Articolo 18 o non articolo 18? Questo è il problema. Il dilemma messo in rilievo dallo scontro tra le forze sindacali e il Governo presieduto da Mario Monti mostra una frammentazione all’interno dei partiti. Le idee presenti nel panorama parlamentare sulle tematiche legate alla riforma del mercato del lavoro mostrano negli aggregati politici posizioni molto distanti.
Il caso più eclatante risiede nel Partito Democratico nel quale si possono trovare idee molto discordanti. La linea più tradizionale – e che rievoca maggiormente la genesi storica del Pd – si rende manifesta nel responsabile per l’economia del partito, Stefano Fassina, che ritiene indiscutibile una nuova disciplina sull’articolo 18. Di tutt’altra opinione è la posizione del senatore Pietro Ichino, amico di Marco Biagi ed esperto di diritto del lavoro, che, a causa delle sue proposte riformiste, è obbligato da anni a vivere sotto scorta. La posizione di Ichino all’interno del partito di Bersani ha acquistato una posizione importante grazie agli appoggi dei veltroniani e dei giovani riformisti democratici: da Matteo Renzi ai Tea Party. I popolari rappresentano una terza linea, meno incisiva dei riformisti e maggiormente inclinata alla concertazione, visti gli ex cislini presenti nel partito come l’onorevole Sergio D’Antoni e il senatore Franco Marini.
Il giudizio sul tema del lavoro è unanime all’interno del Pdl, ma si possono trovare differenti flessioni. Tra i parlamentari provenienti dalle file di Forza Italia, l’area preponderante è quella dei liberali, cattolici e non, rappresentati dalle dall’esperto in materia Giuliano Cazzola, che appoggiano una revisione in toto dell’articolo. Anche i socialisti riformisti del partito di Silvio Berlusconi, seppur con maggior prudenza, sono favorevoli a modifiche sostanziali sulla reintegrazione al posto di lavoro. C’è infine una minoranza interna al partito, di discendenza democristiana, che sostiene la riforma, ma attraverso il metodo della concertazione.
Tra gli ex di Alleanza Nazionale, i vecchi colonnelli di Gianfranco Fini si sono perfettamente integrati nel Pdl: i maggiori esponenti, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa, sono iscrivibili nell’area liberale. Solo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno e il presidente della regione Lazio, Renata Polverini, a causa del loro legame con il mondo della destra sindacale potrebbero essere una voce fuori dal coro, ma senza creare contrasti all’interno del partito.
Le opposizioni (Lega e Idv) proseguiranno compatte nel loro giudizio negativo sulle riforme dell’articolo.
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