Perché le accuse di Putin alla Turchia di comprare petrolio dall’Isis sono fondate

Di Leone Grotti
01 Dicembre 2015
Erdogan ha sfidato la Russia a fornire le prove. Un'indagine del Financial Times punta il dito contro Ankara, che da anni favorisce i jihadisti in Siria
FILE - In this file photo taken on Monday, Nov. 16, 2015, Russian President Vladimir Putin, left, and Turkish President Recep Tayyip Erdogan pose for the media before their talks during the G-20 Summit in Antalya, Turkey. Putin ordered the deployment of long-range air defense missiles to a Russian military base in Syria and Russiaës military said it would destroy any target that may threaten its warplanes following the downing of a Russian military jet by Turkey. (AP Photo/Alexander Zemlianichenko, file)

A margine della Conferenza sul clima di Parigi, il presidente russo Vladimir Putin doveva incontrare il suo omonimo turco, Recep Tayyip Erdogan, per favorire la riconciliazione tra i due paesi dopo l’abbattimento di un jet russo da parte di Ankara. Putin invece, dopo aver rifiutato l’incontro, ha rincarato la dose: «Sospettiamo che il Su-24 sia stato abbattuto per assicurare forniture illegali di petrolio dall’Isis alla Turchia. Il petrolio proveniente dalle zone controllate dall’Isis viene consegnato in Turchia su scala industriale».

«VEDIAMO LE PROVE». Erdogan ha subito ribattuto alzando ulteriormente i toni: «È immorale accusare la Turchia di comprare il petrolio dall’Isis. Se ci sono i documenti, devono mostrarli, vediamoli. Se questo viene dimostrato, io non rimarrò nel mio incarico. E lo dico a Putin: lui manterrà il suo incarico?». È difficile che Mosca abbia delle prove documentali, ma anche se le avesse cambierebbe poco. E in fondo, non servono proprio.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]BUSINESS DEL PETROLIO. Il business del petrolio, secondo un’indagine del Financial Times, frutta allo Stato islamico 1,53 milioni di dollari al giorno. I jihadisti producono circa 34-40 mila barili di petrolio al giorno, che vengono venduti a un costo che varia dai 20 ai 45 dollari l’uno, a seconda della qualità. Su 10.600 bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti, solo 196 hanno colpite le infrastrutture petrolifere. Il petrolio, sempre secondo l’indagine del Ft, viene venduto dagli intermediari non solo a tutte le formazioni ribelli e jihadiste, ma anche alla Turchia. Nel paese i barili di petrolio «entrano su camion o a dorso di mulo».

VIA LIBERA AI FOREIGN FIGHTERS. Ma il rapporto tra Isis e Turchia non si limita al petrolio. Per anni Ankara ha fatto di tutto per favorire le milizie jihadiste che combattono contro Assad, consentendo a centinaia di combattenti stranieri di unirsi alle fila dei ribelli e dell’Isis passando attraverso i suoi porosi confini.

L’ESEMPIO DI KOBANE. A cavallo tra il 2014 e il 2015, durante i circa quattro mesi di assedio della città di Kobane da parte dell’Isis, vicina al confine con la Turchia, Erdogan ha fatto di tutto per ostacolare la milizia curda che difendeva la città: prima ha schierato i suoi carri armati sul confine senza però andare ad aiutare Kobane da cui sono fuggite oltre 200 mila persone, poi ha cercato di impedire ai soldati del Kurdistan di andare in aiuto dei curdi siriani, infine ha tentato di bloccare il rifornimento di armi americane ai nemici dell’Isis perché «i curdi sono come lo Stato islamico». E anche quando ha bombardato, sono più le bombe che hanno colpito i curdi di quelle che hanno preso di mira i jihadisti.

