«L’antimafia? Un business. La trattativa Stato-mafia? Una pagliacciata. Delegittimare lo Stato? Un’azione criminale». Ieri Panorama ha pubblicato un’intervista strepitosa a Sergio Di Caprio, il Capitano Ultimo, che vent’anni fa arrestò Totò Riina. L’intervista è tutta da leggere perché il mitico ufficiale dei carabinieri (celebrato anche in una nota fiction tv) parla senza peli sulla lingua di mafia, antimafia e processi “spettacolo”. Oggi De Caprio, 52 anni, è colonnello dei carabinieri e vicecomandante del Noe, Nucleo Operativo Ecologico. Ha messo in piedi una casa famiglia in cui ha accolto otto minori e sei detenuti minorenni.
L’ANTIMAFIA E’ UN BUSINESS. Ultimo dice che lo spirito dell’antimafia è stato tradito. E il primo a essere stato tradito è stato Giovanni Falcone. «Era lui che in solitudine e tra mille ostacoli portava avanti quelle battaglie di civiltà, di amicizia, di dignità, di giustizia». Ma «i suoi colleghi» lo hanno distrutto, lo hanno «indicato come bersaglio alla mafia. E Totò Riina ha saputo colpire. In questo senso, si possono considerare i mandanti morali delle stragi».
Oggi l’antimafia «viene usata per costruire carriere politiche, per assumere potere. È diventata spettacolo, un gran bel business per alcuni. Ci sono giornalisti che hanno fatto carriera all’interno del proprio giornale, gente che ci ha fatto proprio i soldi, altri ci fanno persino teatro: una vergogna, mangiano sulla memoria di chi è morto». Costoro sono come «i capi delle tifoserie», che hanno commesso «un reato morale gravissimo»: «Pensa alla felicità di Riina – dice De Caprio a Giorgio Mulè che lo intervista – a sentire chi delegittima lo Stato, chi insinua il dubbio fino a sporcare i massimi livelli istituzionali, fino alla presidenza della Repubblica. Te la faccio io una domanda: questo è o non è oggettivamente un favore alla mafia?».
De Caprio ha parole durissime contro questi «cattivi maestri»: «I giovani vedono tutti questi soloni che parlano, che scrivono che la mafia è tutto e ovunque, e sono confusi».
DIETRO RIINA C’E’ RIINA. Parlando con stima del suo maestro, il generale Mario Mori, recentemente assolto, Ultimo bolla la cosiddetta trattativa Stato-mafia come «una pagliacciata». Chi ne ha infangato il nome? Si tratta di «parecchie persone che da diversi agitando il suo nome e usando la loro funzione pubblica per fare politica, scrivere libri, partecipare a convegni, organizzare spettacoli»; costoro commettono atti «gravissimi». Perché «è giusto e doveroso ricercare la verità e le prove, diverso è screditare le istituzioni e le persone».
Infine, il colonnello esprime il suo parere sulla verità delle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: «Dietro Riina c’è Riina. Ritengo che minimizzare il ruolo di cosa nostra nelle stragi sia un’azione criminale e sia interesse strategico da parte di Riina e dei corleonesi».