<<Non è un mistero, abbiamo tutti il nostro “Panta Rei” personale. Gli avvenimenti mutano la nostra percezione della realtà e dei fatti. Visivamente, potrebbe sembrare un paradosso, ma quello che abbiamo visto o “notato” un giorno potrebbe trasformarsi un attimo dopo. La vista si modifica: luce – ombra. L’occhio cambia con gli anni. Più anni meno luce. Pre – giudizi: abbiamo della realtà una fotografia già scattata nel nostro cervello, ci aspettiamo cosa, con certezza. Molte mostre di fotografie confermano i nostri giudizi. Sappiamo cosa vedremo…>>. Con queste parole Gianmaria Giorgi introduce la mostra fotografica, che sarà aperta al pubblico presso il suo studio a Milano, in Viale Abruzzi 67 (ore 15-19 o su appuntamento), dal 21 novembre al 10 dicembre 2014, intitolata Cambia stile di vita. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare qualcosa in più.
Che significa per lei “Cambia stile di vita”?
Cambia stile di vita é una opportunità che ci offre il nostro sguardo di indagare il mondo. Un modo personale e unico di interpretare la realtà e, forse, un auspicio a superarla. Il processo fotografico ne é un mezzo, perfetto, con una lettura personale, quella del fotografo, aperta.
I visitatori saranno accolti nel suo studio e non in un ambiente esterno. Quanto è importante scavare nell’intimità per capire il cuore e la testa di un fotografo?
E’ una occasione di far conoscere in modo più personale il proprio lavoro, forse più intimo, anche se non penso all’intimità come veicolo interpretativo, piuttosto il fotografo é un interprete che apre la strada verso l’immagine. Il tentativo è di rifondare un linguaggio, un linguaggio aperto.
Come mai la scelta del bianco e nero?
Il bianco e nero e soprattutto la sua lavorazione, con tempi giurassici rispetto al digitale, permette una sorta di “lievitazione simbolica” all’immagine, che deve vivere autonomamente. Se l’immagine “funziona” esce dal contesto delle scatto e vive di vita propria. Solo tempi lunghi lo permettono, a volte può capitare di non ricordare neppure dove hai scattato. Resta lei, l’immagine, ed i significati che vorremo darle … Inoltre la “povertà” della gamma cromatica isola il soggetto più intensamente dal contesto. Ma é una scelta personale, molto personale. Io sono molto lento.C’è qualche ricordo in particolare che le è venuto in mente e le ha provocato una grande gioia dopo aver scattato una foto?
Non amo il sentimentalismo fotografico e penso che uno dei motivi principali del disinteresse per l’immagine sia proprio il suo utilizzo come veicolo pubblicitario di sentimenti, emozioni, paesaggi “romantici” preconfezionati. Mi interessa il linguaggio e la costruzione temporale dell’immagine come simbolo, aperto al sentimento di ognuno di noi. Mi emoziono guardando una immagine di qualcuno a cui ho voluto molto bene e non c’é più, ma non è detto che sia una mia immagine.