La guerra del Brasile a Musk è un attacco alla libertà di informazione

Di Paolo Manzo
24 Settembre 2024
Il blocco del social network X ordinato dal giudice Moraes nel Paese di Lula continua e colpisce con multe altissime anche i singoli utenti. E i giornalisti non riescono più a fare bene il loro lavoro. Cosa c'è di democratico in una misura così?
Brasile X Musk
Supporter dell'ex presidente brasiliano Bolsonaro in Piazza lo scorso 7 settembre ringraziano Elon Kusk e chiedono la caduta del blocco di X ordinato dal giudice Moraes (foto Ansa)

In Italia se ne è parlato poco, ma nel quinto paese più grande al mondo per superficie, il Brasile, da venerdì 30 agosto nessuno dei 22 milioni di utenti può più usare il social network X (ex Twitter). Neanche usando un VPN, ovvero una “rete privata virtuale”, un servizio che protegge la connessione internet e la privacy online, a meno che non voglia rischiare una multa da 50mila reais al giorno, 8.118 euro al cambio di oggi.

La notizia del blocco in Brasile era attesa visto che il giudice più discusso della Corte Suprema verde-oro (perché da 5 anni porta avanti un’inchiesta top secret sulle cosiddette “milizie digitali vicine all’ex presidente Jair Bolsonaro”, di cui nulla si sa), Alexandre de Moraes, aveva dato un ultimatum di 24 ore a X perché indicasse i suoi rappresentanti legali nel paese latinoamericano, pagasse tre milioni di euro e bloccasse 8 profili “bolsonaristi”, compreso un Senatore della repubblica.
Scaduto il tempo il giudice ha dato corso al procedimento rendendolo pubblico con un post sul profilo ufficiale della Corte suprema sullo stesso social network acquistato il 25 aprile del 2022 da Elon Musk. Un paradosso.

Lo scontro tra Moraes e Musk su X in Brasile

La disputa tra Moraes e Musk va avanti da tempo. Il 17 agosto scorso X aveva chiuso i suoi uffici in Brasile, licenziando tutti i dipendenti locali. All’epoca, la piattaforma aveva assicurato che avrebbe continuato ad essere disponibile per i 22 milioni di utenti in Brasile anche se «presto ci aspettiamo che il giudice Alexandre de Moraes ordini a X di chiudere in Brasile, semplicemente perché noi non osserviamo i suoi ordini illegali di censurare i suoi oppositori politici», aveva ammesso Musk sul proprio account X poche ore prima del blocco del 30 agosto scorso.

Nonostante la società abbia bloccato i profili richiesti, pagato le multe e nominato un rappresentante legale per consentire il ritorno di X in Brasile, venerdì scorso il giudice Moraes ha dato un ennesimo ultimatum, l’ultimo di cinque giorni, chiedendo «più documenti per dimostrare i suoi sforzi».

Una decisione «assolutamente illegale»

Da quattro settimane sulle reti social si osserva un’escalation dei toni, e molti leggono l’imposizione di una multa giornaliera così alta come una punizione per la popolazione che esula dallo scontro personale tra Moraes e Musk e come una lesione della libertà di espressione e di informazione: il blocco è arrivato in piena campagna elettorale per le amministrative del prossimo 6 ottobre.

Molti deputati hanno già chiesto l’impeachment del giudice con l’accusa di abuso di potere, un’ipotesi al momento irrealizzabile. Resta il fatto che secondo l’avvocato brasiliano André Marsiglia, esperto di libertà di espressione e diritto digitale, «è assolutamente illegale che una decisione giudiziaria sanzioni o punisca qualsiasi persona che non sia direttamente collegata al processo. È cioè illegittimo sanzionare terzi per una controversia che intercorre tra due soggetti. Questo è un principio di legalità base».

Così si danneggia la libertà d’espressione e di informarsi

Il reporter Rodrigo da Silva sottolinea invece che «X è, tra le altre cose, un canale usato per le dichiarazioni ufficiali delle autorità di tutto il mondo, e molte di queste dichiarazioni non sono disponibili per i giornalisti brasiliani che hanno bisogno di accedere a questi contenuti per il loro lavoro. Joe Biden, ad esempio, si è dimesso dalla presidenza degli Stati Uniti con un tweet, che è la fonte primaria di una dichiarazione, come può un giornalista confermarla al pubblico senza violare la decisione di Moraes? Negli Stati Uniti è in corso una campagna presidenziale in questo momento. Kamala, Trump, Walz e Vance sono su X ogni giorno, sostenendo le loro posizioni. Consultarli è compito di chi racconta questo importante evento. Ecco perché la decisione di Moraes non è solo un attacco a X. È un attacco diretto alla libertà di espressione. È un attacco diretto alla libertà di stampa e, come tale, è anche un attacco frontale alla democrazia».

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Non a caso, molti siti web o giornali ora pubblicano informazioni su X utilizzando i loro corrispondenti fuori dal Brasile. Un guaio anche per i corrispondenti esteri che coprono tutta l’America latina, visto che, Brasile e Venezuela a parte, tutti gli altri governi della regione, compresa la dittatura comunista di Cuba, danno le loro dichiarazioni in tempo reale proprio su X.

Il Brasile di Lula contro Musk come Iran, Pakistan e Venezuela

Per la cronaca, persino in Cina o in Russia, dove pure X è bloccato, chi usa il VPN non rischia di finire sul lastrico come in Brasile. Le pene sia a Pechino che a Mosca per chi fa post sgraditi ai due regimi sono “altre”, anche se non pari a quelle della Corea del Nord, dove chi è scoperto ad usare con VPN l’ex Twitter, se non appartiene alla nomenklatura presidenziale, scompare nel nulla.

Pochi i paragoni possibili con altri paesi al mondo che hanno bloccato X, ovvero l’Iran, il Pakistan, il Turkmenistán, il Venezuela di Maduro e Myanmar. Una compagnia pessima per la «difesa della democrazia» di cui tanto si parla nel Brasile di Lula.

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