollah. È la risposta israeliana ai bombardamenti sul Nord che hanno costretto oltre settantamila abitanti dei kibbutz e delle cittadine dell’Alta Galilea a lasciare le loro abitazioni. Mettere la zona in sicurezza, obbligando Hezbollah a ritirarsi, è una delle priorità di Israele. Non si combatte solo a Gaza e in Cisgiordania.
Il fronte Nord che abbiamo raggiunto superando i posti di blocco che isolano la zona più a rischio potrebbe essere uno degli obiettivi della prossima offensiva israeliana. La risposta, o una delle risposte, all’attacco partito dall’Iran. A poche centinaia di metri ci sono le postazioni di Hezbollah, e attaccare loro significa attaccare Teheran.
L’ultima volta che Israele passò la linea di demarcazione, la linea blu dell’Onu, fu nell’estate del 2006, in risposta a uno sconfinamento delle milizie sciite dal libano che attaccarono una pattuglia dell’esercito ebraico.
I carri armati israeliani entrarono nel Sud, l’aviazione disseminò la zona di bombe cluster, bombe a grappolo che ancora sono attive, sprofondate nel terreno argilloso degli uliveti e dei campi coltivati. Trentaquattro giorni di guerra con almeno 500 morti tra gli Hezbollah e 120 tra gli israeliani. Ottocentocinquanta i morti tra i civili, cinquemila i feriti. Un terzo bambini.
Israele ha hackerato Google Maps
Ora la storia sembra ripetersi nonostante la presenza di diecimila soldati Onu, oltre mille dei quali italiani, che però non possono intervenire direttamente: al massimo segnalare le violazioni del confine alle praticamente inesistenti forze regolari dell’esercito libanese male armate, e peggio pagate. La forza vera è quella di Hezbollah.

Il confine Nord è attraversato da uno sbarramento di cemento e una linea di campi minati. Una postazione di antenne israeliana sorveglia tutta l’area, i droni spia volano sopra il confine, segnalano i bersagli: la guerra è diventata sempre più tecnologica. Quando gli israeliani si sono accorti che i droni di Hezbollah erano guidati usando le posizioni rilevate da Google Maps hanno risolto il problema semplicemente hackerando l’applicazione: ora se si indica sulle mappe una locazione israeliana a Nord di Haifa compare un ironico dirottamento elettronico.
Abbiamo fatto la prova: se digiti “Shmoli”, Google ti dà come location l’aeroporto di Beirut. Un missile lanciato dal sud del Libano, che segue come faceva in passato Google map, finisce per colpire inevitabilmente la zona dove si trova il quartier generale di Hezbollah nella capitale libanese. La guerra può avere volti beffardi nella tragedia.
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