
«Algeria? Le nuove Al Qaeda fanno paura e sono molto vicine. Ora la Francia paga la guerra in Libia»
Trenta morti, trentaquattro morti, sette stranieri, forse di più, ostaggi liberati, forse non tutti. Sono molte confuse le notizie che arrivano dall’Algeria dove un gruppo di terroristi, per rappresaglia all’intervento francese in Mali, è entrato in uno stabilimento di estrazione del Gas della Bp e ha preso in ostaggio oltre cento persone, tra cui inglesi, francesi, americani, giapponesi e molti algerini. Il governo algerino si è rifiutato di trattare con i terroristi islamici e ha fatto un blitz in solitaria per liberare gli ostaggi. «Purtroppo non c’è niente di certo sull’esito» spiega a tempi.it Fausto Biloslavo, giornalista e inviato di guerra. «Gli algerini dicono una cosa, i terroristi un’altra, europei e americani un’altra ancora. C’è confusione sul numero dei morti e sulla sorte degli ostaggi. Ci vorrà qualche giorno per capire. Però degli ostaggi sono certamente morti e bisognerà capire se i terroristi ne hanno ancora qualcuno e se si trovano ancora nello stabilimento oppure no».
Che cosa c’è di certo?
L’unica cosa sicura è l’incredibile rapidità di questo attentato: dopo l’intervento francese in Mali la zona del Sahed-Maghreb si è subito mobilitata e in Algeria è stato messo a segno un colpo di rappresaglia più unico che raro. Soprattutto, ripeto, nella tempistica. La rappresaglia, infatti, non è avvenuta a 5 mila chilometri di distanza in linea d’aria in Afghanistan ma alle porte di casa, a un passo dal Mediterraneo.
Questo ci dice che Al Qaeda si è rafforzata?
Questo dimostra che da tempo Al Qaeda è un marchio in franchising che viene utilizzato a destra o a manca, spesso senza motivo. Questi sono nuovi gruppi terroristici che al loro interno hanno combattenti che sono stati in Afghanistan, ci sono collegamenti magari con lo Yemen ma queste sono nuove Al Qaeda, diciamo così. Sono cioè nuovi gruppi terroristici che hanno trovato un loro territorio anche molto vasto che riguarda l’Africa e non più l’Asia. E l’Africa è alle porte del Mediterraneo. Ecco la novità e la certezza. Ci sono tanti gruppi nuovi, come Boko Haram in Nigeria, Mujao in Mali, Ansar Dine, che dimostrano come l’Africa al nord dell’equatore sia diventata un terreno di coltura delle nuove Al Qaeda.
Chi è stato di preciso a organizzare l’attentato in Algeria?
È un gruppo armato che si è dato un nome molto forte, i “Fedeli del sangue”, e che sembra collegato a Belmokhtar, uno dei capi più famosi dell’Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico, ndr), seppur scissionista. È un personaggio guercio come il Mullah Omar e come lui ne ha combinate di tutti i colori e ha le mani in tanti traffici.
Il premier inglese David Cameron si è lamentato di non essere stato informato del blitz algerino per liberare gli ostaggi. Queste cose, dunque, non succedono solo all’Italia?
È vero, questa volta anche gli inglesi non sono stati informati. Nel nostro caso sono stati gli inglesi a non averci informato del blitz in Nigeria in cui poi è morto l’ingegnere Franco Lamolinara, insieme all’inglese Chris McManus. Questa volta è toccato a loro e agli americani.
Nel caso di Lamolinara si diceva che l’Italia contava troppo poco. Vale anche per il Regno Unito?
Il problema qui sono gli algerini, molto suscettibili, anche per motivi storici, ad interventi esterni. Non accettano in alcun modo interventi esterni se non in appoggio. Gli americani, ad esempio, hanno sorvolato probabilmente con i droni lo stabilimento per capire gli obiettivi da colpire. Ma non vogliono altri tipi di intrusioni, non vogliono l’intervento di altri eserciti. Il risultato alla fine è che siccome loro non vanno per il sottile, è stata una mattanza.
Il numero delle vittime non è ancora chiaro. È stato un blitz condotto male?
No, non credo. Il punto è un altro: questa fine è inevitabile se decidi di attaccare. Anche perché noi parliamo solo degli ostaggi occidentali, ma in tutto saranno stati più di cento. Senza contare che lo spazio dello stabilimento è enorme e che i terroristi sono veterani, pronti a morire. Diciamo che nel momento in cui decidi di non trattare sai che vai incontro a una mission impossible. Speriamo che i morti siano pochi ma non sarebbe potuto avvenire niente di diverso.
Dopo il blitz il presidente francese Hollande ha dichiarato che «l’intervento in Mali si dimostra sempre più necessario». È così?
Penso che l’intervento in Mali sia necessario e che Hollande abbia accelerato tutto perché queste bande dal nord del paese stavano per raggiungere la capitale. Sono però convinto che non possiamo dimenticare da dove nasce questa rivolta: molti Tuareg che si sono votati alla causa dell’islam sono arrivati dalla Libia di Gheddafi con armi e bagagli dell’arsenale del dittatore, hanno acquistato altre armi con i riscatti per i rapimenti degli occidentali e grazie ai traffici di droga. Le armi con cui fanno guerra al Mali sono tutte libiche. Ma chi ha voluto buttare giù Gheddafi e intervenire in Libia a tutti i costi? Il presidente francese Sarkozy: gli interventismi e le guerre si pagano, ora i nodi della Libia vengono al pettine del Mali. Hollande oltre a dire perché è giusto debellare la minaccia, dovrebbe anche ricordare a tutti da dove deriva e perché.
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