La preghiera del mattino

Allo sfascio d’Italia mancavano solo gli intrighetti tra Grillo e Draghi alle spalle di Conte

Beppe Grillo
Il “garante” del M5s Beppe Grillo (foto Ansa)

Su Formiche Benedetto Ippolito scrive: «In definitiva, non portare dentro il centrodestra le disgregazioni particolaristiche tipiche del centrosinistra è quanto gli elettori di Meloni, Salvini e Berlusconi si attendono. Creare e rafforzare l’unità dell’Italia liberale e conservatrice è invece quanto serve oggi all’Italia intera per far fronte alla crisi economica interna e alla crisi internazionale estera. Se, dunque, l’operazione centrodestra non riuscirà, non ci saranno scuse: la colpa cadrà impietosa soltanto sui politici».

Il centrosinistra con la crisi storica di Pci, Psi e sinistra Dc ha scelto di essere più partito di establishment che di popolo e può permettersi il lusso di disgregarsi senza perdere troppo potere. Nel centrodestra contano molto i sentimenti di un popolo ma alla fine maltrattare gli establishment che si sono riusciti a determinare (gli Albertini, i Brugnaro, le Moratti, i Bucci, i Frattini ma anche i perseguitati Formigoni e Cuffaro, e così via) impedisce di svolgere una funzione nazionale adeguata.

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Su Dagospia si traduce dal Daily Mail: «Non c’è giorno che passa senza che Joe Biden ci regali una piccola gaffe, tanto da sollevare spesso dubbi sulle sue capacità mentali. Così è successo ieri, quando, durante un incontro con i dirigenti dell’industria eolica alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti ha mostrato per sbaglio a favore di telecamera il bigliettino che il suo ufficio gli aveva preparato con le indicazioni sul da farsi. L’elenco era composto da più punti, con istruzioni come “prendi posto”, “fai brevi commenti”, “te ne vai”».

Sleepy Joe ricorda sempre di più l’ultimo Leonid Breznev, descritto da certe storielle dell’era sovietica: “Il segretario del Pcus è nel suo ufficio al Cremlino, bussano alla porta, l’assistente del segretario si precipita e gli passa un biglietto. Breznev lo apre e lo legge ad alta voce: Avanti!”.

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Su Open Alessandro D’Amato scrive: «Il premier Mario Draghi ha chiesto a Beppe Grillo di rimuovere Giuseppe Conte dalla guida del Movimento 5 stelle. Parola di Domenico De Masi, sociologo e coordinatore scientifico della scuola di formazione grillina. Il professore ne ha parlato a Un giorno da pecora e in un’intervista al Fatto quotidiano. Nella quale ha raccontato che l’inquilino di Palazzo Chigi si sente spesso con il garante M5s. “Mi ha spiegato che il premier gli manda messaggi sulle cose da fare e sul rapporto da tenere con il governo”, dice. Secondo Grillo i due si capiscono bene “perché sono due nonni”. E in una delle telefonate Draghi avrebbe chiesto a Grillo di rimuovere Conte “perché è inadeguato”. Intanto i grillini si interrogano sulla possibilità di restare ancora nel governo. E c’è chi apre alla possibilità di uscire e garantire soltanto un appoggio esterno».

La disgregazione italiana proseguirà implacabile fino a quando la nostra politica sarà dominata da una gestione dall’alto arricchita da intrighetti e collusioncine, senza quella legittimità che solo il voto popolare le conferisce. In questo senso le forze che a destra e a sinistra hanno ancora una qualche vocazione nazionale dovrebbero chiedere che si voti almeno nel febbraio del 2023.

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Su Huffington Post Italia si scrive: «Funzionari della Casa Bianca hanno confidato in privato alla Cnn i loro dubbi sul fatto che l’Ucraina possa recuperare non solo il territorio delle repubbliche secessioniste del Donbass e la Crimea, ma anche il territorio conquistato dalle truppe d’invasione russe a partire dal 24 febbraio. I consiglieri del presidente Joe Biden hanno quindi cominciato a discutere sull’opportunità che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “moderi le sue aspettative su quello che le forze ucraine possono realisticamente ottenere”, probabilmente anche accettando l’idea che il territorio ucraino possa ridursi irreversibilmente».

Mentre i vassalli di Washington si scalmano ancora, nel cuore dell’impero si ragiona – come ha spiegato Henry Kissinger – sul cuore della vicenda: quando si fa una guerra, bisogna sapere quali sono gli obiettivi realistici da raggiungere.

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