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«Auto elettriche? La scelta europea è ideologica e neosovietica»

L'eurodeputato Massimiliano Salini (Fi-Ppe) spiega perché lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel è «una follia che va bloccata». «Letta e il Pd, sempre più populisti, l'hanno approvato: pensavo avessero a cuore i lavoratori»

Leone Grotti
10/06/2022 - 6:27
Ambiente
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Il Parlamento europeo a Strasburgo vota il provvedimento sulle auto elettriche

«Ideologico, neosovietico, populista, staccato dalla realtà». Non potrebbe essere più netto Massimiliano Salini per commentare il provvedimento approvato mercoledì dal Parlamento europeo, che vieta dal 2035 la vendita di auto nuove a benzina, diesel o metano, autorizzando solo quella di veicoli elettrici. L’eurodeputato del Partito popolare europeo, eletto con Forza Italia, in un’intervista a Tempi punta soprattutto il dito contro «la sinistra populista, ben rappresentata in Italia da Enrico Letta, che agita la paura irrazionale di una imminente catastrofe ambientale per imporre dall’alto una rivoluzione industriale impraticabile e pericolosa».

Salini, perché considera il voto del Parlamento europeo un errore?
Perché consentire solamente la vendita di auto nuove elettriche dal 2035 è contrario alle più evidenti e ragionevoli metodologie utilizzate in ambito industriale per assicurare produzioni sostenibili.

Perché?
Guardiamo banalmente a che cosa avviene in Cina
: è il paese con più auto elettriche al mondo, che allo scarico non producono emissioni di Co2. Pechino però continua a produrre energia elettrica con le centrali a carbone. Se anche il paese riducesse a zero le emissioni in atmosfera delle auto, vendendo solo veicoli elettrici, di fatto aumenterebbe a dismisura le emissioni di Co2 alla fonte.

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È un paradosso.
Certo, ma è assurdo che il Parlamento europeo non lo prenda in considerazione perché così si rischia di vanificare tutta la fatica fatta nel corso dell’ultimo decennio per realizzare carburanti alternativi sostenibili, compatibili con il motore a combustione interna che adesso si vuole mandare in pensione.

Accadrà tra 13 anni esatti.
Un passaggio all’elettrico così repentino produrrà enormi tensioni sociali. Il settore dell’automotive legato al motore a combustione interna impiega, tra lavoratori diretti e indotto, 12 milioni di persone. Centinaia di migliaia di loro potrebbero perdere il posto nei prossimi anni. Imporre una simile trasformazione dall’alto è un modo di agire neosovietico.

Addirittura?
Sì, stravolge la cultura economica europea, che non evolve a suon di target irrealizzabili imposti dall’alto. In Europa le transizioni sono sempre nate dal basso. Questo provvedimento è populista perché per convincere i cittadini della sua bontà viene utilizzata la paura. Non dello straniero, come avvenuto per altri populismi, ma di una imminente catastrofe ambientale, per altro additando l’uomo e l’impresa come principali responsabili. È una visione molto grave, alla quale il Ppe e Forza Italia si sono opposti con decisione.

Chi ha spinto invece per la sua approvazione?
La sinistra, che mercoledì a Strasburgo non ne ha azzeccata una.

Si riferisce all’affossamento della riforma del sistema Ets e a quella sull’introduzione del Cbam?
Certo, in commissione Ambiente avevamo trovato un compromesso sulle quote di emissione gratuite di cui attualmente godono le industrie più energivore. Diminuire le quote in modo graduale, fino a eliminarle nel 2034. Così sarebbe stato possibile coniugare transizione ecologica e sostenibilità industriale.

E poi cos’è successo?
La sinistra più capricciosa e ideologica dal punto di vista ambientale si è alleata con la destra respingendo l’accordo. Un errore grave commesso, per quanto riguarda l’Italia, dal Pd, che si è alleato con Lega e Fratelli d’Italia. È un passo indietro, perché in questo modo non si tutela la nostra manifattura che, vorrei ricordarlo, è già tra le più sostenibili al mondo dal punto di vista ambientale. Speriamo che il nuovo negoziato in commissione non vada verso compromessi ancora più ideologici.

Le destre italiane protagoniste in negativo in Europa. Con i loro emendamenti hanno ottenuto di stravolgere e affossare il piano contro il #CambiamentoClimatico #Fitfor55. Noi coerenti a favore dell’ambiente. Le destre contrarie. Noi per il #green, le destre per il #nero fossile.

— Enrico Letta (@EnricoLetta) June 8, 2022

Eppure ieri Enrico Letta ha twittato: «Le destre italiane protagoniste in negativo in Europa. Con i loro emendamenti hanno ottenuto di stravolgere e affossare il piano contro il cambiamento Climatico. Noi coerenti a favore dell’ambiente».
Forse il segretario del Pd non si è accorto che il suo partito a Strasburgo ha votato insieme a quelle destre che ora accusa e contro l’accordo di compromesso razionale e ragionevole che si era trovato in commissione grazie al Ppe. Questa nuova versione di Letta populista, che agita la fine del mondo colpevolizzando le imprese, è interessante e dice molto sull’evoluzione antropologica della sinistra in Italia. Mi ricordavo che il Pd e la sinistra avessero a cuore il lavoro e i lavoratori, probabilmente mi sono distratto negli ultimi anni.

Tornando alle auto elettriche, dobbiamo rassegnarci alla catastrofe o si può ancora fare qualcosa?
La partita non è ancora finita, perché ora la proposta dovrà essere discussa da Commissione, Parlamento e Consiglio europeo per arrivare a un testo comune. L’obiettivo è che in sede di Consiglio si formi una minoranza di blocco che imponga di ridiscutere la direttiva approvata.

È una possibilità concreta?
Ne parlavo giusto ieri con alcuni colleghi tedeschi: sono in tanti a essere d’accordo. A leggere le dichiarazioni del ministro Roberto Cingolani («basta con la propaganda su rinnovabili e auto elettriche»), inoltre, mi sembra che il governo Draghi sia in linea con il Ppe. Questa follia va bloccata, con buona pace di Letta.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Ambienteauto elettricheCinaClimaemissioni co2enrico lettaforza italiamassimiliano saliniPdppeUnione Europea
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