LE ARMI E IL PROCESSO. Così come ha smentito di importare petrolio dall’Isis, Erdogan ha sempre negato di aver armato terroristi islamici in Siria. Insieme a Doha e Riyad, in realtà, Ankara appoggia la milizia Jaish Al-Fatah, Esercito di conquista, che comprende anche gruppi di Al-Nusra (la milizia qaedista siriana) ed è operativa nel nord della Siria. Inoltre il direttore di Cumhuriyet, con uno scoop internazionale, ha pubblicato le foto e un video delle armi turche inviate in Siria in un’area controllata da Al-Qaeda. Per questo, Can Dündar si ritrova a processo per spionaggio e terrorismo. La prima udienza si è tenuta il 27 novembre ed Erdogan, invece che dimettersi, l’ha denunciato personalmente chiedendo per il giornalista l’ergastolo più 42 anni aggiuntivi di carcere.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

[pubblicita_articolo_piede]

Articoli correlati

30 commenti

  1. Raider

    Se l’islamo-nazi troll riciccia le stesse balle è perché è un hacker che può contare sui trucchi del mestiere, sulle falsità che colleziona tanto scrupolosamente e su una rete di hacker islamici che supporta una azione di attacco a tutti i siti che non sono allineati al jihadismo sciita o sunnita che sia e certamente, anti-occidentale. Questo dispiegamento di copincollaggi inversaente proporzionale all’intelligenza che richiedono è solo la dim,ostrazione di cosa sia, come agisca e che c’è da aspettarsi dagli islamici, con nazismo annesso e non: l’imposizione di una sharya che comincia con il falsare il discorso perché non è possibile ancora a questa marmaglia impedire di esprimere opinioni in dissenso con i regimi islamici.
    Non c’è, in tutta questa attività digitatoria, neppure un sussulto di intelligenza, solo uan serie di affermazioni, dichiarazioni, ricostruzioni di fantasia, ignoranza della realtà e della logica sia pure all’interno delle stesse deliranti bufale riciclate di continuo, neppure il tentativo di spioegare una sola delle contraddizioni che ne costellano le idiozio e mentre passano dall’una all’altra: nulla, solo menzogne o sciocchezze a ruota libera, che si tratti di attualità, storia o religione – beninteso, quella islamica: non sono neppure in grado, gli islamo-nazisti, in grado di dare conto di una sola delle loro affermazioni: per citarne qualcuna, a caso,
    – dall'”Islam, religione naturale dell’umanità”,
    – all’intervento russo in Siria per “ragioni umanitarie”, come vorrebbero farci credere:
    – agli scagnozzi del regime di Saddam Hussein eslatati coe “resistenti” dagli sciito-nazisti che, pure,
    li combattevano per conto degli ayatollah iraniani nel dopo Saddam intanto che cobattevano contro il governo sciita che aveva in al Sistani il riferimento, già che gli ayatollah scitti avevano sepre trattato Khomeini e gli iraniani dall’alto in basso prima ancora che Khomeini riparasse a Parigi:
    – i jihadisti “resistenti” in nome di Saddam trovavano accoglienza e appoggio logisitico e militare nel governo di Assad per condurre in Iraq la “ressitenza” contro cristiani e civili inermi:
    – poi, quando i sunniti nostalgici di Saddam e perciò, “resistenti” hanno cominciato a sparare addosso al regime di Assad che, fra gli altri, teneva sotto scacco anche la maggioranza sunnita, trattandosi di un regime in mano alla minoranza alawita-sciita, i “resistenti” divennero esecrabili.
    Anche in questo, nell’andare avanti con dogmi che non sono soggetti a obiezioni nemmeno quando si contraddicono o quando entrano in contraddizione con i fatti, gli islamo-nazisti sono del tutto assimilati, nei principi, nei metodi, nei fini, all’Isis, che combattono per ragioni interne all’Islam, di supremazia e di teologia.
    Chi avesse dubbi, prenda atto di cosa sono capaci di fare su “Tempi.it” questi muezzin della dhimmitudine: e non si lasci ingannare da coloro che, per paura, complicità, conformismo nei riguardi del politicamente corretto, reggono il gioco all’islamizzazione della nostra società.
    NO ALL’ISLAM!

  2. AlessandroT

    Attraverso i terroristi non solo eliminano i governi nemici ma rubano pure le risorse naturali (petrolio) e umane (profughi) del paese! Ma il loro disegno è destinato grazie a Dio al fallimento!
    Ma ora la battaglia si sposterà in Libia dove la Russia non può intervenire ma d’altronde perché dovrebbe? Visto e considerato che lo stato islamico si è insediato controlla 250 km di costa comprese Sirte e Derna ma l’Italia e gli altri paesi NATO non hanno fretta di intervenire, nonostante gli allarmi dell’Egitto e della Tunisia.

I commenti sono chiusi.