Auto elettriche. anche Francia e Germania si ribellano all’Ue
L’obbligo di vendere solo auto elettriche nuove a partire dal 2035 in Unione Europea non ha fatto infuriare solo i responsabili del settore automotive in Italia. Una levata di scudi contro la direttiva approvata settimana scorsa dal Parlamento di Strasburgo c’è stata anche in Francia e Germania.
«Distruzione industriale dell’Europa»
Il presidente del sindacato francese dei produttori di automobili (Pfa), Luc Chatel, ha dichiarato che la messa al bando dei veicoli a motore endotermico rappresenta «un salto nel vuoto» che porterà alla «distruzione industriale». «Chi acquisterà inoltre le auto elettriche? Non dimentichiamo che costano il doppio rispetto a quelle con motore endotermico».
La Francia è uno dei paesi dove la direttiva, dal punto di vista ambientale, potrebbe avere più successo visto che l’energia elettrica è prodotto al 75% da centrali nucleari. Ma il pericolo principale, secondo il Pfa, è che i veicoli a motore endotermico non scompariranno, semplicemente quelli delle case automobilistiche europee verranno rimpiazzati da quelli usati provenienti dalla Cina. «Il voto europeo non fa che aprire le porte all’invasione cinese».
Anche la Germania contro le auto elettriche
I rappresentanti dell’industria automobilistica tedesca la pensano allo stesso modo. La decisione del Parlamento europeo, ha dichiarato Hildegard Muller, presidente dell’associazione dei produttori di auto (Vda), «è contro i cittadini, contro il mercato, contro l’innovazione e contro le moderne tecnologie». Sul piede di guerra anche l’associazione degli automobilisti tedeschi (Adac), secondo cui «non è possibile raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici previsti nei trasporti soltanto con la mobilità elettrica».
Per comprendere la ragionevolezza delle proteste dei principali paesi manifatturieri in Europa basta guardare cosa sta accadendo in Cina. Il Dragone è leader nella produzione e nella vendita di veicoli elettrici, può vantare di aver messo su strada il maggior numero di auto elettriche al mondo, ma in nessun modo questo trend ha portato a vantaggi di tipo ambientale.
Nuove centrali a carbone per la Cina
Pechino infatti continua a puntare sul carbone per la produzione di energia elettrica, vanificando così a monte i vantaggi che a valle si ottengono dallo stop alle emissioni di Co2 allo scarico. La Jinneng, il secondo produttore di carbone in Cina, ha aumentato la produzione nel 2021 a 380 milioni di tonnellate, superando in alcune miniere il limite consentito del 400 per cento.
Solo nei prossimi tre anni l’azienda costruirà tre nuove centrali a carbone per produrre fino a 10 gigawatt di energia elettrica, un aumento pari all’intera produzione di energia elettrica da carbone del Regno Unito. Solo nelle prime sei settimane del 2022, rivela il Financial Times, la Cina ha approvato nuove centrali a carbone per una produzione totale di energia elettrica pari a 7,3 gigawatt. La costruzione di nuovi impianti conoscerà un’ulteriore espansione dopo che a maggio il Consiglio di Stato ha autorizzato le aziende statali a investire nel settore oltre 1,5 miliardi di dollari.
Alcuni analisti, tra i segnali positivi provenienti dal Dragone, fanno notare che la Cina ha finalmente messo a punto un sistema di quote di emissione simile a quello dell’Unione Europea. Il problema è che una quota, pari a una tonnellata di Co2, costa 8,90 dollari, mentre nell’Unione Europea il suo prezzo è 85,50 dollari, dieci volte tanto.
Il clima è un problema globale
Se l’Ue non affronterà con i diversi paesi membri il nodo della produzione dell’energia elettrica da fonti pulite non otterrà la riduzione prevista di emissioni di Co2 dalla conversione della mobilità all’elettrico. Se poi non concorderà con la Cina un piano credibile di riduzione delle emissioni inquinanti – perché quello climatico è un problema globale e non locale – Bruxelles rischia di pianificare la «distruzione industriale» dell’Europa senza portare vantaggi al clima.
Foto Ansa
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