Che sfortuna assomigliare a un ladro. L’incredibile storia di Ivano

Di Chiara Rizzo
05 Marzo 2012
Un operaio di 47 anni viene condannato tre volte per furto ma i suoi alibi di ferro riescono sempre a provare la sua innocenza. A compiere i reati, in realtà, era sempre un malvivente terribilmente somigliante al signor Saccottelli che ora, dopo tutti i processi e le assoluzioni, vorrebbe solo essere lasciato in pace.

Il fu Mattia Pascal, protagonista dell’omonimo romanzo pirandelliano, grazie a un misterioso sosia si guadagnò la chance di una seconda vita, lontano dalla moglie divenuta bisbetica e da una suocera strozzina. Ivano Saccottelli, 47 anni di Buggiano, paesino in provincia di Pistoia, a causa del suo sosia invece ha rischiato di finire in carcere. E non una volta sola. Succede in quello spicchio di Toscana che si arrampica sulle alpi Apuane, paesaggi da favola e caratteri sanguigni. Dai bar di Buggiano, giù giù sin a quelli della Versilia, da qualche tempo davanti ai bicchieroni di Chianti rosso si narra la storia incredibile di Ivano, un operaio per tre volte accusato di essere un ladro e poi sempre assolto. Il malfattore, infatti, è proprio il suo sosia. Le ultime assoluzioni sono arrivate il 14 e il 24 febbraio scorsi. Ma la vita di Ivano e del suo sosia si era già incrociata qualche tempo fa, poco dopo che due vecchietti di Serravalle, altro paesino del pistoiese, erano stati derubati. E Ivano di punto in bianco si ritrovò principale imputato. Non fosse stato tutto vero, verrebbe da sorridere.

Uno dei due derubati era un distinto sessantaduenne, purtroppo quasi cieco. Un giorno gli parve di riconoscere un amico che gli veniva incontro, l’abbracciava e infine, lo derubava. Ai carabinieri e al giudice l’uomo raccontò che quell’amico era proprio il Saccottelli, l’Ivano, operaio fino ad allora incensurato. Sicura fu anche la madre del derubato, testimone oculare del furto con scippo, perché osservava alla finestra di casa il figlio che rientrava. Qualche dubbio, in quel primo caso, agli investigatori venne quando alla donna vennero mostrate, a mo’ di controverifica, alcune foto, tra cui quella di Saccottelli. E sicura la donna pescò invece la foto di un altro tizio. Al processo davanti al giudice, per fortuna di Ivano, sfilarono testimoni, che raccontarono che il ladro assolutamente non poteva essere l’operaio, dato che al momento del furto questi si trovava a Montecatini. Grazie all’alibi di ferro, l’incubo “kafkiano”di Ivano sembrava concluso con la prima assoluzione. Invece no: perché poco dopo il primo furto, il destino di Ivano e quello del sosia ladro tornarono di nuovo ad incrociarsi. Un pensionato ottantunenne si recò dai carabinieri, lamentando di essere stato derubato e stavolta tutto certo riconobbe, tra le foto segnaletiche mostratigli, proprio il viso di Ivano come quella del ladro. Ancora una volta Ivano riuscì a provare l’innocenza, perché – fortuna sua – il giorno del furto si trovava in gita a Como, insieme ad altri amici pronti a testimoniare.

Assurdo ma vero, anche in questa storia non c’è stato due senza tre. Di nuovo Ivano incrociò il destino, davvero ormai un tantino ingombrante, del suo sosia ladro. A Montale, provincia di Pistoia, una donna era andata come tutti i giorni a pregare sulla tomba della madre e se ne tornava all’auto, quando vide che un ladro, disgraziato, rompeva il vetro e le rubava la borsa lasciata dentro. Poi si allontava di gran corsa a bordo di una Grande Punto. Senza dubbi, davanti alle foto segnaletiche mostratele dai carabinieri, anche lei riconobbe con certezza il Saccottelli. E arriviamo così allo scorso 24 febbraio. Perché questa volta a Ivano i carabinieri hanno scelto di comunicarlo solo alla chiusura delle indagini e per l’ennesima volta l’operaio è riuscito a provare la sua innocenza davanti al magistrato, sempre grazie ad un’alibi di ferro. Questa volta era in fabbrica. Una storia tanto incredibile, quella di Ivano, da sembrare surreale. Eppure, proprio a tempi.it, i colleghi della fabbrica Ilt Tecnologie Srl di Ponsacco, hanno confermato le cose: «Ivano ormai non lavora più qui perché intanto l’azienda ha avuto dei turn over: ma quel giorno era ancora qui, lo ricordiamo bene. È una brava persona ed è sicuramente innocente, non c’entra nulla lui con i furti». Tutta colpa di un sosia, che per disgrazia di professione fa il ladro e che il destino pare portare sempre nei dintorni di Ivano. L’operaio deve essersi ormai rassegnato al suo pirandelliano via vai dalle aule di giustizia. Così, dopo l’ultima assoluzione, con un che di ironico ha alzato una mano. Per porre solo una richiesta al giudice: «Per favore, almeno i carabinieri tolgano la mia immagine dalle foto segnaletiche. Non vorrei…».

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