La «miglior risposta al disfattismo» – per dirla con le parole con cui il premier Enrico Letta ha commentato l’accordo appena raggiunto con l’emiro del Kuwait che ha deciso di investire in Italia 500 milioni di euro – in realtà deve ancora venire. Ne è convinto Carlo Stagnaro, direttore dell’ufficio ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni (Ibl), secondo cui 500 milioni di euro «sono tutto sommato un impegno abbastanza limitato», che tanto per fare un esempio «da solo non basterebbe comunque a garantire più di sei mesi di vita per Alitalia». Figurarsi se i denari del Kuwait basteranno ad avviare la ripresa del paese. Senza contare che «se il Kuwait ha deciso di fare questo investimento, sicuramente l’ha fatto per un suo ritorno», sottolinea Stagnaro. Nessuno questo le mette in dubbio.
LE RIFORME. Se d’altra parte è vero che «a caval donato non si guarda in bocca», tuttavia, prosegue Stagnaro, «le condizioni per la ripresa non si creano certo con un semplice “roadshow”, bensì intervenendo su tutti quegli aspetti che sono necessari per attirare gli investitori sul territorio». E riguardo alle condizioni del fare impresa in Italia, tra fisco, burocrazia e ostacoli di vario genere, chiunque può notare che il paese è ancora un cantiere aperto, anche dopo l’accordo col Kuwait: «Se io dovessi aprire un hotel in Italia – spiega infatti l’economista dell’Ibl – prima di fare pubblicità sul Corriere della Sera mi preoccuperei che l’allacciamento alla rete elettrica e a quella idrica sia ben servito ed efficiente».
ALITALIA. Da questo punto di vista è istruttiva proprio la già citata vicenda Alitalia. Secondo Stagnaro, il potenziale compratore, cioè Etihad, la compagnia aerei degli Emirati Arabi, «prima di decidere se metterci i soldi oppure no, vorrà naturalmente sapere quali sono i problemi dell’ex compagnia di bandiera italiana e come affrontarli: non sono qui per fare beneficenza, come hanno già specificato i vertici della società degli Emirati». Sia che Ethiad decida infine di acquisire Alitalia sia che decida il contrario, verosimilmente, per l’economista dell’Ibl «lo scalo di Malpensa sarà comunque sacrificato a vantaggio di quello di Linate», perché avendo già deciso Alitalia di puntare su Fiumicino come aeroporto principale, sarà l’hub milanese ad essere scelto per le tratte regionali: è noto che «il milanese che vuole volare a Londra preferisce partire da Linate piuttosto che da Malpensa».