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Vade retro Salvini? Cari pastori e intellettuali, non livellate tutto al manicheismo da edicola

"La politica è fatta di slogan, il politico fa il suo mestiere. Il mestiere invece di chi ha una responsabilità intellettuale e pastorale dovrebbe essere quello di non esacerbare gli animi, di non essere manichei". L'appello del poeta Davide Rondoni

Caterina Giojelli
29/07/2018 - 3:00
Società
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I buoni e i cattivi, il bene e il male, gli angeli e i diavoli. E poi le copertine, gli appelli, le magliette rosse. Ma come, pastori e intellettuali non dovrebbero, se non altro per definizione, avere inoculato un vaccino fondamentale per non cadere negli assolutismi delle ideologie, sapere che la vera rivoluzione è abbracciare la complessità di un mondo che cambia, resistere agli slogan e alla tentazione degli estremismi più vari? Eppure, il manicheismo oggi più che mai sembra fare adepti tra uomini di cultura e di chiesa, “ed è un segno di stupidità, segno di una incapacità di essere all’altezza della complessità delle sfide di oggi. Non a caso il manicheismo è per i cristiani una eresia, ma lo è anche dividere il mondo sulla base del governo di turno. È fuori luogo, è una idiozia. Serve a mettersi a posto la coscienza: ma un intellettuale o un prete avrebbe bisogno di inquietare la propria e la altrui coscienza e non livellarla con facili manicheismi da edicola?”.
IL PARADISO DIETRO L’ANGOLO. Davide Rondoni, poeta e animatore di iniziative culturali dominate dall’urgenza del ritorno all’essenziale e di una coscienza critica, rivolge a tempi.it il suo appello a non essere imbecilli, non essere manichei. “Dov’è l’apporto culturale di intellettuali e credenti, la sapienza umanistica e l’esperienza maturata sul campo, tra la gente? Dove è la vera intelligenza e la vera carità quando l’immigrazione diventa il grimaldello per dividere il mondo in due, diventando di fatto subalterni a toni e slogan che loro stessi biasimano agli uomini di Stato? Il dibattito vivace fa parte del dibattito politico che in Italia è sempre stato teatrale. Quando sento la gente lamentarsi per i toni e il livello delle polemiche dei politici mi chiedo dove abbia vissuto fino adesso. Era meno populista dire che i comunisti mangiano i bambini? E quando Berlusconi diceva che arrivavano i cosacchi o Prodi che Forza Italia era il Nulla? E i “vaffanculo” e il dagli all’untore della “casta” cosa erano? La politica è fatta di slogan, il politico fa il suo mestiere. Il mestiere invece di chi ha una responsabilità intellettuale e pastorale dovrebbe essere invece quello di non esacerbare gli animi, di non essere manichei. Non fare proclami, ma fare opere e dare contributi di intelligenza dinanzi alla complessità del reale. Da nessuna parte c’è il paradiso dietro l’angolo, basta spostare quel politico o quell’altro”.
DOV’ERANO GLI SCANDALIZZATI DI ADESSO? Il riferimento alle copertine di Famiglia Cristina, Espresso, Rolling Stone, ma anche agli appelli di padre Alex Zanotelli (seguito poi da pochissimi altri prelati) a scendere in piazza a Montecitorio contro Salvini o i “giù le mani dalla croce, non è un simbolo identitario” twittati da don Antonio Spadaro, sono evidenti. Al centro immigrazione e crocifisso, o comunque il tentativo di dirottare sui temi “divisivi” l’attenzione mentre le gerarchie giocano su altri tavoli (decisiva in questo momento di crisi di vocazioni e di 8 per mille la partita della Cei con il governo per il mantenimento dei beni artistici e culturali della Chiesa).
