
C’è un solo metodo per porre fine alla guerra tra toghe e politica

L’abbiamo scritto tante volte: quella di Mani pulite è una vicenda “conclusa ma non risolta”. Abbiamo consegnato alla storia una stagione politica, ma non abbiamo estirpato il virus moralizzante che da allora circola nelle nostre istituzioni, né riportato nei suoi corretti argini la funzione che deve essere esercitata dai magistrati.
Gli ultimi avvenimenti ne sono una conferma. È ormai assodato che l’atto del procuratore di Roma Giuseppe Lo Voi non era “dovuto”, ma “voluto”. Come ha scritto il Riformista, Lo Voi «aveva sì il dovere, sulla base dell’articolo 6 comma 1 della legge costituzionale numero 96, di trasmettere l’atto al Tribunale dei ministri. Ma solo dopo averne verificato sufficienti indizi perché si potesse procedere, alla luce dell’articolo 335 comma 1 bis del Codice di procedura penale».
Sul caso Almasri, non siamo complottisti e non crediamo alle ricostruzioni più fantasiose, ma bastano i fatti noti per capire che si è voluto e scelto di mettere in difficoltà il governo.
Di Pietro l’ha detta giusta
Il capo della polizia libica è sbarcato a Londra il 6 gennaio e poi ha girovagato per giorni, indisturbato, tra Belgio, Germania e Austria. Nonostante potesse esaminarla sin dal 2 ottobre, il procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja ha tenuto ferma la richiesta d’arresto fino al 18 gennaio, la notte in cui è scattato il mandato di cattura per Almasri, che aveva da poche ore varcato il confine italiano.
Coincidenze? Fate voi. Come anche sarà certamente una “coincidenza” che Lo voi abbia mandato un avviso di garanzia a Meloni, Mantovano, Crosetto e Piantedosi dopo che il governo gli aveva negato l’utilizzo dei voli di Stato.
Ma, al di là di questi casi, resta un fatto: Lo Voi ha scelto di non cestinare l’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, creando il “caso” di cui ancora si dibatte. Un esposto composto di poche righe, qualche ritaglio di giornale e per cui si sono ipotizzati i reati di favoreggiamento e peculato. E su questo tocca, forse per la prima volta nella nostra storia, dare ragione ad Antonio Di Pietro, che in un’intervista al Giornale ha spiegato:
«Ritengo che usare un aereo di Stato, da parte dello Stato, per ragion di Stato, non sia peculato».
«Il reato di favoreggiamento prevede che qualcuno, dolosamente, favorisca qualcun altro che ha commesso o è accusato di aver commesso un reato. Ripeto: dolosamente. In questo caso – a ragione o a torto – il governo ha compiuto un atto che riteneva nell’interesse dello Stato e dei cittadini. Quindi non c’è il reato».
Non c’è eversione
Per “risolvere” la stagione di Mani Pulite non esiste altra opzione che quella di “risolvere” l’equivoco secondo cui spetta al magistrato supplire alla politica. Possiamo discutere all’infinito sui cavilli e le norme, ma è questo il nocciolo della questione.
È una questione di “metodo” come l’ha chiamata il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano che, proprio in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Roma, colpito dalla protesta di alcuni magistrati che avevano lasciato l’aula, ha espresso parole chiare e di buon senso, andando dritto al cuore del problema.
I magistrati possono anche, liberamente, avere perplessità circa la riforma costituzionale della giustizia in corso di discussione in Parlamento, ma quel che non possono fare è sottrarsi al confronto con chi quella riforma – rispettando tutti i passaggi parlamentari – sta portando avanti. Non c’è nulla di eversivo in tutto questo. E va sempre ricordato che la riforma era uno dei punti programmatici esposti in campagna elettorale dal centrodestra.
Soprattutto, alcuni magistrati non possono usare le inchieste per “fare la guerra” a una parte politica che non condividono. Questo, sì, ha tutta l’aria di essere qualcosa di eversivo.
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3 commenti
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Ormai la caduta di stile della Magistratura, almeno nelle sue componenti “sndacali”, sta portando ad una vera e propria eversione con conseguente scomparsa dello stato di diritto
Angelo Cannizzaro
Apprezzo la serenità e la compostezza con cui Meloni, Mantovano, Crosetto e Piantedosi stanno affrontando i problemi connessi all’avviso di garanzia ultimamente da tutti e quattro ricevuto e condivido le puntuali osservazioni formulate dall’ex magistrato Antonio Di Pietro.
Michele Rizza.
Grazie Tempi perché continui a scrivere sulla giustizia.
È una tua battaglia fin da quando sei nato nel 1995.
Credo che ormai, dopo oltre trenta anni dai fatti di Tangentopoli, la Riforma Costituzionale della Giustizia convenga anche alla magistratura inquirente (i pubblici ministeri) e soprattutto giudicante (i giudici che emettono le sentenze).
La categoria è caduta talmente in basso che, in assenza della Riforma, andremo dritti spediti al trattarla come un qualunque avversario politico e a manifestare contro procedimenti e sentenze sotto i suoi sressi palazzi.
Guido Patrone (Torino)