Carcere e torture. Così la Cina cancella la memoria di Piazza Tiananmen
Nel 35mo anniversario del massacro di Piazza Tiananmen, a suon di repressioni, incarcerazioni e violazioni dei diritti umani il regime comunista cinese è quasi riuscito a imporre il silenzio totale sulla commemorazione della strage del 1989.
In quel 4 giugno, per soffocare la protesta pacifica degli studenti, il governo cinese diede ordine all’esercito di massacrare i giovani: tra le 300 e le 10 mila persone persero la vita.
«Riabilitate il 4 giugno»
Il 3 aprile, Xu Guang, nel 1989 leader del movimento studentesco dell’università di Hangzhou, è stato condannato a quattro anni di carcere. Già pluricondannato in passato per aver invocato una Cina democratica, nel 2022 si era presentato davanti alla stazione di polizia di Yuquan con un cartello: «Riabilitate il 4 giugno». Agli arresti da allora, è stato più volte torturato, incatenato mani e piedi e malmenato. Due mesi fa, è arrivata l’ennesima condanna.
L’obbligo del silenzio non riguarda solo i leader della protesta ancora in vita, ma anche i genitori degli studenti massacrati. Zhang Xianling, 86 anni, cofondatrice del movimento Madri di Tiananmen, non può uscire dalla sua casa a Pechino, guardata a vista da numerosi agenti di polizia per impedire che incontri chiunque e che rilasci interviste.
Contrariamente a centinaia di altre madri, Zhang ha la fortuna di avere una lapide su cui piangere il figlio, Wang Nan, uno dei pochi che ha ricevuto sepoltura. Ma le autorità le impediscono di andare sulla tomba del 19enne, freddato con un colpo alla nuca. Come disse Zhang a Tempi in un’intervista nel 2015, «noi chiediamo tre semplici cose al governo»:
«Che apra un’inchiesta e renda nota a tutti la verità sui fatti del 4 giugno; che pubblichi una lista completa delle vittime, chiedendo scusa secondo la legge e offrendo un compenso ai familiari; infine, che i responsabili del massacro vengano chiamati a rispondere davanti alla legge».
La mannaia dell’oblio cala su Hong Kong
Pechino non ha mai fatto concessioni ai genitori dei giovani che ancora oggi considera «ribelli» e «terroristi». E mentre generazioni su generazioni di cinesi crescono senza neanche sapere che nel 1989 nella piazza principale del paese è avvenuto un massacro – l’evento è censurato online e nei libri di storia – il regime estende l’oblio al di fuori della Cina continentale.
A partire dal 28 maggio a Hong Kong sono state arrestate otto persone, inclusa la giovane leader Chow Hang-tung, avvocato che si trova già in carcere, per aver scritto messaggi «sediziosi» su Facebook «alla viglia di una data sensibile». Tra i detenuti c’è anche la madre della giovane. Anche se le autorità non hanno diffuso dettagli, è probabile che la pagina Facebook incriminata abbia esortato la gente a ricordare il massacro del 4 giugno.
Gli otto arrestati sono le prime persone a essere colpite dall’Articolo 23, la nuova legge sulla sicurezza nazionale da pochi mesi adottata dal governo di Hong Kong, che aumenta a dismisura la persecuzione giudiziaria di ogni forma di protesta e dissenso contro i dettami del Partito comunista cinese.
Anche la Chiesa ridotta al silenzio
La longa manus del regime di Xi Jinping non colpisce solo gli attivisti. Nel novembre 2023, le autorità di Hong Kong non hanno rinnovato il visto alla docente sino-canadese di storia, Rowena He, professoressa presso l’Università cinese di Hong Kong, per aver scritto il libro: Esuli di Tiananmen, voci della lotta per la democrazia in Cina. Subito dopo il licenziamento della storica da parte dell’ateneo, il libro è stato rimosso dalle biblioteche dell’isola nel maggio 2023.
Fino al 2019, i cittadini di Hong Kong hanno assunto su di sé l’onore e l’onere di ricordare il 4 giugno, organizzando tutti gli anni dal 1989 una imponente veglia di commemorazione al Victoria Park. Con la scusa del Covid prima e in seguito all’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale poi, anche accendere una candela a Hong Kong può portare all’arresto. I leader dell’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti democratici patriottici della Cina, che organizzava l’evento, sono tutti in carcere e rischiano l’ergastolo.
Per il terzo anno consecutivo, neanche la Chiesa cattolica organizzerà la consueta messa per ricordare le vittime del 1989: «Siamo preoccupati che possa violare la legge sulla sicurezza nazionale», è stato comunicato ai media.
Taiwan ricorda le vittime di Piazza Tiananmen
Il testimone del dovere della memoria nel mondo cinese è stato dunque passato a Taiwan, dove quest’anno la Nuova scuola per la democrazia ha organizzato una mostra per commemorare il 35mo anniversario del massacro.
Inoltre, oggi a Taipei si terrà una veglia nel grande Democracy Boulevard antistante all’imponente memoriale di Chiang Kai-shek. Loretta Lau, artista scappata da Hong Kong, parteciperà alla manifestazione: «Dobbiamo preservare la memoria di ciò che è accaduto, così che il regime non possa cancellarla». Un compito essenziale «per continuare a batterci per la libertà e la democrazia».
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