L’Arabia Saudita condanna a morte un musulmano per apostasia. La rivoluzione dell’islam non può partire da qui

Di Leone Grotti
24 Febbraio 2015
La sentenza è arrivata il giorno successivo alla richiesta, fatta alla Mecca, da parte della massima autorità del mondo musulmano sunnita di «un radicale ripensamento dell'insegnamento religioso»

arabia-saudita-bandieraAhmed al-Tayeb, numero uno della moschea universitaria di Al-Azhar, ha sostenuto la «necessità di un radicale ripensamento dell’insegnamento religioso». La massima autorità religiosa del mondo musulmano sunnita ha condannato le «cattive interpretazioni del Corano e della Sunna» che causano il terrorismo e si è detto preoccupato, al pari del Gran Muftì dell’Arabia Saudita, Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah, «delle azioni dei terroristi che distorcono grandemente l’immagine dell’islam all’estero». «Bisogna smettere di definire i musulmani “infedeli”», ha aggiunto.

ISLAM CONTRO IL TERRORISMO. Queste parole sono state pronunciate alla Mecca in apertura di un forum di tre giorni intitolato “L’islam e la campagna contro il terrore”, organizzato dalla World Muslim League. Tra gli illustri relatori hanno sfilato anche il nuove re saudita Salman e il suo ministro degli Esteri Saud bin Faisal, che si è vantato di aver organizzato il «primo summit internazionale contro il terrorismo già nel 2005».

MORTE PER L’APOSTATA. Tralasciando il momento in cui Al-Tayeb ha sostenuto che tutte le tribolazioni del Medio Oriente «dipendono da un complotto del sionismo internazionale», anche condividendo molte delle dichiarazioni fatte, il luogo dove sono state rilasciate non può non stridere e sollevare qualche legittimo dubbio.
Proprio oggi in Arabia Saudita (che secondo molti osservatori ha in parte finanziato l’Isis) un ragazzo sulla ventina è stato condannato a morte per apostasia. Come riportato da Saudi Gazette, l’uomo ha pubblicato un video nel quale strappa le pagine del Corano e le calpesta. «La sentenza di morte è stata emessa dopo che la sua apostasia è stata dimostrata. Questo si è sempre fatto fin dai tempi del Profeta e ci sono molteplici versi coranici su questo».

QUALE CREDIBILITÀ? Il Corano non si calpesta. Ma condannare l’estremismo religioso e le «cattive interpretazioni» dallo stesso paese che, un giorno dopo questi discorsi, condanna a morte un uomo perché non vuole più credere in Allah, mina la credibilità dell’intero discorso. Chiedere una rivoluzione educativa dall’Arabia Saudita (qui un ritrattino della monarchia estremista) e non dire una parola a favore della libertà religiosa, come se uccidere un uomo perché è un apostata non fosse violento tanto quanto uccidere un musulmano perché «infedele», davvero non può bastare.

@LeoneGrotti

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5 commenti

  1. Sascha

    Cosa volete che venga dal deserto saudita? Avete presente il deserto: arido, senza vita, spietato? L’ambiente naturale condizione la vita e la mentalità di chi lo abita

    1. Raider

      La rivoluzione dell’Islam può partiree anche da queste parti in via di islamizzazione. Un ragazzo blasfemo in Arabia Saudita vale una Asia Bibi in Pakistan e nei Paesi in cui sono in vigore leggi come quelle su blasfemia, apostasia e inferiorità giuridica di non islamici e donne. Gli islamici applicano le loro leggi contro la blasfemia nell’Islamistan e quelle contro la satira da noi. Se non rivedono le loro leggi, facciamo rispettare le nostre, i nostri usi e le nostre tradizioni almeno a casa nostra, fintanto che è casa nostra e non è ancora dar el Islam, la casa dell’Islam.

      1. Sascha

        Qui si parla dell’Arabia Saudita non di altri paesi o di noi. Ogni società ha le sue dinamiche, quella saudita si caratterizza per un ferreo conservatorismo religioso e non ci sono segnali che indichino un’inversione di tendenza al momento.

        1. Raider

          Si parla dell’Arabia Saudita, Sascha, ma per auspicare una rivoluzione dell’intero Islam: e dunque, riguarda chiunque a abbia a che fare con l’Islam, specie ora che ha messo su casa e moschea anche nell’Ue.

  2. paolo

    ma chi è che chiama i musulmani “infedeli” ?

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