

Pubblichiamo il “punto della settimana” a cura dell’associazione Diesse, intitolato “Quel che dicono i numeri”
I numeri parlano. Se interrogati parlano e dicono molto di più di ciò che rappresentano. Fotografano in maniera impietosa una realtà, indicano tendenze magari inaspettate, dicono di possibilità, alimentano illusioni e sostengono speranze, o le uccidono. Tutto sta nell’imparare a leggerli.
Nel giro di una settimana sul mondo della scuola si è riversata una valanga di numeri; tutti dati che nascondono ben più del significato limitato alle realtà misurate.
Prendiamo ad esempio il rapporto annuale sull’istruzione “Education at a glance 2012”, nel quale l’OCSE mette a confronto i sistemi educativi di una quarantina di Paesi, in prevalenza europei. L’Italia figura ancora in fondo alle graduatorie: con un solo 4,9% di PIL investito nella spesa per istruzione contro una media OCSE del 6,2%, si colloca al 31° posto su 37 Paesi censiti. Percentuali di diplomati e laureati inferiori alla media OCSE e scarsa spesa per studente nella secondaria e all’università. Si salvano, però, la scuola dell’infanzia e il primo ciclo, con tassi di iscrizione molto più elevati della media e spese per allievo maggiori. Il punto di maggior sofferenza è costituito dai docenti, che sono sempre più vecchi: il 50% ha più di cinquant’anni (in buona compagnia dei tedeschi) e solo lo 0,5% ha meno di trent’anni; non c’è ricambio generazionale. Pagati sensibilmente meno dei colleghi di altri Paesi OCSE (soprattutto a fine carriera), in compenso (non proporzionalmente, però) fanno meno ore, sebbene gli studenti italiani stiano a scuola più degli altri.
I dati sono aggiornati al 2010, ma l’immagine che emerge dai confronti è ancora quella di un Paese nel quale la scuola, in particolare ai livelli più avanzati, è trascurata o, quanto meno, oggetto di scarsa considerazione da parte della politica, che persevera nell’errore di uno sguardo miope sul futuro del Paese.
Ad anno scolastico appena iniziato il MIUR ha comunicato i suoi numeri (leggi la pubblicazione). È aumentato il numero di studenti: sono ora quasi 8 milioni. Cresce il numero delle sezioni di scuola dell’infanzia attivate, mentre il primo ciclo è sostanzialmente stabile con un incremento di circa 1.300 classi a tempo pieno nella primaria. Nella secondaria di II grado i licei cedono a fronte della maggiore richiesta di istruzione professionale (+1,5%) e tecnica (+0,4%); nei professionali a farla da padroni sono gli indirizzi turistici e alberghieri, mentre nei tecnici prevale l’economico. Il Paese reale fa le sue scelte più pragmaticamente di chi lo gestiste.
Sono 21mila le immissioni in ruolo 2012/13, ma l’organico complessivo non cambia rispetto all’anno scorso. Quello che il ministero non dice nel suo comunicato è che, a causa dei ritardi nelle procedure, al suono della prima campanella di quest’anno oltre 24mila cattedre non erano state ancora assegnate. Nonostante lo strascico dei tagli, sommate ai 51.365 contratti già stipulati, il totale degli incarichi ai supplenti annuali quest’anno sarà di oltre 75mila; un esercito! Con regole meno “approssimative”, molti di questi avrebbero potuto essere assunti in ruolo. I ritardi hanno colpito anche alcune nomine in ruolo: non pochi aventi diritto sono stati nominati dopo il 1° settembre, quindi quest’anno avranno la sola nomina giuridica, ma non lo stipendio; il loro posto sarà occupato da supplenti fino a giugno. Qualcuno ha pensato che i ritardi non siano stati casuali, ma un modo per risparmiare il pagamento delle ferie estive (!).
È in dirittura d’arrivo il bando del primo concorso dopo 13 anni; la pubblicazione è prevista per il 25 settembre. Lo ha preceduto l’annuncio del numero di posti autorizzati dal ministero dell’economia, il DPCM però non è ancora stato registrato. Sono 11.542, distribuiti in due anni: 7.351 nell’a.s. 2013/14 e i restanti 4.191 l’anno dopo – ha precisato il ministro Profumo nell’audizione alla Camera di giovedì scorso. Altrettanti andranno agli iscritti nelle Graduatorie ad Esaurimento, per un totale di 23mila posti in tutto fino al 2014/15. Accesso al concorso rigorosamente riservato ai già abilitati. Una goccia nel mare dei 177mila iscritti nelle GaE e una speranza frustrata per i 290mila non abilitati in III fascia d’istituto (sono sempre cifre fornite dal ministro) e per i tanti giovani neolaureati. E, soprattutto, niente più posti disponibili per concorso prima del 2015/16.
A saperli leggere, i numeri parlano… eccome!
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