Allarme stabilità anche per i conti dell’erario. Ora che è scattato l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento, non c’è solo il rischio che i consumi si deprimano. Proprio per effetto della contrazione dei consumi, potrebbero ridursi anche gli introiti fiscali dello Stato. A lanciare l’allarme è Massimo Vivoli, vicepresidente nazionale di Confesercenti. Secondo Vivoli, invece che aumentare le tasse, il governo dovrebbe, piuttosto, saper guardare oltre la crisi e adottare politiche per la crescita. Un altro intervento caldeggiato dalla Confesercenti è la revisione della spesa pubblica attraverso il taglio netto delle voci di spesa improduttive. Che in Italia non mancano.
L’aumento dell’Iva deprimerà i consumi?
Certamente. Avevamo già previsto un calo di 2 punti percentuali per la fine dell’anno, ma ora è addirittura possibile che si contraggano ulteriormente. Scacciando sempre più in là quel barlume di ripresa che pure si era intravisto.
Chi paga il prezzo maggiore del rincaro?
Le famiglie e le imprese sono le categorie più colpite dall’aggravarsi della pressione fiscale. Già molte volte abbiamo denunciato l’inasprirsi del prelievo ai loro danni. Ma ormai la situazione è divenuta insostenibile. C’è il rischio di ulteriori chiusure di imprese e di un aumento dei disoccupati.
Quali sono i settori più colpiti?
Abbigliamento e calzature subiranno colpi quasi mortali. Ma anche i trasporti, per effetto dell’aumento del prezzo della benzina, e quindi il settore alimentare (come la birra) su cui il carico fiscale è già notevolmente asfissiante.
Se il governo non riesce a trovare i soldi per l’Iva, come può reperire risorse per abbattere il cuneo fiscale?
Difficile dirlo. Certo è che la riduzione del cuneo fiscale si allontana. Quello che il governo non riesce a capire, però, è che è urgente invertire la tendenza. Se, infatti, i consumi si contraggono, anche il gettito Iva diminuisce. Con l’effetto di un doppio danno per la popolazione.
Come si può invertire la tendenza se di risorse non ce n’è?
Servirebbero politiche per riprendere i consumi. Noi continuiamo a ripeterlo. Mentre se si chiude il rubinetto quando di acqua ce n’è già poca, poi ne passa ancora meno. E se davvero c’è bisogno di soldi, si inizino a tagliare sprechi e spese improduttive della pubblica amministrazione.
Per esempio?
Abbiamo il doppio dei dipendenti pubblici di Francia e Germania: si possono ridurre. Le province poi sono una fonte enorme di eccessiva burocrazia e costi: meglio tagliarle. E si risparmi accorpando anche i piccoli comuni. Per non parlare poi degli sprechi della sanità. Insomma, gli ambiti in cui intervenire non sembrano mancare.