Aveva detto che avrebbe fatto un «importante discorso sull’estremismo» e «l’ideologia islamista», e così è stato. Lunedì, David Cameron ha parlato chiaro alla Ninestiles School di Birmingham, promettendo un piano di cinque anni per contrastare la diffusione dell’estremismo tra 2,7 milioni di musulmani inglesi e squalificando alcuni tic politicamente corretti che spesso ostacolano il dibattito pubblico quando si tratta di accostare i termini “terrorismo” e “islam”.
«IDEOLOGIA SOVVERSIVA». Il premier britannico ha ricordato che «l’estremismo islamista è un’ideologia sovversiva», che ha come «obiettivo ultimo distruggere gli Stati-nazione per instaurare il suo regno barbarico». Un’ideologia che si nutre di teorie cospiratorie, come quella secondo cui «gli ebrei esercitano un potere malevolo e i poteri occidentali, in concerto con Israele, deliberatamente umiliano i musulmani perché hanno l’obiettivo di distruggere l’islam».
NON C’È SOLO LA VIOLENZA. Tutte balle, sentenzia Cameron, consapevole che l’estremismo ha molte facce: «Se tutti vogliamo combattere l’ideologia estremista islamista, dobbiamo anche accettare il fatto che dovremo entrare in dibattiti poco confortevoli, soprattutto quelli culturali. (…) Dobbiamo dimostrare che se dici “condanno la violenza, ma l’infedele è un essere inferiore”, o “la violenza a Londra non è giustificata, ma gli attacchi suicidi in Israele sono un’altra faccenda”, anche tu sei parte del problema. Che tu lo voglia o no, e spesso lo vuoi, stai dando sostegno a chi vuole la violenza».
«I VALORI BRITANNICI». Questo non significa che non si possa convivere tutti insieme, però ci sono alcune cose che bisogna condividere: «Siamo inglesi, rispettiamo la democrazia e lo stato di diritto, crediamo nella libertà di parola, nella libertà di stampa, nella libertà di preghiera, nei diritti uguali indipendentemente dalla razza, dal sesso, dalla sessualità o dalla fede. Crediamo nel rispetto delle diverse religioni ma allo stesso modo ci aspettiamo che queste religioni sostengano la “way of life” del Regno Unito. Questi sono i valori britannici».
DUE PECCHE. Un discorso così non si sentiva da tempo e merita di essere valorizzato, come hanno fatto alcune testate come il Giornale e il Foglio, fornendone la traduzione in italiano. Ci sono però due pecche che impediscono al discorso del premier inglese di andare davvero al fondo del problema. La prima riguarda l’islam, la seconda l’Occidente.
ISLAM: SERVE UNA RIVOLUZIONE. Non si può contrastare fino in fondo l’estremismo islamico, se non si invoca ciò che il fervente musulmano Abdel Fattah Al-Sisi, presidente dell’Egitto, ha richiamato con forza davanti alle massime autorità islamiche del suo paese: «Ora mi rivolgo ai religiosi e agli imam. È inconcepibile che il pensiero che noi riteniamo più sacro faccia dell’intera umma (comunità musulmana mondiale, ndr) una causa di ansietà, pericolo, morte e distruzione per il resto del mondo. (…) Ho detto, e ripeto, che noi abbiamo bisogno di una rivoluzione religiosa. Voi, imam, siete responsabili davanti ad Allah. Il mondo intero, lo ripeto ancora, il mondo intero sta aspettando una vostra mossa… perché l’intera umma musulmana viene lacerata, viene distrutta, si sta perdendo. E si sta perdendo per opera delle nostre stesse mani».
«AUTOCRITICA NECESSARIA». Come scritto anche da Samir Khalil Samir, gesuita arabo, docente di storia araba e islamologia, insomma, «l’islam dovrebbe affrontare a fondo le tematiche della modernità: l’interpretazione del Corano, la non violenza, la libertà di coscienza, ma nessuno osa farlo. (…) Finché l’islam, invece di battersi contro gli altri – apostati, cristiani, occidente, atei – non farà un’autocritica e riconoscerà che il problema è al suo interno, non se ne verrà fuori e i Paesi islamici saranno sempre più caratterizzati dalla guerra fra di loro. Vorrei dire agli amici musulmani: affrontate, fate l’autocritica, ripensate l’islam per oggi, reinterpretate le parole del profeta. Anche nella Bibbia vi sono versetti che inneggiano alla guerra. Ma tutti noi comprendiamo che occorre reinterpretarli e non prenderli alla lettera».
CRISI DI IDENTITÀ. Se questo discorso si addice più a uno studioso, o a un leader religioso, che a un primo ministro occidentale, Cameron potrebbe però sicuramente affrontare la seconda pecca, quella che riguarda l’Occidente. Lo stesso premier ha affermato nel suo discorso che «c’è anche la questione dell’identità». La «tragica verità» è che «ci sono persone nate e cresciute qui che non si identificano con il Regno Unito, che non si sentono legate alle altre persone di qui», ha sottolineato l’inquilino di Downing Street .
UNA DOMANDA OBBLIGATORIA. Perché i giovani non sentono un «senso di appartenenza» nei confronti del Regno Unito e dei suoi valori? Questo Cameron dovrebbe chiederselo – perché lo Stato islamico non è all’origine di questa disaffezione, la sfrutta solamente – ma non se lo chiede. E così, non vedendo il problema, non può condurre il suo paese verso la soluzione.
COSA OFFRE L’OCCIDENTE? Che cosa ha da offrire il mondo occidentale, e l’Inghilterra, ai giovani che cercano un senso e un impegno totalizzante? Il relativismo assoluto, soprattutto in ambito etico (ad esempio i matrimoni gay e l’utero in affitto legalizzati durante i governi Cameron), l’indifferenza dei valori, l’esaltazione del consumismo, l’esasperazione del politicamente corretto, l’estromissione della fede da ogni ambito pubblico della vita possono davvero bastare? Sono in grado di colmare le «attese spirituali» di chi cerca «una ragione di vita o di speranza», come scriveva l’arcivescovo di Bordeaux all’indomani della strage di Charlie Hebdo? O rappresentano piuttosto un nichilismo che finisce per spingere involontariamente la gente tra le braccia dei «totalitarismi religiosi», alimentandoli?
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