L’idolo della sinistra Trudeau vuole una legge sovranista per controllare internet

Di Piero Vietti
05 Aprile 2023
Il governo canadese ha proposto una misura per costringere i servizi di streaming a dare priorità ai contenuti fatti in Canada. E censurare quelli sgraditi?
Trudeau internet
Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, vuole fare approvare una legge che costringa i servizi di streaming a dare la priorità a contenuti canadesi (foto Ansa)

Nei giorni in cui in Italia si ironizza – e mediaticamente ci si marcia molto – sullo stop del governo alla carne sintetica e sull’estemporanea proposta (non dell’esecutivo) di multare chi utilizza parole straniere in documenti ufficiali, rispolverando la consunta carta del fascismo, un campione del progressismo mondiale, idolo dei giornali che schifano le destre e ancora sono in lutto per la sconfitta di Sanna Marin, Justin Trudeau, compie una mossa che fa impallidire anche i sovranisti di stretta osservanza rampelliana: al Parlamento canadese, infatti, è in discussione l’Online Streaming Act del Canada, o disegno di legge C-11, una misura proposta dal governo che costringerebbe i servizi di streaming online a dare priorità ai contenuti canadesi.

L’algoritmo sovranista che piace a Trudeau

Un filtro istituzionale che faccia comparire agli utenti che dal Canada si connettono a YouTube e ad altri servizi di streaming innanzitutto i video “fatti in patria”. Al grido di “prima gli influencer canadesi!” Trudeau vuole interferire con l’algoritmo che in base alle preferenze degli utenti decide cosa mostrare o meno quando ci si connette, e imporgli di premiare i contenuti fatti dai canadesi per «proteggere il futuro della nostra cultura» (dixit Pablo Rodriguez, ministro del Patrimonio culturale). Curioso che succeda nel paese che, secondo il suo premier, è «il primo stato postnazionale» in cui «non esiste un’identità centrale, nessun mainstream».

Lo ricorda Rupa Subramanya su The Free Press, che si chiede: «Allora perché proprio Trudeau difende questa legge? C’è una spiegazione semplice e non ha nulla a che fare con i confini o la cultura». Il disegno di legge C-11 «è un disegno di legge sulla censura del governo mascherato da disegno di legge sulla cultura canadese», ha detto al sito di Bari Weiss Jay Goldberg, direttore della conservatrice Federazione dei contribuenti canadesi. «Il governo intende dare il potere alla Commissione sulla radio-televisione e sulle telecomunicazioni il potere di filtrare ciò che vediamo nei nostri feed di notizie, ciò che vediamo nei nostri feed in streaming, ciò che vediamo sui social».

Il rischio di censura della legge canadese

Nel disegno di legge ci sono molti passaggi sufficientemente vaghi da potere essere interpretati a piacere che con la scusa di proteggere artisti e grandi gruppi mediatici rischia di «aprire la porta a un’incredibile quantità di ingerenze invisibili sulla priorità delle ricerche online fatte in Canada», ha detto lo psicologo e star dei social Jordan Peterson. Peterson, che ha il peccato originale di essere un conservatore, sa che «la probabilità che il governo canadese aiuti a diffondere i miei contenuti nel mondo è zero». Non sorprende che sia proprio il governo di Trudeau, liberal illiberale, a volere una legge del genere: quando a inizio 2022 i camionisti canadesi hanno protestato contro l’obbligo di vaccino anti Covid, il primo ministro si è rifiutato di incontrarli, li ha definiti “nazisti” e “terroristi” e poi ha di fatto avallato la cancellazione dei loro account dal sistema di pagamento digitale PayPal.

I creator di contenuti la cui posizione politica non è in linea con quella del governo temono di essere censurati allo stesso modo, sottolinea Subramanya. «Ultimamente siamo diventati una terra di capri espiatori e di persone che puntano il dito, spargendo accuse e vergogna mentre crediamo di essere una società woke. Ciò a cui George Orwell diceva che dobbiamo resistere è la prigione dell’autocensura. Questo disegno di legge fa molto per costruire una tale prigione». Parole di David Richards, senatore di sinistra preoccupati come tanti altri liberal della deriva autoritaria che il governo del premier che piace ai salotti radical ha preso.

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