Subito dopo l’attentato al settimanale satirico Charlie Hebdo, nel quale sono morte 12 persone a Parigi, i leader musulmani francesi hanno condannato senza appello la strage. «Ma tutte queste dichiarazioni mostrano un certo imbarazzo: essi sanno che non basta dire “Questo non c’entra con l’islam”. Perché i fatti danno loro torto». In un’analisi pubblicata su AsiaNews padre Samir Khalil Samir, gesuita arabo, docente di storia araba e islamologia all’università di Beirut, si sbarazza in poche righe delle critiche stupide (islam=terrorismo) ma non chiude gli occhi davanti ai fatti, cercando di capirne l’origine: «Almeno l’80% degli attacchi terroristi nel mondo avviene in nome dell’islam, per difendere la fede, il profeta… e questo stile si diffonde sempre di più, anche in Occidente».
«PRINCIPIO DELLA NON VIOLENZA». Secondo il docente, «l’islam dovrebbe affrontare a fondo le tematiche della modernità: l’interpretazione di fondo del Corano, la non violenza, la libertà di coscienza, ma nessuno osa farlo. Una prima cosa che varrebbe la pena accettare da parte di tutti è il principio della non violenza. Tutti i musulmani affermano che “l’Islam è pace”, che non è violento, ecc…» ma allora perché alle «scurrili» vignette di Charlie Hebdo si risponde «con la violenza? Perché a uno scritto non rispondere con uno scritto?».
MAOMETTO CON LA SPADA. Samir evidenzia quindi la presenza di un problema all’interno dell’islam: «In passato (nel 2006) Charlie Hebdo aveva presentato Maometto con una bomba al posto del turbante. Ma io dico ai miei amici musulmani: come rappresentate voi Maometto? Con la spada. Al museo di Istanbul vi sono addirittura due spade considerate appartenute al profeta. E l’Arabia Saudita, il Paese custode dei luoghi santi dell’islam, cosa ha sulla sua bandiera? Due spade (una nella nuova bandiera a fianco, ndr)! Allora io dico: quelli di Charlie Hebdo hanno solo modernizzato la figura di Maometto. Una volta vi erano le spade, oggi ci sono le bombe!».
«REINTERPRETATE IL PROFETA». Il punto è che «finché l’islam, invece di battersi contro gli altri – apostati, cristiani, occidente, atei – non farà un’autocritica e riconoscerà che il problema è al suo interno, non se ne verrà fuori e i Paesi islamici saranno sempre più caratterizzati dalla guerra fra di loro». Continua il gesuita: «Vorrei dire agli amici musulmani: affrontate, fate l’autocritica, ripensate l’islam per oggi, reinterpretate le parole del profeta. Anche nella Bibbia vi sono versetti che inneggiano alla guerra. Ma tutti noi comprendiamo che occorre reinterpretarle e non prenderle alla lettera».
LE COLPE DELL’OCCIDENTE. Samir non risparmia però neanche critiche all’Occidente e ai suoi politici, che rappresentano a loro volta una seconda faccia di un unico problema: «Il problema del rapporto con i musulmani c’è perché molti di loro non si vogliono integrare, dato che l’islam è un sistema, non solo una religione». Però «va detto che i politici europei non affrontano mai il problema. Essi dovrebbero dire ai migranti: siete benvenuti. Noi vi accogliamo fraternamente anche perché siamo di tradizione cristiana. Se volete, potete stare qui, ma dovete integrarvi, potete praticare la religione che volete o potete essere atei, ma dovete entrare nel sistema esistente qui, integrandovi dal punto di vista economico, politico, sociale».
«VAGA ACCOGLIENZA». «Purtroppo – conclude l’esperto – i politici preferiscono non mettere il becco e predicare solo una vaga accoglienza, ricacciando la cultura europea a livello privato». Per questo, ad esempio, si rifiutano di «controllare le moschee» come fanno «tutti i Paesi musulmani». Queste «non sono soltanto un luogo di preghiera» ma anche «un luogo d’indottrinamento e di indicazioni politiche, talvolta dannose verso la comunità. Quest’ultimo esempio mostra che purtroppo, di fronte alle pretese certezze dei gruppi islamici organizzati, vi sono ancora molte incertezze nel mondo occidentale».