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La caduta dopo l’illusione. Il doppio fallimento di Eric Zemmour

L'ex polemista del Figaro che prometteva di stravolgere la destra e la politica identitaria in Francia è già diventato l'ennesima meteora. Analisi di un flop

Mauro Zanon
20/06/2022 - 6:27
Esteri
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Eric Zemmour
Il leader di Reconquete! Eric Zemmour (foto Ansa)

Parigi. C’è un clima tetro nel petit monde di ex frontisti, giovani nazionalisti e gollisti delusi che ha sostenuto il leader di Reconquête! Éric Zemmour prima alle elezioni presidenziali, poi alle legislative, che era convinto di aver trovato il nuovo De Gaulle, il salvatore della Francia, il messia di origini berbere, figlio dell’assimilazione, che avrebbe riscattato la “Grande Nation” dopo anni di decadenza e decostruzione.

I risultati deludenti di Zemmour alle elezioni

E invece, questa galassia di cui fa parte anche Marion Maréchal, la nipote di Marine Le Pen ed ex enfant prodige del Front national, deve ora fare i conti con un doppio fallimento, di quelli che fanno male: un risultato frustrante alle presidenziali con meno del 7 per cento dei suffragi raccolti, 16 punti percentuali in meno della rivale Marine, e una bérézina alle legislative di domenica scorsa, con un’eliminazione fin dal primo turno (Zemmour è arrivato terzo nella circoscrizione del Var, nel sud-est, con il 23,19 per cento delle preferenze, dietro il candidato macronista e quello del Rassemblement national che si scontreranno al ballottaggio questa domenica).

Nel quartier generale del Rassemblement national si assiste con una certa schadenfreude alla caduta rovinosa dell’ex giornalista del Figaro e opinionista di punta dell’impero mediatico di Bolloré, che durante la campagna elettorale aveva sbeffeggiato la madrina del sovranismo d’oltralpe: bollandola con disprezzo come una perdente nata, un’inetta, un’esperta di gatti più che di politica, più a sinistra del Partito socialista dal punto di vista ideologico.

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Il fenomeno Zemmour è già finito?

«I francesi si rendono conto che la strategia di Éric Zemmour è un’impasse perché è caricaturale, brutale, non offre alcun sbocco politico», ha dichiarato lunedì scorso il presidente ad interim di Rn, Jordan Bardella, in occasione di una conferenza stampa. «L’unico bilancio al suo attivo è aver preso il rischio di far qualificare Jean-Luc Mélenchon (presidente della France insoumise, la principale formazione della sinistra radicale, ndr) al secondo turno delle elezioni presidenziali. E di averci, forse, impedito di essere in testa al primo turno delle legislative in alcune circoscrizioni», ha aggiunto il delfino della Le Pen. Chissà se è veramente così o se anche la parabola lepenista è in fase discendente.

Di certo, il fenomeno Zemmour sembra già finito, anche se lui assicura che non tornerà a scrivere editoriali sul Figaro e a cannoneggiare su Cnews, la rete di informazione h24 di proprietà di Bolloré: resterà alla guida del suo piccolo partito che, alle legislative, ha ottenuto poco più del 4 per cento a livello nazionale. Zemmour è l’ennesima meteora della politica francese. È durata un autunno, quando i sondaggi, gonfiati dal battage mediatico, lo davano in ascesa, mentre la rivale, Marine, scendeva progressivamente. Poi ha iniziato a estremizzare i toni dimenticando di essere un candidato a un’elezione nazionale e non più un polemista da talk-show, a dire che avrebbe creato un ministero della Remigrazione e avrebbe spinto gli altri Paesi europei a innalzare dei muri alle frontiere: proposte incendiarie, divisive che hanno fatto fuggire gli elettori.

L’eccessiva ammirazione per Putin

Ma Zemmour ha pagato a caro prezzo anche la sua ammirazione ai limiti della devozione per Vladimir Putin, quando la Russia, lo scorso 24 febbraio, ha invaso l’Ucraina. Così come il dilettantismo dei suoi collaboratori, troppo giovani e inesperti per condurre una campagna presidenziale. E pensare che Jean-Marie Le Pen, fondatore del Front national, gli aveva “consigliato amichevolmente” di lasciar perdere per evitare figuracce, di continuare a fare il giornalista e a scrivere libri, di restare nella sua confort zone, quella che gli aveva sempre garantito la fama, il successo, la gloria.

«Le sue attività di polemista sono in contrapposizione con una candidatura alla presidenziali, perché il polemista taglia nel profondo, nella carne viva, mentre il candidato alle presidenziali è un guaritore, una persona aggregante», disse “Menhir” in un’intervista al Monde. Parole sagge di un veterano della politica, che Zemmour ha fatto finta di non sentire. Aveva promesso l’unione delle destre: ha invece contribuito a dividerle ancora di più.

«Per Zemmour e i suoi seguaci si tratta ora di fare una diagnosi, per quanto grave possa essere: l’avventura presidenziale e legislativa si conclude con un fallimento cocente, e nulla nel panorama politico sembra lasciare spazio alla comparsa di una nuova forza politica di destra, come se a furia di voler fare troppo l’unione si finisca per creare il vuoto», ha commentato Marc Eynaud sul sito di opinioni parigino Boulevard Voltaire. Senza deputati all’Assemblea nazionale, visto che nessuno dei candidati Reconquête! si è qualificato al secondo turno delle legislative, e senza mandato elettorale, Zemmour e i suoi accoliti potrebbero presto abbassare la saracinesca.

Tags: eric zemmourFranciamarine le pen
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