«C’è sempre un sospetto che grava sul garantismo: di essere uno schermo protettivo dei potenti e dei delinquenti che si attaccano ai cavilli della forma per eludere la “sostanza” della giustizia (…). Ma spesso i garantisti si lasciano svillaneggiare da chi si considera, con pretesa ridicola e largamente smentita dai fatti, depositario monopolistico della Virtù». Queste le parole di Pierluigi Battista, che nella sua rubrica “Particelle elementari” sul Corriere della Sera si adopera per un’apologia del garantismo, che segue l’adagio: «Chiunque è innocente fino a prova contraria». In Italia, purtroppo, non è così.
«Le intercettazioni a “strascico” di fatto illimitate, pervasive, indiscriminate e che poi vengono pubblicate per massacrare la reputazione di cittadini non indagati sono una barbarie, in larghissima parte del tutto inessenziali nella fase investigativa, abusate da una fetta della magistratura smaniosa di titoli in prima pagina, camuffate dai media come imprescindibile dovere di cronaca». Questi sono solo alcuni dei “peccati” capitali dell’odierna situazione italiana, dove la giustizia mediatica prende il posto di quella che lo Stato di diritto dovrebbe garantire. «Difendere il diritto delle persone a non essere massacrate da un meccanismo mediatico-giudiziario è un valore in sé, non un escamotage per mettere il bavaglio alla libera stampa e per imbrigliare l’azione dei magistrati».
Riecheggiano, da una parte, le ultime parole rilasciate dal ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri sul controllo delle intercettazioni, le iniziative di Antonio Ingroia nell’ambito della trattativa Stato-Mafia, gli avvisi di garanzia a mezzo stampa con i quali Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, è venuto a conoscenza delle indagini della Procura di Milano e l’abuso della custodia cautelare da parte dei magistrati. «È un valore il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva costituzionalmente tutelato – dichiara Pierluigi Battista –. È un valore la pretesa che la magistratura sia in grado di accumulare prove e di non costruire teoremi suggestivi e fantasiosi. È un valore il rifiuto del linciaggio mediatico».
Battista conclude con un appunto sulla carcerazione preventiva: «È un valore rifiutare la carcerazione preventiva come mezzo di pressione per estorcere confessioni ed è un valore per i “poveri cristi” come per i parlamentari. È un valore esigere che l’Italia rientri, dopo che il livello delle garanzie individuali è crollato nel corso degli anni verso soglie oramai allarmanti, nella civiltà del diritto, nei Paesi dove quei “valori” sono ovvietà garantiste e non “formalismi” da sottoporre ai rituali del sospetto».