“Io mi occupo per come posso di dare lavoro agli immigrati regolari o ai nostri ragazzi, a Ragusa ho presentato un libro di Racconti di migranti, premiando quello di un ragazzo che narrava del perdono lasciatogli come eredità dal padre in un villaggio sperduto del Mali. Gli ho parlato di san Francesco che la pensava come suo padre. Chi lavora in queste cose sa che ci sono un sacco di manigoldi che fanno i soldi sulla pelle degli imbarcati. La realtà è più ricca e complessa dello slogan. Il vescovo di Ventimiglia, monsignor Antonio Suetta rispondendo alla Lettera ai vescovi diffusa dalla Cei, ha avuto parole di grande buon senso e vera responsabilità. È la strada giusta, è il momento di rammagliare per chi ha una responsabilità culturale e pastorale. Ancor più in questo momento di ottusi schieramenti. L’ex ministro Scotti ha ricordato di aver rimandato indietro cinquantamila albanesi col suo governo e che nessuno allora disse nulla. Dov’erano gli scandalizzati di adesso? La forza del male non era identificata con i respingimenti? Dove inizia il bene e dove inizia il male, solo sotto una bandiera politica? Il manicheismo è stupido e paraculo. l’Italia poi è un popolo visceralmente anarchico a cui i governi forti piacciono solo sulla carta, nella quotidianità ha più cara la sua libertà. È sempre stato così, ci si accoda, ma poi prevale una certa salutare anarchia che andrebbe valorizzata invece che imbrigliata, per questo quel che serve al paese è più società e meno Stato”.
SAVIANO E ZEROCALCARE. Quando il ministro e leader della Lega Matteo Salvini ha letto un suo verso aprendo il raduno di Pontida, (“amare è l’occupazione di chi non ha paura”) Rondoni si è sentito onorato come ogni volta che viene citata una sua poesia, fosse quella usata per far compagnia a un malato in ospedale o da ragazzino innamorato. Rondoni si definisce “cattolico anarchico di rito romagnolo” e se gli chiedi che ne pensa dell’appello lanciato dalle colonne di Repubblica da Roberto Saviano, che invita scrittori e intellettuali a uscire allo scoperto e schierarsi per dire quello che pensano, risponde: “Io vivo da sempre allo scoperto, e quello che penso lo dico. E penso che un giornalista-scrittore che è stato condannato in Cassazione perché ha copiato parti di un libro dovrebbe avere perlomeno avere il buongusto di tacere. Se Saviano e Camilleri o la Murgia o Zerocalcare vogliono fare i tribuni lo facciano, ma un intellettuale non usa un registro capriccioso tutto strepiti, foto in copertina e pensierini narcisistici”.
VADE RETRO SALVINI. Rondoni invita a uscire dal tunnel del parossistico anche in tema di crocifisso: “Il titolo ‘Vade retro Salvini’ presuppone, cosa ancora più grottesca del dare al leader leghista del diavolo, che Famiglia cristiana si senta Dio o un arcangelo del Signore. Quanto alla croce, io so che è il segno più potente ma anche più fragile del mondo, chiunque può strumentalizzarlo esponendolo, dal prete pedofilo all’accattone per strada al politico democristiano. Ma questo è un problema di coscienza e il processo alla coscienza e alle intenzioni a mezzo tribunale pubblico è sempre e in ogni caso un abominio. Non è sbagliato al contrario difendere e chiedere rispetto per il simbolo di una civiltà. Perché una civiltà che smette di produrre, esibire e difendere i suoi simboli è semplicemente una civiltà morta. Vale per i cristiani, per i maya, gli aztechi o gli etruschi o per la civiltà capitalista e tecnocratica. Che i simboli debbano esistere e che li si esponga è un fatto storico, indica la vita di una civiltà. Quando inizia a sparire un simbolo significa che sta sparendo la sua civiltà. E qual il simbolo della nostra, la mela morsicata della Apple o la croce? o perlomeno entrambi? O forse qualcuno preferisce il nulla come simbolo di una civiltà nihilista?”.
Foto Ansa

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